Creato da enricodep il 01/01/2007
traduzione impossibile, ma sarebbe una sorta di "diario multimediale"
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Una notte d'autunno, come se ne vivono tante, di quelle in cui rimpiangi il tempo trascorso: inutili giornate calde e lunghe scivolate via, senza un ricordo importante che ti sia rimasto dentro, se non un susseguirsi di luci e di suoni privi di senso, senza alcuna forma.
E pensi alla nuova stagione che dovrai affrontare, al freddo che quando si è soli si fa sentire ancora di più, quando nel buio dovrai cercare di orientarti, di trovare una strada da percorrere, mentre il vento ti strapperà inesorabilmente via dalle mani qualcosa.
Decidi allora che forse è il momento di svegliarti, potrebbe essere l'occasione giusta per affrontare la vita, magari riesci a fregarla in un attimo di sua distrazione, nel quale hai la tua piccola possibilità di sferrarle un colpo, non importa quanto forte possa essere. L'intensità perde di significato se ti basta sapere che ne manca uno in meno.
La chiave entra con una facilità insolita, e le luci si colorano nella maniera consueta, il contachilometri segna un numero qualunque, una permutazione di cifre che nello stesso istante in cui le leggi, ti rendi conto di averle già dimenticate: ti convinci della loro inutilità riflettendo sul fatto che tanto non è mai servito a nulla ricordarsi di come erano disposte precedentemente.
E allora liberi la mente da tutto quello che ritieni più o meno inutile, anzi, la svuoti, quasi completamente, perchè ogni cosa può essere solo un peso che rallenterebbe il tuo incedere, quella sensazione di avere spazio a sufficienza ti infonde un certo coraggio nell'osare, nell'accelerare, nel voler smaniosamente tentare di anticipare gli eventi prima che facciano il loro normale corso.
Incurante di quanto possa succedere, lasci cadere ogni barriera che possa ostacolare quel sogno, parti allora per un posto qualunque, come lo è ogni angolo del mondo: non conosci il percorso, vai seguendo il tuo istinto, quella voce dentro che si fa sentire se la cerchi, ed allora da qualche parte scorgi la luce che associ alla tua meta, e ti avvicini ad essa senza chiudere gli occhi.
Ti rendi conto di averla raggiunta quando realizzi di non poter tornare più indietro, cominci a chiederti come mai ora ti trovi lì, proprio in quel luogo, proprio in quel determinato momento. Atmosfera surreale, sembra quasi che ogni cosa intorno a te voglia inglobarti in silenzio: perplesso immagini allora l'aspetto che poteva avere un attimo prima che tu vi giungessi.
E' solo un modo per prendere tempo, poter attendere ancora un solo secondo in più ti fa comodo, è vero, ma per cosa? Ormai ci sei, non hai più via d'uscita, ti tocca affrontare la realtà così com'è senza remore.
Evidentemente la stanza delle paure non era stata svuotata a fondo, e qualcuna di esse era rimasta lì, aggrappata con i denti e con le unghie ad una superficie liscia come uno specchio chiamata memoria.
Chiudi gli occhi, trattieni il respiro, e coi denti stretti mandi giù a fatica la saliva, la lingua è bloccata in una gabbia, si attacca al palato, le mani restano intrappolate in tasca: la visione che hai di lei davanti a te, richiama all'ordine tutti i tuoi sensi, ma rapito da un vortice, li vedi vagare e disperdersi come foglie che si staccano inermi da rami privi di ogni benchè minima forza.
Dentro di te, il battito cresce di intensità, senti il sangue che circola come un fiume in piena, l'ossigeno disseta ogni parte del tuo corpo risvegliandolo; in un attimo raggiungi la pienezza dell'essere, provi una sensazione di magnificenza che ti solleva dal suolo, e cominci a vibrare nell'aria, stai volando, perchè ti accorgi di vedere tutto da un'altra visuale, ed era ciò che volevi più di ogni altra cosa.
