Enodas

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  9, 10 Ottobre 2021 Erano anni, da quando ero bambino che non risalivo verso questo lago incastonato tra le Alpi. A guardarlo adesso, tutto sembra più piccolo ed accessibile, forse anche un po' più normale. Effetti di scala, impartiti dagli occhi di un bambino. Ciò che ricordo, così come mi si presenta ancora oggi, sono le acque turchesi e smeraldo, quelle gradazioni di azzurro e verde intense e sature che sono tipiche dei laghi alpini, e le temperature gelide dell'acqua del lago, al primo contatto con le mani. Ricordo altri luoghi, sparsi qua e là ai margini della distesa verde che si apre davanti a Molveno, là dove ci eravamo sempre fermati, ai margini del lago più raggiungibili. Forse persino il profilo di un albero che solitario rimane ad osservare un piccolo promontorio di sassi a rendere irregolare la foce del torrente verso il lago, dove mi piace pensare ci siamo fermati quell'ultima volta. 
 Questa volta sarà soltanto un punto di partenza, un tracciato lungo quel cerchio allungato che si deposita tra le montagne, ed un sentiero che si inoltra nella foresta a seguirne il tracciato. Quando già i segni dell'autunno sembrano propagarsi seguendo i passi del viandante, e l'unico rumore che sale alle orecchie e quello delle foglie schiacciate al suolo. O l'ansimare di un cane, quando incroci qualcuno che arriva, seguendo la direzione opposta, un fruscio che si attenua velocemente e scompare alle spalle. Il cerchio prosegue, per sbucare in una radura direttamente opposta al paese, un punto confuso di case incastonato ai piedi della montagna, dove chissà, in qualche modo immagino di vedere un albero solitario sulla riva che curva in un piccolo promontorio. 
 Per me che non sono molto abituato alla montagna, anche quest'immagine che si apre sul sentiero tagliato lungo il costone custodisce la sua bellezza imponente ed il silenzio ampio e vertiginoso che sembra salire fin verso il cielo lungo quelle pareti scoscese il cui colore rosato ancora solo si immagina durante la luce del giorno. Vi arrivo svoltando ad una curva sul vuoto, un attimo accecato dal sole ora che l'ombra protettiva degli alberi si é interrotta bruscamente. L'arrivo sembrava a portata di mano, ma oltre alla curva si presenta un paesaggio di roccia. E' come emergere, oltre, e camminare in un mondo nuovo che dal basso si intravedeva soltanto aguzzando la vista. E procedere, affrontando nuove curve cieche, oltrepassando un doppio arco naturale, e sostenendo con lo sguardo altre pareti scoscese, immobili giganti schierati come soldati che mi osservano dall'alto. Forse mi giudicano, forse mi guidano, forse mi proteggono, spero solo che una mano invisibile si appoggi alla mia spalla.