Porte di Tannhäuser

Let's ride !


La sveglia alle sette del mattino mi sottrae dalle braccia di morfeo con il suo odioso trillo, il primo impulso è sempre quello di tirarla contro un muro per zittirla, definitivamente. Ehi, aspetta, se ha suonato alle sette in un giorno d'agosto ci sarà un perchè, no? Ma certo, comincio lentamente a riaccendere il contenuto della scatola cranica e ricordo che il programma di oggi è Val Resia, 30 km e quasi un migliaio di metri di dislivello, ovviamente in compagnia di altri pazzi come me e dei nostri amati cavalli d'acciaio (anzi d'alluminio) dalle ruote grasse (e senza motore ...). So che dovrò soffrire, anche perchè, dal punto di vista ciclistico, non sono certo al top della forma, sinceramente però non mi interessa più di tanto, non ricordo una sola volta in cui non sia valsa la pena di partire. Preparo borraccia, scarpe, casco, panino, camera d'aria e fuffa varia e mi fiondo al rendez vous, il mitico bar Dr coffee & Mr ice, punto di raduno per qualsiasi meta.Ovviamente sono sempre il primo ad arrivare, anche perchè sono l'unico puntuale. Approfitto per fare colazione, ingurgitando rapidamente cappuccino e brioche, sicuro che il loro aiuto mi servirà decisamente in seguito. Presto ci ritroviamo in quattro, gli amici di sempre, compagni di un bel pò di avventure in sella. Quattro chiacchere, carichiamo le bici e partiamo. Il viaggio verso l'inizio dell'itinerario vola via in un attimo, con il povero Claudio che viene aggiornato sulla mia infinita serie di casini sentimentali dell'utimo periodo mentre raggiungiamo il punto di partenza, la piccola chiesa di S. Martino nel minuscolo paesello di Resiutta, perso alla base della maestosa cima del Canin e della catena dei Musi. L'inizio è piuttosto tranquillo, scaldiamo i muscoli lungo la strada che attraversa la Val Resia costeggiando un fresco torrente dalle acque trasparenti. I vecchi abeti che sovrastano la carreggiata portano ancora i dolorosi segni dell'incendio che colpì la valle un paio di anni fa, esponendo delle orribili bruciature nerastre lungo i primi metri del fusto. Gioisco del fatto che l'ennesima porcata fatta da un gruppo di idioti (sembra che l'incendio fosse doloso) non sia stato in grado di rovinare troppo il paesaggio. Il nostro gruppetto è compatto e inizia a far girare i pedali, la media comincia a salire verso i trenta all'ora, astutamente guadagno la coda del gruppo, a tirare non sarò certo io questa volta. Raggiungiamo la salita che ci porterà verso l'ultimo paesello prima della pista forestale, Claudio e Francesco sono già fuorisella mentre Massimo ed io optiamo per un più saggio (per noi) cambio di rapporto verso qualcosa di più agile, meglio non sottovalutare il dislivello previsto, anche perchè, da quel punto in poi, la salita non ci avrebbe più abbandonato per almeno una decina di km (glom, meglio non pensarci troppo su...). Come da regola, finchè c'è asfalto sotto le ruote, il vero biker non si spaventa di certo, il problema è che la pista sterrata a fondo sassoso è arrivata presto, molto presto. Si comincia a spingere sul serio sui pedali, la pendenza aumenta e il fondo sembra sempre peggio tra mille pietre, piccoli dossi e buche. Il gruppetto presto è costretto ad allungarsi, putroppo è molto difficile mantenere un ritmo che non sia il proprio, in ogni caso conservo coraggiosamente la terza posizione. Mentre soffro per mantenere un ritmo decente, la vista si perde lungo meravigliosi scorci della valle, il panorama è da mozzare il fiato e sembra migliorare costantemente man mano che aumenta la quota. Quando è troppo è troppo però! Dopo circa sette km di salita ininterrotta, la mia milza decide di