Enodas

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 Osservo questo mare, così lontano ed al tempo stesso così vicino. Lontano, come l'orizzonte, le tempeste che vi si scorgono, fino ad inghiottirlo, ed i colori che si allargano in cupe variazioni di blu. Vicino perché lo sfioro, prima con il suono che sale da queste scogliere a precipizio, poi con il sapore dell'aria, ed infine sulla spiaggia, tracciando passi che verranno cancellati a breve, non importa, purché mi conducano e sfiorare l'acqua, ancora fredda, dell'Atlantico. Questo mare é una presenza costante, nei suoi suoni, nei suoi colori in continuo movimento, una linea che ci accompagna, guidando lungo la costa, camminando sulle scogliere, é il nostro compagno ed il nostro divenire. 
 Ci fermeremo qui, anche solo un istante. Troppo accesi i colori, troppo forte l'emozione. Tramonta, il sole é già andato in realtà, ma davanti a noi é una tela di linee di fuoco. Per un attimo, ho rivisto i miei cieli patagonici, si sono accesi tra i ricordi ed ho lasciato che fossero spazzati dal vento, modellati da una forza invisibile che li rende ancora più epici, ancora più indimenticabili. Ci lasceremo andare, verso la spiaggia, che la bassa marea ci lascia conquistare, poco a poco, per correre verso i riflessi, immergervisi magari, ed ancora andare oltre, cercando quel punto di fusione che accomuna cielo e terra e, per un attimo soltanto, si mostra in un bagliore di fiamma. 
 Ho cercato la fine del mondo. Perché questi sono quei luoghi che in qualche modo entrano nell'anima come ricordi indelebile. Così mi piace chiamarli. Ognuno di questi scogli era in qualche modo una fine del mondo: oltre non potevo andare, se non con i miei occhi, ed il mio cuore. Li ho cercati, su una mappa, punti col nome di un faro, o evocazione di marinai. Per loro erano speranza, salvezza e distruzione allo stesso tempo. Per me sono un approdo, cui arrivo da terra, sperando nel bagliore di un tramonto o sfidando i colpi di un vento pronto a scaricare raffiche di pioggia. Ho l'illusione di poterlo guardare dall'alto, l'oceano, e dominare la forza rabbiosa delle onde che si infrangono e delle correnti che seminano schiuma di rabbia. Vertigine, guardando sotto di me. E come una mano che si stende disperatamente in avanti, alla fine del mondo gli ultimi spuntoni di roccia si protendono verso questa forza invincibile, indomiti fino a farsi inghiottire, perché quel punto di non ritorno possa essere un po' più in là. 
 "...One man caught on a barbed wire fenceOne man he resistOne man washed up on an empty beachOne man betrayed with a kiss.In the name of loveWhat more in the name of love..."