Enodas

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 Sono luoghi che conosco. Attraverso questa regione sfrecciandovi sopra, guidando per ore. Sono luoghi che ricordo e che ho amato, la prima volta, per la bellezza e per le sensazioni. I ricordi scorrono, emergono e si sovrappongono. E rendono anche l'angolo più normale, qualcosa di significativo e la sensazione che sia familiare. Le barche di pescatori narrano silenziose che questo era un luogo di commercio, esploratori e pirati, un luogo di mare che si consegna oggi nelle tinte colorate di un porto che in una domenica di marzo contrasta con i nuvoloni in movimento nel cielo.Forse é un'immagine in bianco e nero. Sospeso sull'acqua, sospeso nel vento. La strada continua su un ponte che é meraviglia ed ingegno. Strano o no, anche questo tratto di strada particolare é uno di quei ricordi che rendono un'immagine familiare. Sempre su un cielo in cambiamento continuo, ed i fili d'erba che lo rispechiano, come fosse davvero acqua mossa dal vento. E' questo il fascino dei ponti, le due rive, in realtà, separate ed unite allo stesso tempo, da due braccia che si tendono una verso l'altra. 
 La "marea del secolo" é anche una terra asciutta. E' anche il contrario di quello che potremmo immaginare in un primo momento: acqua che si ritira, rivoli quasi impercettibili che scivolano tra sassi umidi lasciati scoperti. Scricchiolano, sotto le scarpe. E tratti di mare che improvvisamente diventano accessibili, laggiù, oltre le barche tirate a riva, dove le scogliere svelano venature normalmente raggiunte dall'acqua ed incavi lavorati dal mare. E dove, infine si ergono spuntoni rocciosi, altri invece calano dall'alto, sa quelle stesse scogliere, verticali, vertiginose e come un arco si gettano avanti. Si svela, quasi, questo tratto di mare, presente come un'eco lontano, solo poche ore, ed un paesaggio fantastico si proietta come ombre silenziose, come in una scenografia sulla quale lentamente si avvicina la sera. 
 Ansimo. Un po'. Voglio salire, più in fretta, gridare silenziosamente, urlare di gioia. E guardare giù in basso, a volo d'uccello, rabbrividire, per l'altezza, per il vento che quasi mi fa oscillare, mi spinge, mi fa sentire vivo come il respiro profono che prendo. Il sapore del mare, il rumore di ciò che é troppo grande per essere contenuto. Ho affrettato il passo per vedere la luce calda e radente sulle rocce verticali che da bianche diventavano rosate. Sono salito, per sfiorare l'erba che ondeggia e nel frattempo sedermi ed osservare quella linea invisibile. E poi, camminare, sul bordo, seguendo la scogliera, fino al prossimo sperone, quello che soltanto un attimo fa mi stava davanti e componeva il paesaggio, e poter così seguire la linea della costa, con lo sguardo, un altro po', almeno un altro tratto, svelato, agli occhi. E lascerò che tutto questo si imprima nel cuore. Ancora.