Enodas

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 E' uscito e per la quarta volta ha ricominciato a suonare. Il pianista ha toccato appena qualche tasto. Ma é come se quelle note mi avessero messo a nudo. Improvvisamente. Dopo tanti anni. Una goccia d'acqua, leggera e pesante, calata sull'anima. Ticchettio continuo, melodia triste, passi pesanti sui tasti, ed ancora quella melodia. Ticchetio. Sprofonda nel buio della sala. Una voragine di pensieri. Pura la musica come la sfera impalpabile di una goccia d'acqua che cade. Ancora, nel vuoto. In uno spazio senza confini colmo di tutto e di niente. Quando ha ricominciato a suonare, ed inaspettatamente ha scelto un pezzo così.[...]Allora, ho riosservato il pianista. Un nome non comune. Ricordo quando andai a sentirlo, a Verona. Tornavo in treno dall'esame di ammissione al politecnico quando venne fuori questo biglietto disponibile. Ecco quanto é passato. Molti più racconti di quanto possono essere raccolti in questi post. Prima, prima ancora. Ed allora era già un nome grandissimo. Lo osservo adesso, attraversare ancora una volta il palco. Il vestito, il modo di muoversi, il tocco e la tecnica al pianoforte. Una scuola scomparsa dei grandi Maestri di un tempo, é come se fosse l'ultimo araldo di una tradizione di grandissimi nomi ed ormai in procinto di scomparire. E lo osservo anche alla luce di questi vent'anni, dal giorno che tornavo in treno dall'università, nel profilo invecchiato, una sensazione di solitudine immensa su un palco dove soltanto solo può stare, il pianista, un pianista così, ed in quell'arco di tempo così profondo che rileggo in questo nome, in queste note.