Enodas

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 E’ sempre una sensazione simile quella che provo quando mi trovo a camminare lungo le strade delle città polacche. Sono tornato molte volte, cercando in ogni occasione una destinazione nuova. Eppure, arrivato sempre nella parte vecchia di queste città, sopravvissuti o ricostruiti nonostante le ferite della Storia, trovo sempre una piazza colorata e case dalle facciate eleganti, mazzi di fiori venduti sul selciato, e strade segrete in cui avventurarsi ai suoi lati. Ho percorso arcate che voltavano colore, attendendo che un carillon, in alto battesse il mezzogiorno. E nel frattempo cercavo riparo in uno dei locali che ancora brillavano dalla notte precedente. Sono stato a Poznan, con ritmo lento, perché in fondo niente era veramente speciale e non è che ci fosse tanto da vedere, se non tornare soprattutto su una di queste piazze, come un flash-back, cercare un colore, un profilo ed una linea elegante, e tastare sapori semplici e corposi, prima di ripartire e cercare di perdermi in un labirinto notturno. 
 Siamo saliti su un treno, un po’ indietro nel tempo: è sempre così quando ci si addentra in campagna, anche quando questa scorre ai lati di un vetro. Destinazione Torun, Pomerania, nel cuore della Polonia e medioevo nascosto dietro la difesa di mura possenti, o almeno così dovevano essere, tanto che se non fosse per i negozi e le luci, forse davvero immagineresti di aver varcato una porta speciale. Torun è la città di Copernico, un’università antica, cavalieri teutonici e la leggenda variante del pifferaio magico, che qui aveva un violino ed incantava rane. Ognuno, a suo modo, passato attraverso le ali del tempo, che come arcate gotiche si spalancano per perdersi nell’ombra di una vista irraggiungibile. Torun è attraversata dalla Vistola, quel fiume che come filo conduttore mi lega ad altri luoghi ed altri tempi, ritorno dopo ritorno, quasi raccogliessi una barchetta di carta affidata alle sue acque dalle sponde di qualche altro luogo. Il fiume ne è la silenziosa voce narrante.