Enodas

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  29 Maggio 
 “Con il cuore accompagno le nubi che vanno a sud,Mentre cammino seguendo le oche selvatiche che vengono da nord.Nel mio paese, tra i crisantemi, sotto la staccionata di bambù,Oggi quanti sono i fiori che sbocceranno?”(Jiang Zong) 
 Sento che oggi inizierà un nuovo viaggio. Sempre più in profondità, sempre più alla scoperta di un profilo e di una pennellata dell’anima. Ho lasciato alle spalle i picchi della montagna incantata come se l’avessi ricordata da un sogno, le sue nubi sparse ed il cielo sereno, in direzione di villaggi nascosti e strade poco battute. Là dove la vasta terra cinese lascia spazio alle minoranze etniche che la compongono, questa è una storia complicata da ricostruire, tra luci ed ombre. Quello che per me si traduce in colori, costumi, racconti, racchiude in realtà anche un dialetto diverso, un altro paesaggio, ma anche scontri feroci, una tradizione che rischia di risultare confezionata e sfruttata da entrambe le parti. E’ giusto o sbagliato, difficile da giudicare, senza comprendere, conoscere la profondità delle acque nelle quali ci si trova in navigazione, posso solo scivolare, osservando, magari quella parte brillante e colorata, che si è depositata sulla Storia. 
 La storia è che questo era un luogo di corsari. Pirati del fiume, contrabbandieri, avventurieri. Incastonati in una roccia che a picco precipita come l’acqua di una cascata, in un fragoroso silenzio, come si addice a questo mestiere. Non resta che arrampicarsi su, dalle sponde del fiume, sgusciando sotto gli spruzzi dell’acqua, verso case aperte al vento, i fumi dei cibi ai lati di vicoli che sono come ruscelli da risalire e le lanterne appese agli stipiti. Ho pensato ancora a quella parola, strada, nelle variazioni di questo Paese enorme, ed alle sue variazioni, in angoli nascosti, nell’antro di una roccia scavata da un fiume, o in quello nascosto all’ombra di una valle. Sento la distanza aumentare, entrare in un mondo lontano che è rimasto nascosto ad occhi occidentali, ed allo stesso assaporare il fascino di questa scoperta. 
 Ci sono arrivato quando ormai era quasi tramonto, e la vista soltanto ha potuto sfiorarla. Il silenzio della valle era scosso soltanto da improvvisi colpi di roccia che altrove echeggiavano per lavori in corso, ma nulla toglieva al quel senso di pace che sale a fine giornata. Saliva, ondeggiando su quello strato di verde e riflessi sull’acqua diffusi che era il paesaggio, ed accompagnando il lento incedere di una madre con il figlio avvolto in fasce sulle spalle. Dopo aver attraversato distese continue che alternano vegetazione tropicale e distese d’acqua, fango e germogli di riso, non potevo aspettare di vederle, le terrazze. Ed alla fine, per la prima volta, vi sono giunto: uno di quei luoghi sconosciuti che in qualche modo sono immagine impressa nel subconscio, per affiorare in realtà quando si rivelano come luoghi reali. Forse, anche per questa sensazione, questo punto sfiorato rimarrà un po’ luogo dell’anima.