epagogico

“Il tempo passa anche sotto ai sofà”


Intarsio lento ed attento le mie alterne giornate che furono da bilocale ammobiliato, da cartoni di pizza da asporto impilati con cura maniacale. Scelgo il posto dei quadri come il posto delle fragole ed imparo a convivere con ciò-che-non-scelgo e non-ho-scelto, insieme ad ogni conseguenza che ciò comporta: lento e naturale discendere e discernere, senza nessuna forma di accanimento o adulterata astrazione. Saluto con la mano e sorrido al remoto ed innato fantasma della rinuncia (anche se so che sarà immancabilmente sempre presente ad ogni incrocio, lo so…), al muto spettro del cammino eterno nella grigia e primitiva giungla dei sentieri mancati (anche se so che mi sussurrerà ad ogni passo, lo so…). Sturo lavandini con pazienza, senza alcuna ingenua velleità o incanto, senza stuprare il mio tempo. Poggio l’orecchio alla nera imboccatura del tubo e sento l’eco verticale dell’acqua scorrere e scendere giù e poi più giù.Mi abbandono alla  gravità senza alcuna gravità: non mi chiedo se due corpi allacciati possano combattere il mondo intero e poi vincere. E’ un problema secondario.Mi limito a guardarti lieve negli occhi intrecciando inedite linee melodiche “che tanto il tempo passa anche sotto ai sofà”. Già…e passeggio canticchiando.