Enodas

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Sono quasi due mesi che non suono il pianoforte, che non percorro l'infinito alternarsi di tasti bianchi e neri... certo, a parte alcuni giorni quando ero a casa per Pasqua... troppo pochi anche per recuperare l'allenamento perduto... la carta che avevo qui è scaduta ed io lascio passare il tempo nell'illusione di riuscire a portare da giù la versione digitale che ho... a casa rimandano... poco pratico, non si sa se voglio restare qui... in realtà penso sia anche la malinconia di smontarlo e lasciarlo venire su...Ma a me manca, lo sento... col violino è diverso, troppo poco quello che riesco ancora a fare... manca l'impegno di ogni giorno, manca il movimento delle dita, mancano le emozioni...manca la musica che sgorga e mi trascina lontano col pensiero e con il cuore... ed è una fitta ogni volta che ne sento il suono, il suono di un pianoforte solo... ogni volta che penso come, stando ferme, le dita si indeboliscono e perdono le vie tracciate da quegli spartiti su cui ho speso tante energie... e' qualcosa a cui mi sono indissolubilmente legato... Forse qualcuno sorriderà, lo so... mi viene in mente una battuta in un film di qualche anno fa, che più o meno, affermava che i pianoforti soffrano quando non vengono suonati... come sottofondo la calabre Goccia d'Acqua... ecco, forse è un po' così, perchè è diventato un pezzetto di me... un pezzetto importante...Oggi è tornato il mio accordatore; è come un medico che ogni giorno passa per sapere se tutto va bene, e per rassicurarmi.Quel terzo fa del pianoforte non suona ancora come dovrebbe. E dire che il fa è la nota che dà la tonalità alla mia Ballata.Ci siamo guardati, lui ha controllato ancora il rullino e poi mi ha detto che quel tipo di Steinway può avere un difetto simile, ma spesso passa assai rapidamente, e da solo.“E poi non torna?”, gli ho chiesto con un’ansia comprensibile.“Chi può dirlo?”, mi ha risposto. “Talvolta tutto va a posto. Provi, maestro, mi sembra che ora suoni senza fruscii.”Mi ha lasciato il posto sul seggiolino, e ho suonato quel fa una, due, tre volte. Premendo il pedale di risonanza e ascoltando con attenzione l’eco che si diffondeva nel salone, come fosse un profumo.Non udivo alcun fruscio, sembrava perfetto. Il mio accordatore ha sorriso, senza alcun compiacimento: “non è mio il merito, maestro, questi pianoforti hanno qualcosa dentro che li rende saggi. Quando è il momento, smettono di fare i capricci e si comportano da bravi strumenti”.Ho riprovato ancora, non ero convinto: e mi è parso di risentire il fruscio del feltro, come fossi un malato immaginario che cerca ad ogni costo il sintomo che non ha, e si prova più volte la temperatura finché non pensa d’intravedere qualche linea di febbre.Il mio accordatore scuoteva la testa, con una confidenza lieve affinata con gli anni e la consuetudine. Ma quando comincia a riporre i suoi attrezzi, e lo fa con calma, precisione e garbo, vuol dire che la visita è terminata: per quel giorno ero stato viziato anche troppo. Poi mi ha guardato interrogativo: “Maestro, posso confessarle una cosa?”.Il fatto che non osasse, che quasi esitasse, mi incuriosiva.“Certo, certo…”, ho risposto fingendo distrazione, mentre provavo la morbidezza del pedale di risonanza.“Ho l’impressione che lei voglia quella nota imperfetta, che lei cerchi a tutti i costi quel sottile fruscio, anche quando non c’è….”L’ho fissato, muto, attento, forse anche con severità, mentre lui continuava: “…in quel fruscio lei cerca l’imperfezione, e nell’imperfezione una forma della libertà….”.Con quella nota, con quel terzo fa, inizia la coda della quarta Ballata che Chopin dedicò a Solange Dudevant.Aveva ragione: soltanto un fruscio mi ha liberato da quell’affezione dell’anima, da quell’intreccio di destini casuali che ho inseguito in tutti questi anni.Così ho capito che il mondo è soltanto un fruscio impercettibile dentro una nota, dentro una vibrazione perfetta. E per la prima volta nella mia vita ho provato sollievo.”Roberto Cotroneo – Presto con fuoco 
(picture from the web)