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il cosiddetto piano casa della regione veneto

Post n°1 pubblicato il 21 Luglio 2009 da recort
 

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Il cosiddetto “Piano Casa” della regione veneto

Vorrebbe essere di sostegno al settore edilizio e di promozione della qualità abitativa ed edilizia in genere, ma non fa cenno alla necessità di dare risposta alla domanda di nuovi alloggi mediante il recupero, tuttavia l’averla denominata politicamente  “Piano Casa” conferisce una terza qualità alla legge in argomento.   Dei  tre obiettivi  probabilmente non se ne raggiungerà nemmeno uno in maniera soddisfacente.

Infatti molti degli interventi saranno superfetativi, inevitabilmente, e per questo eseguiti da imprese edili marginali e dequalificate e dunque il sostegno al settore edilizio non sarà di rilievo.

Non è credibile che la qualità edilizia ed abitativa in genere sarà incentivata dall’aumento di cubatura: infatti la norma riguarda edifici in zona propria dove solitamente i PRG assegnano indici fondiari già elevati proprio per favorire il recupero e la riconversione anche con cambi d’uso e dove invece prevarrà la nuova norma c’è il fondato rischio che i PRG avessero previsto limiti proprio per finalità di tutela della morfologia urbana e della qualità dell’ambiente urbano: verrà allora promosso il degrado urbano. 

Resta l’obiettivo “Piano casa” che giustamente e onestamente non trova riferimento nel testo di legge, ma che comunque ne costituisce l’origine: la norma sull’ampliamento degli edifici esistenti c’è già in tutti i Piani Regolatori e per effetto anche della legge regionale 21/98 con varianti di approvazione comunale  sono stati innalzati gli indici di molte zone omogenee di completamento. Tuttavia nel caso del comune di Piazzola sul Brenta ad esempio , in dieci anni di gestione del PRG, i casi di richiesta di variante per innalzare le cubature edificabili sono praticamente inesistenti, a fronte invece di una altissima richiesta di recupero di fabbricati dimessi. 

Poiché ad oggi solo 128 comuni sono con  PAT/PATI  adottati  e 57 approvati, a cinque anni dall’entrata in vigore della legge 11/2004 la regione si è posta il problema dello sblocco parziale delle varianti al PRG magari limitate al recupero dell’esistente e per la prima casa e magari con procedura di approvazione locale? 

Questa legge presenta  analogie che riportano alla memoria la legge regionale 21/98, quella che ha previsto le mini varianti ai PRG da risolversi a livello comunale. Presentata allora come una innovazione epocale e tale era, apparentemente, considerando i tempi astronomici impiegati dalla regione per approvare anche variantine insignificanti, ben presto quella legge ha rivelato la sua vera natura forse non voluta. Sembrava il rimedio per lo snellimento burocratico, ma ben presto la vicenda ha preso un'altra piega: la regione è stata sommersa da un’ondata anomala di varianti di sua competenza, con la conseguenza ultima  che gli amministratori locali conoscono: blocco delle varianti al PRG anche per interventi minimi quali i cambi d’uso per il recupero del patrimonio dismesso in area agricola, ma parallelo decollo degli accordi (PIRUEA e altro) e degli sportelli in variante agli strumenti urbanistici e non certo, come si è visto, per dare riposta a bisogni primari .

Se il sostegno che la legge dà è di poco o nullo rilievo invece  ben più grave è l’effetto collaterale : essa apre la breccia allo smantellamento di un insieme di piani,  norme e regolamenti che con fatica le amministrazioni locali  venete avevano costruito in trent'anni circa di pianificazione urbanistica e che gradualmente erano entrate a far parte della  cultura locale.  Certo c’è ancora molto da fare per “ricostruire” il giusto ed equilibrato rapporto con il territorio che ha caratterizzato la storia degli abitanti del veneto, ma questa legge di certo non giova: va in un'altra direzione perchè con il pretesto dell'aiuto alle famiglie e alle imprese (piano casa) apre la strada allo smantellamento di quel che resta dell'apparato normativo urbanistico, svilisce il lavoro di tanti diligenti funzionari tecnici pubblici, mette fuori gioco i comuni.

Non era più giusto e più efficace consentire/prevedere  che i comuni a mezzo di varianti al prg disciplinassero un intervento straordinario a favore della casa e della qualità edilizia?

L’incentivo all’ampliamento della  prima casa viene stabilito dalla regione utilizzando soldi dei comuni (sconto su oneri comunali) ed in più viene stabilito che entro il 30 ottobre i consigli comunali deliberino se applicare in toto o limitare l’applicazione della legge che però nel frattempo per la prima casa viene applicata il giorno successivo all’entrata in vigore, ovvero l’11 luglio scorso.

Ci saranno comuni disposti a giocarsi il consenso costruito magari sui principi di legalità, sostenibilità e  corretta gestione del territorio, negando l’applicazione di una legge che nel frattempo avrà premiato i più svelti che spesso sono anche i più furbi e i più attrezzati?

Le amministrazioni locali devono attivarsi quanto prima per regolare alcune mostruosità contenute nella legge


ALCUNE DOMANDE

 

  • In deroga , significa che il volume autorizzato sarà per sempre un extra; a fianco dei volumi condonati nel futuro avremo anche i volumi cosiddetti  “derogati”?

  • L’ampliamento è del 20 % del volume, ma conteggiato come? Si ha presente che i comuni hanno una casistica molto variegata di modalità di conteggio?

  • Chi e come valuterà la compromissione dell’ armonia estetica,  che aprirà la strada alla realizzazione di manufatti edilizi separati?