Le parole si susseguono prive di un filo logico, le metti in fila senza criterio, sai solo che ti servono, che devi generarne quante più ti è possibile, con quell'unico intento, di riempire quanto prima quel buco che mai avevi pensato potesse crearsi in un carattere forte, tralasciato con superficialità, sicuro com'eri che di problemi del genere non ne avresti potuto mai avere.
Rasentando il ridicolo vai avanti, rabberciando a destra e a manca quel tessuto fragile, incapace come sei di cucirlo correttamente, mostrando i tuoi limiti in questa difficile arte. Palesi quell'impossibilità di nascondere ciò che c'è sotto, quel che è dentro e che non riesci a frenare, fai cadere quel velo ormai lacerato, e le cedi il tuo cuore quasi a volertene privare come dono sacrificale.
Le dimostri che lei era ciò che volevi, e nient'altro puoi chiedere perchè ti senti appagato. Ha uno sguardo smarrito, non risponde ai tuoi baci, resta ferma ed inerte, ti implora di smetterla, di mettere fine ad uno strazio che la sta confondendo, consapevole che quella è una gioia irrisoria, impossibile da far durare, come la luce di una stella, che cadendo scompare mettendo fine alla storia.
Ecco la scena dipinta di questo mio inutile incontro, arrivato per caso, ma voluto con forza. Sai che muore qualcosa, non ti spieghi il perchè, cerchi solo una colpa che poi in fondo non c'è. Tutte le aspettative ora ti crollano addosso, ti è difficile accettare questo tragico epilogo, sebbene tu sappia che quella, oltre ad essere la cosa giusta da fare, è purtroppo anche l'unica.
Promesse siocche riempiono quegli attimi che precedono il distacco, prima che quelle due vite si dividano per sempre come se nulla fosse accaduto, ed allora la stringi disperato in un ultimo gesto, provi a strapparla al suo destino, come un fiore che viene raccolto nel massimo del suo splendore, pur sapendo che senza radici, riempiresti solo un bruttissimo vaso di una bellissima morte.
Così ti rendi conto di quanto tu possa farle del male, decidi che in fondo non ha senso continuare: le prendi allora le mani, gelide e piccole, e trattenendo le lacrime la guardi negli occhi, pur sapendo che non ti ascolterà le tieni strette le dita, le trasmetti tutto il calore che hai, e cominci a tremare nel dirle che non avrai più una persona come lei, che nel cuore conservi il suo posto.
Stanco e provato da questo susseguirsi di intense emozioni, la lasci andare, ti arrendi in silenzio, consapevole che non la avrai, rassegnato a dover trascinare i tuoi giorni senza di lei. Non dici una parola, non riesci a pensare a niente: la guardi staccarsi dalle tue braccia, ti giri e chiudi gli occhi, ritornando quello che eri, ed il nulla ti riavvolge di nero come il buio.
Vaghi allora nella notte, scruti la vita di altre persone, qualcuno la spreca, qualcuno la perde, c'è chi le dà un significato diverso da quello per cui la intendi tu, ed allora sollevi lo sguardo, ci sono le stelle nel cielo, ma ti blocchi nel notare che non c'è più quella a cui eri legato, forse è davvero caduta, forse qualcuno l'ha rubata, fatto sta che nessun'altro oltre te se n'è accorto.
Pensi che sia il caso stavolta di dover memorizzare quel numero, ora che sei fermo, adesso che nulla intorno si muove, quando ormai non ti resta nessun'altra cosa da fare, ma gli occhi sono troppo stanchi, hanno pianto troppo, vedi tutto sfocato, è difficile, lo farai domani, o magari un altro giorno, proprio come non hai fatto prima, semmai tu ripartirai.
