EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°844 pubblicato il 11 Febbraio 2020 da enodas
“Of course, tourists traveling in their comfortable rail coaches could only learn the vaguest idea of the conditions in which the Indians live, from the fast glimpses they catch as they speed past our train, which has stopped to let them pass. The fact that is was the U.S. archaeologist Bingham who discovered the ruins and expounded his findings in easily accessible articles for the general public, means that Machu Picchu is by now very famous in that country to the north and the majority of North Americans visiting Peru come here. (In general they fly direct to Lima, tour Cuzco, visit the ruins and return straight home, not believing that anything else is worth seeing.” (Che Guevara, The Motorcycle Diaries)
Sono giunto, come altre volte, di prima mattina, spossato da un viaggio lungo e qualche giornodi difficoltà. Questa città, questo nome, già sprigionano la loro energia. Cuzco é la porta d'ingresso obbligata alla scoperta del mondo Inca e ad una straordinaria concentrazione di meraviglie naturali. Tutto rigorosamente ad alta quota, perché e sulla dorsale dell'America Latina che questo impero ha avuto vita, gloria ed un effimero potere. Cuzco, più di ogni altro luogo, é anche il punto in cui tutto questo é venuto a contatto e si é scontrato con il mondo dei Conquistadores. Ed é così che in questa città si susseguono, fino a fondersi, le mura di massi giganteschi tagliati ed incastrati al millimetro della Via Regale, con le piazze di edifici coloniali e chiese colme d'oro e ricchezze. E' il regno dei tessuti e del cioccolato di un aroma intenso e pungente, e dal centro si sviluppa in una serie di strade che presto diventano salite impervie e gradini di calce candida e abbagliante. Seguendo queste strade, sempre più strette, sempre più dissestate, mi perdo in un labirinto di piazze nascoste, vicoli silenziosi arsi dal sole del pomeriggio, e colori caldi che compongono in infinite variazioni il Camino del Inca, ovunque esso sia, popolato dai suoi animali stilizzati, i suoi simboli ancestrali, la sua visione unica del Cosmo. Mi perdo, e mi ritrovo, su un piazzale che dall'alto somina la città, dai suoi passati più gloriosi via via fino alle forme anonime di un mondo più moderno, che si perdono in lontananza, senza che la vista riesca a scorgerne il confine.
Ancora una volta, sono le immagini delle terrazze ad entrarmi nell'anima, come linee infinite che si depositano e tracciano segni imprecisati, e racocnti sconosciuti, in un angolo nascosto e profondo dei miei ricordi. Ma non sono linee sinuose chi si piegano sulla terra. No, sono un sistema ingegnoso e stupefacente con cui l'uomo ha modellato la terra tracciando linee ben precise, squadrando, limando, assogettando il terreno. Un livello sopra l'altro, in un labirinto tridimensionale che sembra non avere via d'uscita, perché solo il cielo sembra segnarne il limite ultimo, ognuno connesso all'altro da un complicato sistema d'irrigazione, di controllo del terreno, della temperatura e dell'umidità. Ho superato i mercati colmi di movimento, con le donne che stendevano i teli pieni di regali, souvenir ed oggetti d'artigianato, una piazza che sprigionava vita ed uno spaccato di umanità che chissà un tempo non doveva apparire molto diverso nel suo infinito mescolarsi e confondersi. poi, é stato silenzio. Mi voglio perdere, sì, scendere fino a valle, guidato dal rumore dell'acqua di un torrente, laggiù in fondo, sfiorando monoliti sacri, alberi venerati e oscillare, tra un livello e l'altro, infinite terrazze al termine delle quali, ogni tanto si scorge una fattoria in rovina, il profilo di un uomo al lavoro in quegli stessi campi o quello di un carretto sgangherato. Come un'unica linea, la Valle Sacra continua, perdendosi tra le pieghe della terra.
