Enodas

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 Chissà cosa pensasse mentre in pubblico sollevava la bacchetta un'ultima volta. Chissà quale fosse allora, adesso, il significato di quella sua musica, così struggente, così evocativa. Quanto amore, quanta malinconia e quanto sentimento bisogna avere per creare della musica così. Un ultimo, faticoso, movimento d'orchestra. Un ricercare ostinato, come il titolo di una colonna sonora. E sulle note, immagini di attori, tra colori e bianco e nero, tra paesaggi rudi e sconfinati a luoghi familiari eppure lontani. Anche se, rispetto al passato, quel gesto sembrava un po' sforzato, e la musica nel suo programma sembrava mancare qualcosa. Almeno, nelle mie aspettative. Una sera d'estate, sullo sfondo di rovine imponenti e silenziose che luci ed ombre modellavano ad arte nella notte. Un altro gesto, ritmato, a liberare altre note. Alcune non le avevo mai sentite. E chissà quale fra le tante emozioni di quella musica risaliva quel gesto, ne stringeva la mano che l'aveva scritta, su carta pentagrammata, un un passato indefinito degli ultimi decenni, e lentamente incontrava il cuore che l'aveva concepita. [...]