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Rita Levi Montalcini


Il 22 aprile Rita Levi Montalcini compirà 100 anni. Una vita dedicata alla scienza, una donna famosa e conosciuta in tutto il mondo, è il primo Nobel a compiere un secolo di vitaI suoi studi, cominciati in isolamento da ragazzina, continuano oggi in team e indagano nuove strade con cui curare le malattie del cervello, mentre la sua passione per la causa delle donne è ancora intatta: l’ex pioniera è attualmente senatrice a vita e aiuta con la propria fondazione le giovani africane. Il suo consiglio ed il suo segreto per arrivare ai primi cento anni è che "Bisogna essere ottimisti e coltivare il disinteresse totale alla persona" : « Non muoio io, muore il corpo. Noi sopravviviamo con i messaggi che abbiamo disseminato e mi fa piacere che quello che faccio continuer໫ Ciò che conta è mantenere il cervello costantemente attivo, anche se il corpo può lentamente decadere». Rita non si scoraggia mai, è un' ottimista convinta perchè, per lei, il pessimismo è una sconfitta in partenza Un convegno, «Brain in healt and disease», la celebra in questi giorni e domani il Presidente della Repubblica la festeggerà al Quirinale.Ha anche scritto un altro libro, “Le tue antenate”, dove ha analizzato la storia delle battaglie e delle scoperte femminili, dall’antichità a oggi, e, con enorme fatica, ha trovato 70 donne, a partire da Ipazia Lei ricorda tanti «furti» intellettuali dei maschi: «Spesso i contributi femminili passavano sotto il nome del marito o del padre. Un esempio è Emmy Noether, fondatrice dell’algebra moderna, che tra il 1915 e il 1919 fu costretta a insegnare a Göttingen con il nome di David Hilbert. Molte donne sono state mutilate nelle capacità intellettuali, secondo il famoso principio “Chi cerca la murusa se regordi: che la piasa, che la tasa, che la staga in casa”». Oggi «la situazione è cambiata nei Paesi ad alto sviluppo. Non certo nel resto del mondo, dove la donna è umiliata e distrutta». Le scienziate aumentano, eppure la scienza non è molto amata: sospetti e superstizione dilagano perché «se mettiamo il lucchetto al pensiero dell’homo sapiens, distruggiamo i vantaggi dell’evoluzione». Dalla fecondazione alle staminali, fino al testamento biologico, l’Italia è sempre in retroguardia: «E’ la scienza che ci rende diversi. Non utilizzarla vuol dire bloccare le nostre capacità mentali. Penso alle donne che lavorano nei miei laboratori all’Ebri. Vado tutte le mattine a seguirle. Ho il privilegio di un passato che mi permette di ricordare cose che loro non sanno». Rita ricorda il 1918 quando gli uomini erano al fronte e per compensarne la mancanza c’erano le bigliettaie: "Andavo da un tram all’altro per avere la gioia di vedere le donne in divisa. Mi sembrava un successo formidabile".  «A 20 anni dissi che non volevo essere né moglie né madre. Mio padre era un vittoriano. Rispose: “Capisco che non posso impedirtelo”. Non si è mai pentita di una scelta di vita tanto radicale :«Prima ancora di scoprire il famoso fattore di crescita nervoso NGF sapevo che doveva esistere. Il mio maestro era Giuseppe Levi, pioniere delle colture in vitro». Dalle ricerche pionieristiche degli Anni 30 al XXI secolo, dove il suo campo, le neuroscienze, sono in piena rivoluzione : «Lo sviluppo della scienza ha portato alla caduta delle barriere tra discipline, come fisica, chimica, biologia e così via. Un tempo il cervello era riservato a pochi specialisti. Non è più così». E’ un settore in cui l’Italia ha spesso brillato; in particolare «Volta e Galvani hanno studiato vari aspetti dell’elettricità, compresa quella animale, mentre Golgi vinse il Nobel per gli studi sui neuroni. Si ricorda l’epitaffio maschilista? “Qui visse a balia Alessandro Volta presso Elisabetta Pedraglio, il cui marito gran costruttore di termometri, gli infuse col latte materno quell’amore per la scienza che lo portò alla pila”. Divertente, no?». Spiritosa e femminista, Rita, una grande donna, il cui cammino è arrivato all’Ebri, European Brain Research Institute, l’istituto che lei ha voluto e che è diretto da Piergiorgio Strata : «Abbiamo cominciato cinque anni fa e abbiamo già raccolto straordinari sviluppi, ma la situazione finanziaria è pessima. Nel 2007 avevo deciso di chiudere. Poi abbiamo ricevuto finanziamenti pubblici una tantum. Però siamo di nuovo in crisi». Forte e coraggiosa e molto determinata; è diventata famosa la sua difesa della ricerca in Senato al tempo del governo Prodi, perché lo Stato trascura la scienza e gli scienziati : «Si muore per asfissia e per il disinteresse sulla ricaduta della ricerca nella vita sociale di tutti. Non utilizzarla vuol dire il suicidio. Ecco perché mi ha fatto piacere la visita del ministro Mariastella Gelmini, che si è dimostrata molto interessata all’istituto». All'Ebri rita e gli altri scienziati studiano anche l’Alzheimer e tante altre forme neurodegenerative perchè «le ricerche sull’attività del mio fattore NGF - una proteina essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza delle cellule nervose - si applicano a molti altri tipi di malattie, come quelle oculari». «Ci sono formidabili possibilità con l’NGF, ma ci vogliono i mezzi. E mi dispiace che sia così difficile convincere l’industria a investire in nuovi farmaci».Un augurio a questa grandissima donna piccola fragile e coraggiosa, che ha coltivato e continua a coltivare la sua intelligenza e le sue abilità, per altri 100  bellissimi compleanni !!!