Enodas

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 C'é da chiedersi che significato abbia una frontiera, in questo punto incastonato tra le Alpi, una piccola linea invisibile che si chiude a cerchio in pochi chilometri. E così, oltrepassarla la frontiera é una costruzione in legno a metà tra una porta ed una baita di montagna, ed il verde continuo e smeraldo della montagna d'estate. Oppure, é un ponte di legno coperto e sospeso sul fiume, attraversato da un flusso di camminatori, ciclisti in formazione da scalata o ragazzini in bicicletta che vanno avanti e indietro. Anche se per me rimane comunque affascinante l'idea di percorrere in pochi chilometri la bellezza di tre Paesi differenti. E, per quanto invisibile, la frontiera é qualcosa di palpabile, non solo per i colori di una bandiera, ma per un senso di benessere nei nomi delle banche, nelle macchine parcheggiate, nella sproporzione dei prezzi, che si materializzano di colpo, come un paesaggio nuovo ed in miniatura, dove tutto appare quietamente perfetto. E, su tutto, un nome quasi impronunciabile che, incastonato tra le Alpi, da piccolo cercavo sulla mappa. 
 Ho lasciato alle spalle le vigne, con quel senso inebriante alla testa di un vino profondo con uno stemma regale impresso sulla bottiglia. Salendo, lentamente, ho oltrepassato quel castello che dal basso si incuneava sul fianco della montagna senza generare troppo timore. La piccola capitale, un paesino di montagna che alterna architetture moderne ed audaci a boccoli di fiori e balconi di legno, inizia a perdersi nello sguardo che segue la piega della vallata che scompare in lontananza nella luce abbagliante che sembra dare materia all'aria.Ed entro nella foresta. Tornante dopo tornante, un sentiero che si arrampica sotto un arco di foglie. Forse dovrò affrettarmi, perché il tramonto, al riparo degli alberi, sarà improvviso. Respiro, l'aria umida del bosco ed il silenzio della montagna, alla ricerca di quel punto d'arrivo che idealmente rappresenta questa deviazione. Lo cerco, ad ogni tornante, ma la vista rimane bendata da una coltre di alberi che inghiottono la strada. Fino a quando appare, seminascosto, ad una manciata di metri, un rudere silenzioso che da uno sperone sembra pronto a franare sul precipizio che domina. Come in uno di quei quadri romantici, silenziosi ed un po' malinconici, che nella natura si perdono quasi annegando. Per un attimo é come se mi muovessi tra quei colori, in quella stessa luce calda e palpabile, in quella potenza naturale che soltanto un luogo deserto può esprimere, minuscolo come quelle rovine abbandonate che colorandosi di una sfumatura rossastra sembrano vegliare su una schiera infinita di alberi, sagome che si ripetono sovrapponendosi fino a scomparire nell'ombra, fusi nel bagliore che preannuncia la sera. 
 Non é un paesaggio a cui sono abituato, quello di montagna, tanto meno in estate. Così ogni vallata vista da posizione privilegiata, immersi nel verde sfolgorante d'estate, ogni massiccio di roccia, a cui la vegetazione arriva a lambire la base, questo paesaggio alpino da una parte familiare ogni massiccio di roccia, poi non così lontano da ricordi d'infanzia sono in un certo senso qualcosa di nuovo. Tutto, in questa nazione principato, sembra piccolo e nascosto, protetto com'é da cinta di montagne che già sono un altro luogo. Piccola la capitale, piccoli i villaggi, piccole le case che spuntano, tra una piega e l'atra del terreno. Piccole, infine, le strade, che terminino all'imbocco di un paesino alla base della montagna, o che scompaiano tramutandosi in sentieri da seguire a piedi. E così sono salito, seduto su una seggiovia senza indossare un paio di sci, per assaporare questo piccolo angolo dall'alto, per conquistarlo comodamente in discesa, come il volo di un parapendio sospeso nel vuoto. Era una linea che scendeva tortuosa, a tratti nascosta dall'erba e dalle pieghe del terreno, fino a raggiungere gli edifici a valle che sembravano miniature di un gioco. Oppure era una linea scoscesa, marcata da pietre appuntite, che balzava lungo la schiena di un drago, una bandiera, in lontananza, una croce, ancora più avanti, in equilibrio quasi perfetto al vertice di una piramide, sulla quale avrei desiderato continuare ad arrampicarmi. Affinché quel mondo sembrasse ancora un po' più piccolo.