Enodas

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  Gli uffici vuoti fanno una certa sensazione. Quelle poche volte che sono andato fisicamente, in questi ultimi due anni, hanno sempre lasciato la stessa immagine, di un luogo silenzioso e quasi onirico che quasi pareva una cattedrale eretta nel deserto. Ancora più la sera, io che già in passato uscivo spesso tardi ed i corridoi di per sé erano in buona parte svuotati, e flebili lampi di attività si percepivano come un brusio nelle zona ristorante o in un'ombra che si muoveva dietro una finestra illuminata. Era il momento che preferivo, assaporare il silenzio e la calma di fine giornata. Adesso, questo silenzio é perenne, in questo labirinto di uffici e corridoi che rimangono vuoti e silenziosi laddove prima a volte ci si trovava a vagare alla ricerca di una sedia ed una scrivania lasciati liberi. Le prime volte che ero tornato avevo provato quasi un senso di orgoglio per lo spirito di adattamento e l'organizzazione, per i segnali alle pareti così come sui pavimento, dove l'innovazione continuava a distanza di sicurezza e la conoscenza non aveva limiti. Poi questa nuova quotidianità, unita ad altro, ha cancellato questo slancio positivo. Così, rieccomi qui, a pochi giorni da Natale, a percorrere questi corridoi, magari con un motivo in più per guardare al calendario e fermarmi, prima di uscire - probabilmente un'ultima volta quest'anno - passando da un punto all'altro di questo spazio mastodontico che in qualche modo si riconnettono ad una normalità che sembra ormai lontana e dimenticata, tanto da sembrare quasi sconosciuta. E ripetere percorsi che allora significavano altro, spezzavano la giornata, erano un incontro. Provo un tremendo senso di malinconia per alcune di queste cose, soprattutti quando allacciano ricordi con una persona in particolare. E' tutto scomparso, ora, nel silenzio e nel deserto, nell'assenza di lei, nella mancanza di tutto ciò che prima era una familiare normalità.