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Ho notato che le presenze di visitatori nel mio blog sono in aumento logaritmico (per chi non lo sapesse, significa che crescono, ma molto lentamente). Tuttavia mi sono reso conto che l'incremento del contatore contempla anche tutte le volte che io stesso apro la pagina del mio blog. Bé, nulla da eccepire nei confronti di uno strumento che si limita a fare il suo mesto lavoro di accumulatore di presenze, se non per constatare che quindi nel mio blog non viene assolutamente nessuno. In effetti questa cosa l'avevo preventivata già al momento della genesi, ma forse avevo peccato di troppa modestia, in quanto speravo che almeno qualche buona anima si interessasse a quanto scrivo: e per uno che come me, preferisce la qualità alla quantità, significa che anche un solo lettore mi andava bene! Ne prendo atto dunque, è un motivo per indurmi a fare meglio. Ma fare meglio per far fare gli straordinari al suddetto contatore di presenze, implicherebbe adeguare il mio blog alla massa, snaturare lo spirito anticonformistico che lo caratterizza. A che serve fare un blog come tutti gli altri? I bei disegni glitterati potete cercarveli voi da soli su Google, i testi delle canzoni più belle li conoscete già, e poi magari una canzone può evocare emozioni e ricordi a me, ma non avere alcun valore per la maggior parte di voi. Mi sembra che queste cose lo ho già dette... o sbaglio? Allora mi suggerite di raccontarvi di me stesso..? Conoscendomi, sarebbe decisamente tempo perso, vi garantisco. Raccontarvi di qualcuno a cui tengo...? Bé, questo forse non sarebbe tempo perso, almeno per me. Avevo pensato al mio cane, ma già da qualche mesetto è ormai passato a miglior vita dopo tanti anni di onorato servizio. Insieme a lui ho passato tante giornate, anzi, soprattutto pomeriggi, quando tornato da scuola, facevo solo finta di mangiare qualcosa per correre subito dietro casa e giocare finalmente con lui. Come fare a dimenticare che quando era un batuffolo che a stento riusciva a reggersi in piedi, è riuscito incredibilmente a raccogliere un bastoncino di legno e a riportarmelo senza che nessuno gli avesse insegnato nulla. In questo mi assomigliava moltissimo... bambino prodigio destinato poi a perdersi col tempo. Non è stato mai un granché come cane da riporto, e tra l'altro per la filosofia venatoria di mio padre, il cane è più un fastidio che un supporto. Quindi non è che abbia avuto grosse possibilità di fare pratica, e se ci aggiungiamo il fatto che era maschio e che comunque si trattava di un incrocio tra una setter ed un breton, l'animale non aveva tutte le colpe. E poi se potenzialmente fosse stato un ottimo cane da caccia non lo avrebbero mica regalato a me! E il suo vizio di scavare sempre buche nel terreno in cerca di non so cosa, non so quanti rimproveri e lavoro con la pala mi è costato per rimettere in ordine... la sua passione per i pomodori, per le mele, per l'uva, e più in generale per qualsiasi frutto dolce. Gli valse l'appellativo di “il tritatutto”. Per non parlare dei litigi con gli altri cani quando si andava dal veterinario: ogni volta generava una questione. Come non raccontare del suo abbaiare strano che una sera mi consentì di intravedere fuori al balcone un tizio con un cacciavite vicino agli infissi, il quale affermando di non voler fare niente di male se la diede a gambe levate. Ancora oggi mi chiedo come abbia fatto a non rompersele con un salto di 5 metri. Ma il tempo è passato in un attimo, io sono cresciuto, lui purtroppo è invece invecchiato. Forse avrebbe meritato di più, soprattutto negli ultimi tempi, ma altri problemi mi hanno obbligato a delle scelte, e non mi è stato quindi possibile prodigarmi per lui. Sono sicuro che non mi abbia potuto biasimare per questo.
