Enodas

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 Che cos'é la notte... un buio che divora, un'assenza, un viaggio od un riparo... cos'é, forse lo specchio di quello che osserviamo, come un riflesso sull'acqua, di quello che siamo, degli occhi spalancati, socchiusi, piangenti. O forse sarà una nota dopo l'altra, come l'estratto di una poesia intonata alla luna, solo un po' più malinconica, un po' più sola, perché la musica penetra con profondità quel buio che é la notte ed il profondo dell'anima.Ho pensato che, parlandone, si dice sempre che la notte ci avvolge: ecco, cosa significa, incosciamente, lo si esprime in una parola, questo qualcosa che non si tocca e che comunque si fa strada colmando lo spazio di un qualcosa che lo rende inaccessibile.Ho pensato che é vero, ogni scritto del pilota aviatore, parla della notte. Nel sud della Patagonia, dentro un temporale mortale o in volo su Arras, su un pianeta lontano coi suoi quarantatre tramonti ed in mezzo al deserto. Proprio al deserto, ho pensato. Alle dune colorate quando la luce diventava radente ed i contrasti sulla sabbia erano così intensi da far brillare la sabbia d'oro e di rosso, ai colori dei monti, oltre un mare salato senza vita, ed all'esplosione di stelle nel silenzio del vento. E poi, sono tornato indietro, su scogli flagellati di vento sotto un cielo cupo di nuvole, o mi sono ritrovato ad osservare ona luce che si spegneva dietro una linea che non esisteva e che anzi era prossima a scomparire. Mi sono trovato in una stanza, steso a guardare una fioca luce accesa, tremolante, e niente più, nel silenzio, o magari guardare dalla finestra verso il cielo. "Night time sharpens, heightens each sensationDarkness stirs and wakes imaginationSilently the senses abandon their defensesSlowly, gently night unfurls it's splendourGrasp it, sense it, tremulous and tenderTurn your face away from the garish light of dayTurn your thoughts away from cold unfeeling lightAnd listen to the music of the nightClose your eyes and surrender to your darkest dreamsPurge your thoughts of the life you knew beforeClose your eyes, let your spirit start to soarAnd you'll live as you've never lived before..."  
 "...Incominciava ad addormentarsi, io la presi tra le braccia e mi rimisi in cammino. Ero commosso.  Mi sembrava di portare un fragile tesoro.  Mi sembrava pure che non ci fosse niente di più fragile sulla Terra. Guardavo, alla luce della luna, quella fronte pallida, quegli occhi chiusi, quelle ciocche di capelli che tremavano al vento, e mi dicevo:  "Questo che io vedo non é che la scorza. Il più importante é invisibile..."   ... Sentivo che stava succedendo qualche cosa di straordinario. Lo stringevo fra le braccia come un bimbetto, eppure mi sembrava che scivolasse verticalmente in un abisso, senza che io potessi fare nulla per trattenerlo...  Aveva lo sguardo serio, perduto lontano..." Inizia di notte. Le luci si spengono, o quasi, e sul suffitto, davvero, sembra sia un cielo stellato. Mi addentro nell'ombra di una civiltà scomparsa, millenni addirittura, ed immagino l'ondeggiare dei giunchi sul Nilo. La prima notte é quella del distacco dalla vita, quella delle tenebre che avvolgono. Ed in questo viaggio ignoto, l'uomo portava con sé la vita, le immagini scolpite sulla pietra od un ritratto introspettivo dipinto su legno che osserva, a distanza di ere intere, ma anche gli oggetti di una vita, cui restare col cuore aggrappato, in un'eterna speranza, e gli ushabti, le piccole figure di pietra azzurra che allora, in quel mondo, avrebbero seguito la persona nel viaggio. In queste figure si condensa tutta la tenera fragilità di quegli uomini tanto lontani, anche quando avevano il potere di consegnare il proprio volto alla pietra.Quindi, si spalanca una finestra e si accende la luce. La notte é là, fuori, oltre lo sguardo. La notte avvolge, é contesto, racconto. E' il buio che riempie la scena, a volte elemento che focalizza la scena su episodi differenti a livelli differenti, ma anche un mondo nascosto oltre un ostacolo. E' qui che il buio quasi diventa attore, selezionando, o rinchiudendosi su personaggi ritratti, in una serie infinita di San Francesco, fino alle declinazioni più estreme che lambiscono gli orrori del Novecento, dove figure indefinite, spettri, quasi emergono dal buio più profondo ed orribile.Mi calo in un ambiente senza colore, fatto di bianco, di nero, e di segni graffiati su una lastra: attraverso prigioni profonde e tanto cervellotiche da sembrare un'anticipazione di secoli rispetto ad Escher, fino al buio infinitamente variato delle incisioni di Rembrandt.E mi trovo nel Romanticismo, nelle note di un notturno che diventa musica dell'anima, sfocia in un cielo immenso ristretto in una cornice di piccole dimensioni. Niente é per caso, e quel momento in cui il giorno si congiunge alla notte é quello che più sa amplificare il contatto con l'invisibile che é