Enodas

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  Non so perché questo luogo risvegli tanti ricordi. Alcuni non sono mai avvenuti. Eppure, è come se fossero fusi tutti insieme. Forse sarà un tocco di magia, che si ripete una volta l’anno. Forse suoni di campanelle azzurre mosse dal vento, come sussurri bisbigliati da elfi. Allungo la mano, voglio sfiorare queste voci silenziose, ma è una delicatezza che fugge, timida e fragile. Vorrei allungare lo sguardo, allora, verso l’alto, e la vista del cielo appare lontana, nascosta dagli aneliti delle sequoie. Non posso competere. Tutto, nel silenzio risuona. 
 Non ho molti dubbi che sia questo il momento migliore per venire in Olanda. Tanto che forse sarebbe pure ingannevole. In ogni caso, fare rotta verso nord, in questi giorni, è una specie di rito che mi accompagna da quando sono arrivato qui. E pazienza se questa volta il vento sarà un po’ più freddo di altri anni, le distese di colore che si allungano su linee diritte e regolari brillano in un leggero ondeggiare che è ritmo continuo, quasi una danza. Ho cercato un abbraccio profondo, un tulipano che era un piccolo anatroccolo, perso in un colore differente dal suo, o ancora una sfumatura increspata. Ogni cosa che, su questa linea piatta di paesaggio mi sussurrasse una racconto, un pensiero, un’emozione. Perché potesse anch’essa danzare su un alito di vento. 
 Sono stati giorni intensi, con cose da fare, luoghi da vedere e tanto da condividere. Almeno un po’. Colori, luoghi passati e futuri, sapori. Anche una telefonata, a volte, come prima di partire, oggi, verso l’aeroporto. A volte penso, in anticipo, a dove, a come, cercando di annotare nella mente. Anche se il tempo è quello che è, e passa in fretta.