Enodas

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 Ho attraversato questo angolo di Francia a ritmo blando e leggero. Lasciati gli spettri di Verdun, mi sono avvicinato al confine con la Germania, ritrovando quel fiume che pochi giorni fa avevo percorso controcorrente oltre confine. In un certo senso è stato come completare un viaggio e chiudere un cerchio. Seguendo le sue rive, ho circondato le mura della città, prima di inoltrarmi in ciò che rimaneva delle strade più antiche, per giungere infine a dei colori istoriati che attraversavano l'arte dal Medioevo fino all'ultimo secolo. 
 Non importa sia una caffe la mattina di una domenica assolata, o le luci eleganti di una piazza da Belle Epoque una sera qualsiasi: so solo che questa atmosfera è diversa e che mi fa sentire bene. Sono scatti normali di angoli poco conosciuti, dove quasi mi trovo a fermarmi per caso. Piccoli castelli dai cancelli chiusi e fronde riflesse nell'acqua immobile. Immobile sembra l'aria, a volte, giunto in questi luoghi sperduti nella campagna, un gruppetto di case, ed un silenzio disarmante che trasforma il giorno in deserto e sopprime la sensazione del tempo. 
 Da una linea all'altra, da una guerra all'altra. Solo vent'anni eppure molto era cambiato anche qui, sotto le montagne. Sempre sul Fronte Occidentale, lungo quella che era la Linea Maginot. Un'ultima tappa, verso le Ardenne, verso un confine condiviso, oggi come allora. Nuovamente, la terra nasconde nel proprio ventre mostri giganteschi e città sotterranee. Sono quasi tutte in abbandono, mastodontiche opere la cui efficacia rimane discutibile col senno di poi. Mi sono calato in uno di questi labirinti sfiorando pieghe di storia, ascoltando nel silenzio il rimbombo dei passi sordi e pesanti che lasciavo dietro di me, e che morivano, come voci, assorbite dai muri, persi nelle stanze buie che si aprivano ad ogni lato. Prima di riconsegnarlo ai libri di Storia.