epagogico

Ricordando oggi come se fosse già domani


Dentro, le pareti gialle. Un giallo canarino di quelli sparati che con la luce al neon si fa ancora più immobile, giallo e piatto. Pure le ombre dello scarno arredamento, come dipinte sul muro, si fregiano della loro immutabilità. Ombre inamovibili. Come le persone intorno a me.Anche gli oggetti, di plastica o di ferro, sempre gli stessi. Non sentono le stagioni e neppure vengono toccati dal tempo. Ogni tanto si rompono perché vengono usati male, con disattenzione o sbadataggine, ma se prendo un qualsiasi oggetto e lo metto qui, senza toccarlo, magari per un milione di anni, quello rimane ancora nello stesso posto. A meno che qualcuno non se lo porti a casa.La carta invece passa ma è solo apparenza: penso alla quantità impressionante di carta che viene imbrattata con nonchalance e poi passa come se non fosse mai passata. Archivi e archivi pieni zeppi di carta, distruggi documenti che mangiano carta, brandelli di carta, cestini colmi di carta appallottolata. Carta e poi ancora carta, infinita, bianca, senza rispetto, senza inizio né fine, proprio come il tempo.Fuori invece i colori cambiano, nonostante tutto continuano a cambiare. Adesso il cielo è tinto di grigio ma un grigio bello, bagnato e sferzato dal vento che è arrivato perché doveva arrivare. Mi piace percepire l’ineluttabilità dei colori, solo ogni tanto ci riesco e allora provo un barlume di speranza. Quel grigio ha fatto il suo cammino e adesso eccolo qui, davanti ai miei occhi. Ed oggi lo guardo come se ormai fosse già domani.