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Post n°873 pubblicato il 24 Ottobre 2020 da enodas

 

 

"Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l'assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti – giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito. Ricordo il giorno e l'ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta sul ragazzo che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della mia più totale disperazione. ..."

 

Sono pochi i libri letti di cui mi trovo a scrivere, e questo in realtà per lunghezza non é molto più che un racconto lungo, e forse nemmeno scritto nel migliore dei modi. Eppure basta una frase, una riga soltanto che giunge alla fine e ti lascia così, sospeso, che é come se fossi giunto alla fine troppo in fretta e, rimasto in silenzio, non puoi far altro che trornare indietro e leggere di nuovo. Perché basta una parola, anche l'ultima, a cambiare una storia e dare un senso di leggerezza e speranza, e a riscoprire con occhio diverso una persona che si ha amato. Anche quando il male é tale da essere straripante senza essere nemmeno narrato. Troppo forte l'orrore della Storia, troppo forte il dolore.

 

"[...] all'improvviso mi resi conto con un misto di gioia, sollievo e stupore che era timido come me e, come me, bisognoso di amicizia."

 

Nella sua semplicità, narrato come fosse scritto da un adolescente, questo é un racconto di amicizia, di uno di quei migliori amici che si trovano solo quando si é giovani, forse perché non si é ancora stati macchiati a sufficineza dalle delusioni e dai graffi che lasciano i rapporti umani. Per come l'ho letto, questo racconto é andato oltre l'orrore del contesto, la cui incombenza é resa chiara con implicita delicatezza, e mi ha portato prima su un livello più astratto, quello della lotta tra bene e male, della forza delle idee e della purezza di cuore, ed infine su un altro livello, molto più semplice e molto più pratico e personale, che - se sia illusione o meno non lo so - una vera amicizia, come un vero amore, da qualche parte duri in eterno.

 

"... L'unica ragione che mi induce a rievocare gli interessi, le gioie, i dolori che condividevamo è il tentativo di comunicare quale fosse la nostra vita interiore..."

 

Ricordo una volta di aver letto da qualche parte che gli amici che ci accompagnano tutta una vita si contano sulle dita di una mano. Allora, come in poche altre occasioni, pensai ad un amico su cui non avrei avuto dubbi questa affermazione fosse vera, salvo poi, sopraffatto dal tempo e dalle semplici circostanze della vita, amaramente scoprire che non fosse così. In amicizia, così come in amore, ho collezionato delusioni cocenti, e per come sono fatto sono sempre state delusioni profonde ed intense, a volte ferite che ancora fanno male se toccate. Sono giunto alla conclusione che non credo ci sia niente di speciale, in questo, in quanto fa parte del circolo delle cose, e che tutto ci sembri tanto straordinario ed unico per il fatto che le viviamo in prima persona. Ma forse consola un po' pensare che questo esista, che noi esistiamo, in qualche angolo nascosto ma pur sempre prezioso, di queste persone, un po' almeno come loro per noi, un attimo di eternità, e che come tali ci si renda conto che sono un amico ritrovato, un amore ritrovato, anche se soltanto nel nostro cuore.

 

"... Ma ne ero proprio sicuro? Era davvero impossibile che la porta di casa si aprisse per farlo entrare? E non stavo già, in quello stesso istante, tendendo l'orecchio per cogliere il suo passo? ..."

 

 

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