darmi un ultimatum improrogabile: "o ti fermi qui e subito o esplodo in mille pezzi", che dire? Decisamente il coltello dalla parte del manico l'aveva lei. Invoco la pausa, quindi, approfittiamo per tirare il fiato e fare qualche foto (spero di postarle presto,sempre che me le mandino). Un rapido consulto della cartina indica che, dopo ancora un paio di km di dolore e fatica, ci aspetta un tratto in falsopiano, condito da qualche goduriosa discesetta. Rinfrancato nel corpo e nello spirito rimonto e in sella e cerco di dare battaglia al buon Francesco, per un pò mi lascia fare, poi fa capire chi comanda e mi stacca. Maledetto! Finalmente raggiungiamo il punto altimetrico più elevato (un migliaio di metri circa) e finisce la salita, bene, è ora di iniziare a correre un pò! Al primo tornante in discesa tiro una derapata di 90° gradi con la ruota posteriore, recupero per un pelo l'assetto, rischiando di prendere in pieno un albero! Il fondo ghiaioso non perdona, decido quindi di essere molto più prudente in modo da evitare ai miei compagni di sventura di dovermi raschiare via da un abete. In ogni caso è difficile sopprimere l'istinto di quattro maschi adulti (fisicamente almeno) a fare i deficienti e scatta la competizione, nessuno vuole rimanere indietro e i sorpassi si susseguono l'un l'altro a ritmo frenetico, oh yeah! Finita la discesa iniziano i problemi, la nostra guida si rivela ermetica e criptica nella descrizione della strada da prendere, facendoci sbagliare per tre volte di fila, ma, cosa ben peggiore, finiamo l'acqua delle borraccie, proprio prima dell'ultimo bastardissimo strappo. Voglio spendere qualche parola per la descrizione dell'ultima salita, in pratica un'opera del demonio, un km al 23% di pendenza e un fondo impossibile in mezzo ad una pineta. Non c'è verso, per di qua in sella non si passa. Claudio, il trattore umano, tenta un approccio disperato verso la rampa e riesce a mangiarsi i primi cento metri, ovazione del pubblico e birra pagata al bar! La triste verità è che dobbiamo arrenderci tutti e ci troviamo a spingere le bici quasi fino in cima, accompagnati da visioni mistiche causate dalla fatica e dalla sete. Guadagnata la sommità dello strappo, però, veniamo ripagati da una splendida visione del canal del ferro e del monte Canin, troppo stanco per posare, vengo fotografato di spalle (almeno non sembrerò stabico he he... questa la capiamo in due, anzi tre). Massimo annuncia la lieta novella, da qui alla fine dell'itinerario tutta discesa, evvai, gioia e tripudio, ho finito di faticare. Si, come no? Altra regola della mountain bike, non cantare vittoria finchè non sei sul divano di casa. E' vero, da quel punto ho smesso di faticare con le gambe, ma ho decisamente iniziato a mettere a dura prova schiena e braccia lungo i dieci km a pendenza negativa che ci separavano dalla base della valle. La discesa era su fondo sassoso, ma la mancanza di un drenaggio adeguato l'ha ridotta ad un ammasso di pietre senza seoluzione di continuità, tutta sassi e tornanti, impossibile fare velocità qui, l'obbiettivo è quello di sopravvivere e mantenere la bici sulla pista. Arriviamo alla macchina belli stanchi, ma tutti interi, è il momento del galletto alla brace (specialità della località) e di una bella birrozza gelata. Grazie ai ragazzi per una giornata davvero splendida. Lo rifaresti ? Anche subito. Anzi no, meglio che mi dimettano prima ! ^___^ Ps. Se vi siete sorbiti il racconto fino qui sono lieto di annunciarvi che avete appena guadagnato mille punti stima! Attenti però potrei anche pensare che argomenti del genere vi interessino.... Spero di allegare qualche foto prima o poi, alcune meritano veramente.