Se escludo il cane, intorno a me vedo il deserto. Magari potrei dedicare 2 righe a chi mi ha dimostrato di avere 2 personalità, a chi mi ha saputo dare solo indifferenza, a chi ha fatto dell'insicurezza uno stile di vita, a chi gli sono servito per un periodo e poi basta, a chi mi accusa di non poter capire, a chi...? A chi, sorriderò, se non a te, diceva Fausto Leali. Bé, egli a quanto pare almeno aveva le idee chiare, cioè sapeva cosa voleva. Io invece? Mi sto ponendo un complesso interrogativo: ma io voglio sorridere a qualcuno? Cioè, ce l'ho veramente questa intenzione, o magari il mio è solo un modo per dimostrare a me stesso che a certe cose ci sto pensando ancora, ovvero, volendo fare una parafrasi, che il pugile può ancora combattere almeno un'altra gara dopo l'ennesimo KO. Questi guantoni non li ho buttati perché voglio realmente tornare sul ring, o solo per continuare a vivere nell'illusione che un giorno potrei usarli ancora? Mi devo convincere che salire sul quadrato implica mettersi in gioco, beccarsi volenti o nolenti per forza qualche colpo. E sono pronto io a questo? Accetterei di farmi di nuovo male, di procurarmi ancora qualche altra ferita? Non è facile. Devo inoltre convincermi che il mio avversario sarà per me sconosciuto, e che potrò e dovrò studiarlo solo durante il match. Non esiste la pretattica, e siccome tra l'altro io conosco un solo modo di combattere, le congetture mi servirebbero a ben poco. La mia gara la devo costruire round dopo round: è questo l'unico modo che ho per vincere. E se malauguratamente dovessi perdere? Come la mettiamo? Io sono uno che pur di non perdere, non gioca. Finché intenderò affrontare la vicenda in questi termini, non farò molta strada, lo so, ne sono consapevole. Magari, riflettendoci bene, il deserto me lo sono creato io intorno a me, con il mio pessimo carattere, come mi ha fatto genialmente notare qualcuno. E' vero, ammetto che la mia inflessibilità non agevola il perdurare di rapporti, visto che basta una minima incomprensione per destabilizzarmi, ed è altresì palese il mio scetticismo preventivo verso chi prova ad avvicinarsi a me, che mi porta ad essere irragionevolmente aggressivo. Ma questo è il mio modo di essere, se devo accontentare per poi accontentarmi io, preferisco che rimanga scontento almeno solo il sottoscritto, e se non concedo fiducia a priori, è perché chi ne paga poi le conseguenze sono sempre io.
Come diceva il saggio Lubrano: - La domanda nasce spontanea... ma allora cosa voglio?
- La risposta è... Non lo so.
Sintesi: Prima di scavare, bisogna avere le idee chiare su cosa si vuole trovare
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Rileggendo il mio intervento, era il primo, (uno ci tiene anche a vedere il figlio dopo averlo partorito, no?), mi sento di essere stato un po' polemico, un po' come Beppe Grillo. Non me ne voglia il buon... non so come definirlo. È un comico? E' un presentatore? E' un teatrante? Cos'è? E' un italiano. Ad ogni modo non è mio scopo cercare il paragone con una persona che penso faccia questo come mestiere, ed ogni lavoratore merita tutela così come ogni lavoro merita rispetto. Se vi appassiona questo genere di discorsi, bé, andate sul suo sito che presumo possa interessarvi maggiormente. Io non mi posso assumere certe responsabilità perché non mi documento, faccio solo delle congetture, nulla di più. Sono tuttavia parlante anche io, come l'insetto, ma come lo siete tutti voi. Magari la mia voce è tediosa, poco gradita, anticonformista, tutto quello che volete, ma alla stregua di quelle di tanti altri, anche la mia è in capitolo. No, che avete capito? Non nel senso che sta capitolando... a volte capita questo tipo di incomprensione, ma mi riferisco al capitolo di un libro, è un modo di dire, per dire che anche io ci sono! Di capitolazioni si parla quando ci sono delle guerre e di rese. Ma che guerre ci sono oggi? Le guerre o sono mondiali, o non ci vanno sui libri di storia; oppure ci vanno, ma qualche