  • Nel caso di edifici a tipologia plurifamiliare è ammesso intervenire singolarmente per unità abitativa con esiti architettonici imprevedibili. Non si capisce perché, tra tutte le tipologie, solo quella a schiera sia stata considerata degna di rispetto. Invece è proprio  la schiera, tra le varie tipologie plurifamiliari, quella che più di ogni altra si sarebbe prestata ad interventi di ampliamento coerenti dal punto di vista architettonico,   fatto salvo il buon rapporto di vicinato nel caso non regolato da condominio. E invece si è previsto non solo l’obbligo di predisporre progetti unitari per le schiere, quasi fossero degli oggetti architettonici intoccabili, ma anche che al progetto segua una realizzazione unitaria e uniforme con le stesse modalità per ogni  casa (vengono proprio definite così) appartenente alla schiera: in pratica è una pluralità di condizioni che sono impossibili da realizzarsi contestualmente. 

  • Nel caso di demolizione e ricostruzione  finalizzato al risparmio energetico viene previsto un incremento del 40% elevabile al 50% se con forme architettoniche diverse dall’esistente in tal caso però soggetto a Piano Attuativo. E’ difficoltoso comprendere l’obiettivo politico di tale norma. Tuttavia la ricaduta potrebbe essere pesantissima: si tratta infatti di ampliamenti in deroga ai quali va aggiunta la volumetria già prevista dal PRG.

  • All’art. 4 viene previsto che le attrezzature turistiche possano essere ampliate fino al 30% anche se ricadenti in area demaniale; poiché non viene specificato, si tratta sempre di interventi in deroga?

  • All’art. 5 viene affermato che le tettoie e le pensiline per gli impianti fotovoltaici non concorrono a formare cubatura, ma questo non sembra  sufficiente per ammetterne la realizzazione in deroga alle norme del PRG e dei Regolamenti.

  • All’art 6 viene stabilito che il titolo edilizio abilitativo obbligatorio  è la DIA e non sembrano ammesse altre modalità alternative.

  • Art. 7 è implicito che con l’ampliamento non posso ricavare altre unità abitative per beneficiare della immediata operatività della legge compreso l’abbattimento degli oneri del 60%. Possono beneficiare della riduzione anche pratiche edilizie per le quali è in corso il rilascio del permesso di costruire nel caso di prima casa e ampliamento entro il 20%? Possono beneficiare della riduzione degli oneri per la parte compresa entro il 20% della cubatura  le pratiche in corso per ampliamenti superiori al 20%. La riduzione deve essere conteggiata d’ufficio o su specifica  istanza?

  • Art. 8 viene stabilito che l’elenco degli interventi  è a fini conoscitivi, tuttavia per il futuro queste volumetrie godranno di un regime  speciale di deroga e dunque definirlo a “fini conoscitivi” non sembra quantomeno improprio?

  • Art.9 lett. C la legge non si applica sugli edifici oggetto di tutela del PRG per i quali lo strumento urbanistico non consente gli interventi di cui ai medesimi articoli 2, 3 e 4. Se intervengo su un bene culturale per il quale il PRG ammette il 30% di ampliamento  (magari con un limite max di sup. ampliabile) posso aggiungere l’ulteriore ampliamento previsto dalla legge? E se non posso applicare la legge non potrò nemmeno avvalermi della facoltà di abbattimento degli oneri perché non intervengo ai sensi della legge?

  • Art. 9 punto 2 gli ampliamenti sono ammessi solo su aree che abbiano una destinazione compatibile con la destinazione d’uso dell’edificio da ampliare. La compatibilità viene stabilita dal PAT, dal PI, dal PRG? Le destinazioni residenziali non connesse alla azienda e al  fondo rustico sono compatibili?

  • L’art.9 punto 4 ammette l’ampliamento delle case di prima abitazione anche in assenza delle opere di urbanizzazione primaria  (strade, luce, gas, acqua potabile,  fognatura ecc.)  e senza l’impegno a realizzarle. E’ verosimile che la legge intendesse riferirsi agli standard primari pubblici (parcheggio e verde essenzialmente) ma questo non è detto. E' così che si migliora la qualità?

  • L’art. 9 punto 6 introduce il pericoloso concetto di volumetria esistente sulla carta o volumetria teorica ipotetica in area agricola alla quale applicare gli ulteriori ampliamenti. La campagna veneta non è già sufficientemente cementificata?

  • l’art. 9 punto 8 rivela quanto sia esteso il principio derogatorio generalizzato della legge che in sostanza sembra annullare il PRG ed il Regolamento edilizio: vale solo la normativa statale in “materia di distanze”, ma non si precisa se da strade, dai confini, dai corsi d’acqua, dai depositi di esplosivi o altro. Un vero colpo di spugna ad un sistema regolatorio delle distanze e dei distacchi in gran parte definiti a livello comunale per garantire standard elevati di qualità e sicurezza e che per quanto riguarda i confini di proprietà sembra far salvo solo il codice civile a meno che non preesistano pareti finestrate del confinante. Era proprio necessario stravolgere tutto per consentire ampliamenti di edifici esistenti e  per sostenere il settore edilizio?

  • Grazie ala Regione veneto il confinante potrà costruire edifici di qualsiasi altezza alla distanza di  tre metri dal vostro giardino; quando toccherà a voi costruire dovrete staccarvi di dieci metri dal suo edificio, ovvero costruire a sette metri dal confine: una bella conquista di civiltà!

  • L’art. 9 punto 9 prescinde dal fatto che i comuni non hanno autorizzato volumi, ma più spesso superfici utili. L’espressione “è comunque ammesso l’aumento…” significa che in ogni caso, anche se non ho gli standard e fatte salve le sole  norme igieniche, posso ampliare le superfici utili? E cosa centra questa operazione con il rilancio  anche qualitativo dell'edilzia?

Renzo Cortese

15 luglio 2009

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