dentro di noi. Così, si spalanca il mondo di due grandi personalità della pittura romantica, uno viaggiatore ed avventuroso instancabile, Turner, l'altro riflessivo e profondamente intimo, Friedrich, lui che non permetteva a nessuno di entrare nella stanza dove dipingeva, quasi potesse essere messo a nudo nell'atto stesso di dipingere se stesso. Talmente diversi, nei segni del pennello, nello spirito, nei significati nascosti che si celavano dietro la tela. E diverse erano le vie sulle quali si incamminavano, oltreoceano i pittori americani, scorgendo tra alba e tramonto un riflesso interiore o il lampo di un sogno. Ma il colore, nel segno della notte diventava sempre più intenso, sempre più intimo, attraverso i tratti pastosi e contorti dell'anima, quelli di van Gogh, su tutti, che partendo dalle proprie fonti di ispirazione (Millet) approdava ad un'espressione di sentimento puro e disperato.L'ottocento aveva consegnato alla pittura una tavolozza di colori completa, quasi satura, raggiungendo il traguardo "di aver saputo descrivere la luce notturna"; il Novecento sembrava invece spalancarsi su un'altra notte, quella dell'uomo e della storia. Sullo sfondo scorrono le immagini di tragedie del mondo e tragedie esistenziali, si alternano nelle vite, finanche nelle storie singole dietro ogni tela. Ed un quadro di girasoli quasi sembrano la resistenza a tanta disperazione. Mentre tutto attorno ogni anima indaga la notte per indagare se stesso ed il tempo della vita. Notturni semplici, immagini presaghe, oggetti sospesi nel blu di una notte eterna , la ricerca della variazione dentro l'uniformità, infinite storie che si intrecciano, in sequenza, in questo racconto che volge al termine.Un finale che ripartiva dall'inizio, dalle molteplici variazioni della parola "notturno", in un ultimo, ampio respiro, che vuole essere "mistero, forza della carne e dello spirito nella luce della notte, immagine del destino". "Le colline, sotto l’aereo, scavavano già il loro solco d’ombra nell’oro della sera.Le pianure divenivano luminose ma d’una lucentezza inconsumabile: in quei paesi non smettono mai di rendere il loro oro così come dopo l’inverno, non smettono mai di rendere la loro neve.E il pilota Fabien, che portava dall’estremo Sud, verso Buenos Aires, il corriere della Patagonia, riconobbe l’approssimarsi della sera dagli stessi segni che fanno riconoscere le acque d’un porto: da quella calma, da quelle leggere rughe che appena disegnavano tranquille nubi. Egli entrava in una rada immensa e felice. Avrebbe potuto credere, in quella calma, di fare una lenta passeggiata, proprio come un pastore.." 
 Personalmente, penso che l'idea del notturno come protagonista di una mostra sia un'idea brillante e suggestiva, quanto estremamente ambizioso e complesso. Viene mantenuta questa promessa? Onestamente, non lo so... L'impostazione di questa mostra é fortemente personale ed introspettiva, e non potrebbe essere altrimenti, e come tale va, a mio parere interpretata. A partire dalle motivazioni e dai richiami, lo si comprende sin da subito, scorrendo il pannello introduttivo, le citazioni, ed iniziando a leggere questo racconto. Questo significa anche che il percorso proposto possa essere a sua volta manipolato secondo una teoria costruita ad hoc per ottenere richiamo. Passando di sala in sala, immaginavo a quanto, in questo racconto, fosse mancante, tessere di un puzzle enorme come enorme era appunto il tema che effrontavo, mentre altrove connessione e passaggi suonavano perlomeno stirati in una forzatura voluta.Ma in ogni caso c'é la bellezza, quella presente di ogni tela, di ogni storia... questa comunque assoluta, indipendentemente dall'intento preciso di un'esposizione. Un'esposizione che, facendo leva sulle emozioni, sulle suggestioni, ha voluto riflettere sulle infinite variazioni della notte, soprattutto di fornte all'animo umano. Forse, mai come in questa occasione, "linee d'ombra" sembra un'espressione appropriata. Sorprendentemente (per me), la sezione incentrata sul Novecento l'ho apprezzata molto e mi ha preso per mano (in maniera giusta o meno, non importa) attraverso pittori che non conosco, o che conosco poco e mi ha permesso di sbirciare dentro la loro vita. "Il mare dell'anima", era scritto ad un certo punto, su un pannello. Pannelli che peraltro erano ampiamente ditribuiti e permettevano, passsaggio dopo passaggio, di seguire con coscienza, questa storia affascinante. Tanto, come appariva evidente nell'ultima sala, dove ognuna di queste variazioni si trovava insieme, condensava in un vortice sapientemente costruito. Lo specchio d'acqua come riflesso di un mondo infinito, un paesaggio impossibile che in sé agglomerava le immagini di una vita. Allora, l'idea principale da cui aveva preso, dichiaratamente, avvio questo percorso, si riaffacciava, con forza, e su un sentiero al tramonto, di linee contorte e colore, si perdeva nel buio. 