professore le considera minori, come i poeti minori di cui basta sapere l'inquadramento temporale, il periodo storico, la corrente letteraria. Tutto il resto è noia, come pure quello che io dico. Se ci limitiamo a considerarli semplici “screzi”, ce ne saranno almeno trenta nel mondo, qualcuno lo vediamo in tv perché ci vanno i nostri soldati non ho ben capito a fare cosa... la pace? Bé, a me sembra più un business questo delle missioni: un modo per far lavorare la gente, per dare una boccata d'ossigeno all'indotto. Ogni tanto si sente che qualcuno ci lascia, ok, ma quante persone ci lasciano per incidenti “civili”? Quelli almeno lasciano ai familiari una medaglia e qualche soldino guadagnato nei pochi anni in cui sono stati arruolati. Ma sono stati arruolati o si sono arruolati loro? L'hanno fatto per la patria o perché non avevano un futuro diverso? Il futuro ci sarebbe, qui, a combattere la criminalità che serpeggia tra le nostre strade. Del resto sono addestrati per pericoli sicuramente maggiori che prendere un ladro che entra in casa di qualcuno e gli porta via anche il materasso su cui dormiva. Penso che mettere uno di loro per strada per 8 ore potrebbe fruttare molto di più che se mandato all'estero. Sapranno anche fare le multe per divieto di sosta, io credo. Tuttavia se ognuno di loro facesse il suo dovere, si riempirebbe buona parte degli stadi per metterci dentro gente colpevole di un reato. Ma gli stadi servono la domenica. Ed il sabato. Ed il venerdi ed il lunedi per anticipi e posticipi. Insomma, lo stadio decisamente non va bene. E delle altre guerre? Se non se ne parla, significa che non interessano a nessuno: che c'entriamo noi con le diatribe di qualche sperduta popolazione africana che invece di provvedere a costruire scuole, ospedali, acquedotti, fabbriche non dico di elevato spessore tecnologico, ma almeno manifatturiere. Che ne fanno i soldi? E' vero che pagano i debiti contratti con noi Occidentali, ma io vorrei capire che ci fanno ragazzi di 10 anni che imbracciano un fucile più alto di loro e si mettono a giocare a Metal Slug 4 per Playstation? Che genitori hanno, se ce li hanno... e che gli insegnano? Che esiste il Dio Bubù che è meglio di Bibà, quello in cui credono quelli del villaggio vicino. Perché non gli insegnano che il Pisa è meglio della Fiorentina? Allora che cuociano nel loro brodo, finchè si scannano tra di loro, che ce ne frega se credono ancora a Pinocchio? Al massimo gli mandiamo un sms una volta l'anno, così gliela restituiamo la retta del mutuo e siamo più felici per Natale. Se avete la scheda Tre ci va direttamente Claudio Amendola con la bionda a portargli il videofonino, per farglielo vedere ad uno ad uno. Ho letto da qualche parte che una importante casa produttrice di hardware (pezzi per computer), aveva in progetto la costruzione di particolari computer portatili per i bambini del Terzo Mondo (ma quanti mondi ci sono?). Prescindendo dalla maniera in cui queste macchine si sarebbero alimentate nella giungla (a pannelli solari magari), prescindendo dalle condizioni climatiche (sole, polvere, umidità) in cui avrebbero lavorato i componenti elettronici (ma provate solo a leggere come va conservato un semplice Cd-Rom), prescindendo dalla qualità della connessione di rete (ADSL 2 mega o 4 mega?), prescindendo dal fatto che il più intelligente di quei bambini lo userebbe come schiaccianoci viste le competenze più algoritmiche che informatiche che hanno, prescindendo dalle norme giuridiche a tutela del sistema operativo che vi si sarebbe installato sotto l'egida di Mr.Gates (un Win XPoveri, credo), prescindendo da forse altre 3000 circostanze più o meno risolvibili con uno sforzo immenso, ho letto anche che il progetto è miseramente destinato a fallire per gli elevati costi a cui l'azienda sarebbe dovuta incorrere. Però mi rimane il dubbio su chi gliele procura le armi? Bin Laden? O i produttori di videogiochi? Le mine penso che siano Made in Italy, per il resto non so.