Sembra impossibile, eppure é lì, nel deserto di una valle di ghiacci ed acque cristalline, una donna é lì ad attendermi, sul promontoriolà dove il sentiero svolta e scompare. Seduta, mi attende, nella sua figura robusta avvolta nelle vesti andine, ricche di colore ed il volto sorridente bruciato dal sole, i capelli neri e densi coperti da un gigantesco cappello tradizionale. Scopro allora che la sua casa é nascosta, dietro la collina, proprio a lato di una di quelle lagune che sto cercando di raggiungere. Parliamo. E mi risponde col sorriso calmo e paziente di chi attende, ogni giorno, una manciata di stranieri che si spinge fino a qui, a sfiorare luoghi remoti e sconosciuti la cui bellezza risveglia nella mia mente alcuni luoghi di cui mi ero perduto, alla Fin del Mundo, e con cui mi mostra i suoi oggetti in vendita stesi su un fazzoletto colorato, pronto a diventare borsone da caricarsi sulle spalle. E' straordinario vedere come cambia velocemente il mondo lasciandosi alle spalle la città di Cuzco, osservarlo dal finestrino sobbalzando ad ogni metro, perché anche la strada spesso scompare e diventa poco più di una linea sporca che attraversa valli verdeggianti e piccoli villaggi sempre più sperduti, sempre più lontani. Fino ad un sentiero, appunto, che si inerpica lungo lagune nascoste e riflessi su acque turchesi. Fino ad incontrare una donna sorridente e sola nella sua attesa che con un braccio ed un sorriso mi indichi la strada.
“...Have you ever climbed a mountain in full armour? That's what we did, him going first the whole way up a tiny path into the clouds, with drops sheer on both sides into nothing. For hours we crept forward like blind men, the sweat freezing on our faces, lugging skittery leaking horses, and pricked all the time for the ambush that would tip us into death. Each turn of the path it grew colder. The friendly trees of the forest dropped away, and there were only pines. Then they went too, and there just scrubby little bushes standing up in ice. All round us the rocks began to whine the cold. And always above us, or below us, those filthy condor birds, hanging on the air with great tasselled wings....Four days like that; groaning, not speaking; the breath a blade in our lungs. Four days, slowly, like flies on a wall; limping flies, dying flies, up an endless wall of rock. A tiny army lost in the creases of the moon...”
Doveva essere una delle cose più belle da vedere. Ma la pioggia scesa la notte, che a queste altitudini ha significato neve, ha coperto qualsiasi parvenza di colore e l'ha resa una montagna qualsiasi. Di oggi ricorderò la neve, frustrante, il respiro corto a quota oltre cinquemila metri, ma soprattutto i piedi semiscalzi delle persone che offrivano un cavallo su cui trasportare chi decideva che no, andare a piedi non era più possibile. Ricorderò il nome di Angelito, un cavallo smagrito che mi ha presentato un'anziana con cui mi sono fermato a parlare, mentre su un sentiero parallelo al mio guidava il suo cavallo con in groppa un passeggero. Ancora una volta, il suo buon umore spontaneo e in un certo senso ironico mi sfiorava il cuore. Ricorderò qualcuna di queste persone giungere anche loro in cima, osservando un paesaggio a loro familiare, anche in questa variazione priva di colore, e nella neve aprire un fagotto di cibo come se il gelo, il vento e l'acqua non li riguardasse poi tanto e come figure immobili osservare. Se la terra con le sue sfumature arcobaleno era nascosta, il colore dei loro vestiti risplendeva sgargiante.
Due luoghi straordinari, tra i tanti, ancora sulla strada lungo la Valle Sacra. Il verde, intenso, delle terrazze concentriche che sembravano voler scendere alla ricerca di un accesso al centro della Terra. Un altro, a pochi chilometri di distanza, era il bianco accecante delle saline a cielo aperto. In un'unica, continua, connessione tra presente e passato, un po' come le altre città abbandonate di cui il "popolo delle Nubi" ha popolato questa regione, ognuno di questi luoghi sembra voler narrare una pagina specifica e ben definita di un unico affascinante racconto. E chissà, forse per davvero quei cristalli perfetti hanno poteri eccezionali per il corpo e per la mente, come sostengono gli abitanti del luogo, e in quei minerali preziosi si nasconde ancora il segreto di un'energia strordinaria che proviene dallo stesso universo. Quello che ognuno di questi luoghi vuole tracciare, ricomponendo un puzzle gigantesco, specchio in terra delle stelle.
"...Y el aire entró con dedos
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