 "...Volevo raccontare una perdita, che si avvicinava e che infine è avvenuta. E volevo farlo evocando i colori della notte, nella luce del crepuscolo, di una prima sera che viene. Mi sembrava bello poter chiamare accanto a me tanti artisti che nella notte si erano perduti, dipingendo. E costruire così una storia dei notturni, nelle diverse loro motivazioni stilistiche e di sentimento, ma pur sempre una storia che al suo centro avesse la sublime dilatazione dello spazio, il nostro perderci in esso. Così come nello spazio si perde, svaporando, chi si congeda e vive fino in fondo, a noi sconosciuta, l’esperienza della notte stessa.[...]L’idea di questa mostra si feconda nell’approfondimento della Fenomenologia della percezione di Maurice Merleau-Ponty, libro epocale per gli studi nel XX secolo, uscito nel 1945 da Gallimard a Parigi. C’è un passo, in modo particolare, attorno a cui si è sviluppata la mia riflessione circa il tema della notte, e dal quale parte il progetto di questa esposizione: “Quando, per esempio, il mondo degli oggetti chiari e articolati si trova abolito, il nostro essere percettivo amputato del suo mondo delinea una spazialità senza cose. E’ ciò che accade nella notte. Essa non è un oggetto di fronte a me, ma mi avvolge, penetra attraverso tutti i miei sensi, soffoca i miei ricordi, cancella quasi la mia identità personale. Io non sono più trincerato nel mio posto percettivo per vedere, da lì, sfilare a distanza i profili degli oggetti. La notte è senza profili, è la notte stessa che mi tocca, e la sua unità è l’unità mistica del mana. Anche delle grida o una luce lontana la popolano solo vagamente, essa si anima tutta quanta, è una profondità pura senza piani, senza superfici, senza distanza da me. Per la riflessione ogni spazio è fondato su un pensiero che ne collega le parti, ma tale pensiero non si forma in nessun luogo. Per contro, mi unisco allo spazio notturno dal cuore di questo stesso spazio”.La notte dunque come esperienza psicologica, come immagine di uno spazio che è vicino e lontano al tempo stesso. Immagine della realtà e del dissolversi di quella stessa realtà. Racconto e annullamento del racconto, nuovamente realtà che si spinge oltre la realtà. Da questa apparente contrapposizione tra elemento della concretezza ed elemento della dispersione, nasce l’idea di un racconto che vuole diventare cammino attraverso le immagini. Che fa della notte il simbolo di un viaggio che avviene e di un luogo al centro del quale si sta.Se nella prima parte, infatti, la mostra intende soffermarsi, con la presenza di 22 tra reperti e statue egiziane rinvenute all'interno delle piramidi, sul senso della notte eterna e spirituale, ma fortemente collegata alla vita, in quella cultura. Notte intesa in senso figurato, come cammino nell’oscurità di un dopo morte che invece si illumina con la resistenza delle immagini della vita, degli oggetti della vita, le figure, i segni, i simboli. È la parte dell’esposizione in cui i dati della realtà diventano oggetti, gli oggetti che venivano custoditi nelle Piramidi, simbolo luminoso della notte dell’eternità, che però si portava dietro la vita.Con le altre cinque sezioni ci si sposta molti secoli più avanti, nell’ambito questa volta della pittura, ma anche dell’incisione. La pittura che ha rappresentato la notte. La notte piena, oppure il suo giungere nell’ora del tramonto e del crepuscolo, la mareggiata delle stelle, la conclusione della notte stessa quando l’alba sta per giungere. Non ci si aspetti però di visitare un’esposizione fatta solo di neri notturni del cielo, o al più dei lumi delle stelle e della luna. La notte, e prima di lei la sera, sono intese in senso fortemente psicologico, e anche, in modo preponderante, quali scatole di contenimento di storie, di vicende, di forti dichiarazioni di fronte all’immenso o nella brevità dei giorni. Quando si confrontano il senso della casa e quello dell’eterno. E per far vivere questo sentimento, farlo scoccare come la freccia che lascia l’arco teso, è stata scelta la tematizzazione, così da consentire che sullo stesso argomento potessero essere vicini pittori che, pur a secoli di distanza, avevano creato la loro pienezza nel tratteggiare una stessa immagine..."(dall'introduzione alla mostra) 
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