Sintesi: tutti abbiamo il dovere di parlare, qualcuno avrebbe il diritto di stare zitto
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Il buon Garibaldi non immaginava che la sua opera, a distanza di anni, sia ancora ferma come i lavori della SA-RC. Quella bettola a Teano è ancora in piedi, e lì "l'eroe dei due mondi" consegnò fiero le chiavi dell'Italia a interessi zero: una spider da 200 cavalli? no, un semplice gregge di pecore che è stato, è, e sarà probabilmente guidato sempre da cani. Sì, cani, i primi erano di razza, ma strani, perché il collare lo portavano in testa, poi si è deciso che i cani dovevano essere di ogni luogo e tipologia. Alcuni di questi, i più famelici, ci sono ancora, molti avevano le zampette non proprio pulite e sono stati messi nel canile, degli altri si stanno facendo le ossa da qualche annetto. O forse se le stanno mangiando? Ecco perché qualcosa non va... Ai posteri l'ardua sentenza, se immaginiamo che ce ne saranno ancora! Io posso solo dire che forse capisco cosa intendeva dire Giorgio Gaber quando cantava... "io non mi sento italiano". Certo, abbiamo vinto i Mondiali (anche io? anche tu? ma si dai, quando le cose vanno bene siamo tutti vincitori). Il fatto è che siamo Italiani solo quando ci conviene... furbi. Ci sentiamo Italiani nell'arte, ma grazie a uomini che ai tempi loro ce l'avevano una concezione di Italia? Non credo. Poi,in cos'altro abbiamo questo spirito nazionalista? Sicuramente quando dobbiamo pagare le tasse. Quindi quando c'è un evento positivo, abbiamo un Paese in festa, o una Festa in paese...? Bisognerebbe decidere in che ordine vanno le cose e quale direzione prendere, ma la nazione si è divisa a metà, allora siamo destinati ad andare un passo a destra ed uno a sinistra ogni 5 anni, se tutto va bene, perché poi, volendo, ci sarebbe anche da considerare lo spostamento invisibile in latitudine di cui non è il caso discutere. Longitudinalmente, morale della favola, è che torniamo sempre nello stesso punto. Punto, come l'auto, auto come quell'assemblato di ferro e plastica (+ plastica, mi si convenga) che tutti odiano ma a cui nessuno rinuncia. Ovviamente infischiandosene dell'inquinamento, tanto basta pagare il bollo, e per lo Stato poi non inquina +, sarà per una magia, oppure perché così hanno deciso gli agnelli, ops..., le pecore, di cui si parlava prima. Il lettore attento osserverà che magari si dovrebbe alludere ai cani, e non alle pecore, ma sono le pecore che si scelgono i propri cani da quando il pastore non conta più granché: non a caso esiste il cane pecora, quello che viene definito dagli inglesi lo sheepdog. Finchè qui nel Belpaese ce ne sarà di erba, le pecore produrranno latte, lana, e tutto andrà bene; ma i prati non sono infiniti, e le bestie ed i piromani sono in aumento. Meditate.
Sintesi: fare gli Italiani è un progetto utopistico
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Inviato da: aprilia20101
il 08/04/2013 alle 23:51
Inviato da: myspirit_26
il 13/09/2007 alle 17:16
Inviato da: l.aSTREGA
il 12/09/2007 alle 21:37
Inviato da: blancamaria
il 19/06/2007 alle 09:26
Inviato da: enricodep
il 27/05/2007 alle 19:36