Enodas

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  "Cinque son le vie che mi portano a teCinque i sentieri che mi parlano di teCinque son le terreTerre di mille faticheCinque le farfalle che vivono in me."(Elisabeth Booms) 
 Sin da quando sono arrivato, la sera, ho desiderato sedermi ed ascoltare. Scendere il parapetto, verso la lingua di sabbia che é la spiaggia, o davanti al porticciolo che che si apre davanti alle case, una fianco all'altra. Così, questa sera, ormai prima di partire, mi ritrovo qui. Luci soffuse alle spalle e stradine che scompaiono prima di inerpicarsi, entro pochi metri, oltre la vista. Sono deserte, completamente. Ma non c'é silenzio. No, non del tutto. Non per come lo si intende comunemente, almeno. E' un rumore, un suono costante, l'infrangersi di onde che indebolite giungono fino a riva, increspano, e poi si ritirano, con l'acqua che smuove i sassolini, in un rigurgito che é un misto di sibilo e ruggito. E l'oscurità che mi avvolge, si proietta in questo suono costante, ripetitivo, un notturno senza fine, che mi parla nel profondo, in quello stesso buio che mi nasconde l'indefinito del mare, dinanzi a me, presente, con la sua voce, le sue vite, ed in me stesso.E così, con il corpo che sente ancora l'acqua fresca, del mare, a  contatto, soltanto poche ore prima, mentre il sole calava, a ponente, e si nascondeva dietro la costa, osservo avanti ed alle mie spalle. Cosa vedo, i colori, sgargianti e vivaci, pastello, delicati uno sull'altro. Sono illuminati dal sole, a volte oscurati da nubi improvvise, uno scroscio di pioggia e poi la luce, nuovo. Sono pace e bellezza, quasi fuori da l mondo, una terra dopo l'altra, una terra più bella dell'altra, gemm nascoste da rivelarsi dopo strade tortuose. Vedo, e sento, il sapore del mare, nell'aria, così come nel cuore, che si sente sfiorato da un tocco sopito, e nelle cose, nelle barche tirate e secco e nel profumo del cibo.Difficile immaginare luoghi così. 
 "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scalee ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio..."(Eugenio Montale) Ecco la scala. La salita. Avrà inizio, gradino dopo gradino, sulla strada mi inarpicherò. Per confondermi nella vegetazione, cercare l'ombra di un albero, respirare. E sì, voltarmi indietro, a guardare lo strapiombo che mi sto lasciando alle spalle. Da qui posso abbagliare i miei occhi di quell'azzurro che rende invisibile la linea dell'orizzonte. In salita, una goccia di sudore, un respiro profondo: quello di arrivo, a metà strada, ma che é anche cima. Il mare lo domino così, con gli occhi, nel silenzio che circonda un santuario, le sue storie che si perdono nel tempo e si rivelano come una scoperta attraverso un racconto, appollaiato su una terra in discesa, quasi in picchiata, verso l'acqua, e due tavolini. Ora la strada sarà in discesa, dolcemente, verso la prossima terra, verso un altro paese che in linea d'aria é solo pochi chilometri. E quella linea intracciabile, sfumata ed inesistente mi segue, sulla destra, mi accompagna e come magnete richiama il mio sguardo. Perché ora ogni passo posso goderne la vista. Sfiorando steli d'erba che arrivano fino alle mani. Attraverso, attraverso. Seguo una piccola linea di terra tracciata lungo il costone. Quando inizia a tramontare. Il mio racconto ha quasi termine: dietro un mazzo di fiori, sotto di me, la meta, la città illuminata dal sole, il mare che schiuma ai suoi fianchi. Sono arrivato, per oggi. Colore, pastelli nel cuore. "La montagna si tuffa nel mare profondoa cercare refrigerio dal soleche scalda i chicchi d'uva ad uno ad unoe scotta la pietra che si erge maestosa e imponentea lambire il cielo."(Mogol) 
 Golfo di poeti, e terra strappata alla natura. Del resto, non mancono di sottolinearli, entrambi gli aspetti, tra parole incise nella pietra e segni tracciati sul terreno. Sembra quasi difficile immaginare come effettivamente siano sorti questi villaggi. Uno appollaiato sulla roccia, gli altri divisi tra terra ed acqua: laddove un minimo riparo lo consentiva, mani hanno scavato verso la montagna ed al tempo stesso si sono protese, quasi a strappare un minimo spazio vitale, nel mare. Ed infatti si presentano, così le Cinque Terre: incastonate nelle pieghe della costa. Belle, bellissime oltre ogni immaginazione, lambite da un mare cristallino, ancora co quell'aria un po' da dimenticate, a dispetto delle folle che compaiono di giono e del nome che hanno tra i viaggiatori esteri. Fragilissime, come testimoniano quei sentieri colpevolmente lasciati inagibili. Fragilissime come il silenzio che le avvolge, con un senso di tranquillità e quella soddisfazione che si prova quando si arriva da qualche parte, ogni volta che si giunge in una delle cittadine. Cambiano colore, all'ora della giornata. Ed ogni passaggio é una scoperta, una di quelle barche alla deriva, pronta ad essere tirata in acqua, o una delle rocche, immancabili nella linea del cielo, come il profilo di una chiesa nascosta, o l'abbraccio di una piazzetta infilata dietro un paio di arcate, ogni passaggio si svela, ad un dato momento del giorno, attraverso gradini, salite, o curve scavate nlla roccia a picco sul mare. Dietro, il mare sibila incessantemente, mentre davanti, il sole scompare dietro la terra seguente. 
"... Il bacio del poetaposa lettere sulle labbraparole nella boccaun'impronta sul cuore....Appena percettibileaccarezza il cuoreespone pensieridisegnando sulla retìnaimmagini d'amorecome un pennello sussurrante."(Elisabeth Booms)