Enodas

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 Una nota. Un tasto che si abbassa. E le dita che non riescono a procedere come vorrebbero. Ecco perché, lentamente, suono di meno. Al di là della stanchezza che sale più velocemente. Sono note che risuonano dentro come pensieri, ogni voce, ogni melodia, e - fondamentalmente - mi fanno pensare. Guardare indietro, a ritroso, a volte casualmente, seguendo concatenazioni che non saprei prevenire e che non so dove mi portino. Se non che sia in qualche parte dentro di me. Ed in qualche modo giungo sempre ad un incrocio che mi sembra cruciale. Forse é solo una costruzione, quello che si crea guardandosi indietro, che non corrisponde a realtà, che non corrisponde a quel momento. So che ci sono punti che guardo con particolare malinconia ed una certa amarezza. Amarezza per me, per ciò che dico "non sono stato capace, non mi sono buttato, non..." nemmeno lo so. Tanto da non sapere neanche come cosa raccontare, ora, chino su un foglio cercando di scrivere. Non so se tutto questo dipenda da me, dal mio modo di guardare alle cose, dal mio modo di guardare indietro e di vivere i miei ricordi ed il mio essere ora. So che ogni volta mi riprometto di dedicare del tempo, di sapere perché, appena iniziato a suonare, ho dedicato tanto tempo e tante energie a questo strumento. So che a volte suonare mi fa male, come se raccontassi di me a me stesso, come se non riuscissi a controllare quelle note che mani sempre meno allenate cercano di sfiorare su una fila di tasti e che nel silenzio risuonano per me.