Tra le nuvole

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Che cosè l'orror
 Spesso mi domando quale sia il modo più corretto per definire l’orrore: ovviamente, dal momento che sto scrivendo questo  post vuol dire che non ci riesco, magari sono sulla buona strada ma la cosa finisce lì. Per me è qualcosa d’indeterminato e indeterminabile: qualche tempo fa un blogger mattacchione, commentando scherzosamente un post ha scritto che il vero orrore è dentro di noi.Vero. Però non risolve la questione, anzi la riporta indietro di qualche secolo, verso quella sottile linea d’ombra esplorata ed indagata dalla letteratura classica: da Stevenson a Conrad. siamo tutti dei potenziali Dr. Jekill o dei micidiali colonnelli Kurtz.Che la letteratura ed il cinema offrano un vasto campionario di scienziati, baroni e personaggi con ottime referenze è un dato che deve far riflettere: anche Jack lo squartatore, tra una “sgozzatine” e l’altra pare frequentasse ottimi salotti per non parlare di un abile psichiatra con un debole per la carne al sangue.Molti di questi personaggi hanno perso la capacità di rendersi conto delle conseguenze delle loro gesta oppure sono animati  da un’insostenibile desiderio di conoscenza: a ben vedere è lo stesso destino che travolge il protagonista de “lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” che si ritroverà a fare i conti col fantasma del suo passato, Fedro.Ecco, Fedro rappresenta il limite, quasi impalpabile oltrepassato il quale non possiamo più fare ritorno. Ha ragione Lansdale che, in una recente intervista per la presentazione del suo nuovo libro, afferma che il male è solo uno dei tanti aspetti della nostra personalità e cedere ad esso significa operare una scelta consapevole. L’individuo che cede all’impulso oltrepassa un limite dal quale non può più fare ritorno: nel caso in questione il discorso era incentrato sulla sua personale considerazione della pedofilia ma il ragionamento può essere applicato, dal mio punto di vista anche al serial killer di prostitute, allo studente che entra a scuola sterminando decine di coetanei col fucile a pompa ed in una prospettiva più ampia persino a quel manipolo di deficienti che hanno dirottato gli aerei sulle torri gemelle, perché secondo me l’orrore è tanto più grave quando è originato dalla banalità del male.Ecco, ci siamo quasi.In una delle scene più crudeli di Schindler’s List, un ufficiale nazista tenta di eliminare un prigioniero ebreo  discutendo tranquillamente con un gruppo di colleghi. Qualcosa nel meccanismo della sua automatica s’inceppa  e malgrado i suggerimenti dei colleghi, non riesce a risolvere il problema, finché spazientito rinuncia e lascia in vita la sua vittima: dal mio punto di vista, in quei pochi drammatici istanti, gli ha tolto molto più della vita. Eccolo, l’orrore!E’ qualcosa che non riesco a mettere a fuoco ma che in qualche modo ho già incontrato, forse su scala ridotta.Magari l’ho visto negli occhi vuoti di un bullo che voleva pestarmi senza alcun motivo oppure nel volto carico d’odio di un automobilista al quale ho fatto perdere qualche istante della sua preziosissima vita perché andavo piano o mi attardavo a ripartire: se per caso state pensando che esagero, date un’occhiata alla cronaca degli incidenti stradali. Troverete l’orrore come in un discount, un tanto al chilo di macellato fresco, sposato con la banalità e stupidità umana.La società ci impone come standard il ritmo frenetico e la velocità e noi l’accettiamo passivamente: quanto ci rendiamo conto che il male è dettato dall’ambiente che ci circonda?Negli anni sessanta uno psicologo americano, Milgram, tentò di capire sino a che punto un singolo individuo possa eseguire degli ordini palesemente disumani, impartiti da un sistema organizzato ed autoritario. Nel corso della prova veniva richiesto ad un gruppo di volontari (che erano i soggetti inconsapevoli dell’esperimento) di colpire con una scarica elettrica una classe di allievi (complici dell’esperimento) nel caso in cui sbagliassero a fornire delle risposte legate ad un esercizio di  memorizzazione. Inutile dire che oltre la metà dei volontari impartì la scossa.L’esperimento considerato disdicevole costò a Milgram la radiazione dalla comunità scientifica benché per la prima volta avesse contribuito a mettere in luce un aspetto inquietante della psiche umana, scoprendo una terra di nessuno in cui l’essere umano cerca rifugio dalle proprie nefandezze: obbedivo agli ordini. Vale per gli Unni, vale per Eichman, vale per i dirottatori dell’undici settembre.“Cercò di nascondersi sotto la sua scrivania, lo sapevi? No, vedo che non lo sapevi. Gli stavano bruciando i capelli e piangeva. Perché in quell’istante aveva capito che non avrebbe mai posseduto un catamarano e non avrebbe mai più tagliato l’erba del prato…Urlavano tutti e lui sentiva l’odore del carburante di aereo e capì che stava per morire. Capisci questo? Capisci l’enormità di questo?Stephen King, bontà sua, nella sua ultima raccolta di racconti, ci conduce per mano dentro un orrore, letteralmente dentro, che ha segnato la nostra epoca in maniera indelebile.Sarò facilmente impressionabile, ma confesso che ho pianto.Non c’entrano i lupi mannari o la mano gelida che ti afferra il piede nel cuore della notte: quelli sono degli artifici usati per impressionare il pubblico. Scrivendo gli autori esorcizzano le loro paure, riversandole sui lettori: c’è un meccanismo morboso, non trovate?A proposito, volete fare un giro attorno alla mia personalissima linea d’ombra? Coraggio, non siate diffidenti: è assolutamente gratis.E’ la vigilia di capodanno di una ventina d’anni fa: mi sto preparando per un veglione che si preannuncia mitico. Un’ultima occhiata allo specchio, sono perfetto: i capelli ingellati al punto giusto, il pizzetto curato, trittico giacca/cravatta/gilet, camicia con i gemelli ai polsi, pantaloni di grisaglia e scarpe nuove. Quando mi muovo lascio dietro di me una gradevole scia di profumo, all’epoca pensavo fosse molto chic.Prima di uscire passai in soggiorno a salutare i miei: per me era inaccettabile che passassero la sera di capodanno da soli a guardare la Tv. Non provai né pena né tristezza, ricordo solo d’aver pensato una cosa terribile: Spero di non ridurmi mai così!Prima di andarmene mi chiesero se avessi voglia di cenare con loro e per tutta risposta alzai le spalle, quasi sdegnato. Anzi, non feci nulla per nasconderlo.Quella notte al veglione mi divertii tantissimo.Non potevo sapere. Non potevo sapere che pochi mesi dopo i miei genitori si sarebbero separati e la mia esistenza agiata e spensierata si sarebbe conclusa con la fine del loro matrimonio.Non m’importa se negli anni successivi il mio orgoglio abbia subito dei bruschi contraccolpi o le mie aspettative si siano drasticamente ridimensionate: anch’io ho capito che non avrei mai avuto un catamarano né un  prato con l’erba da falciare o una piscina personale nella quale immergermi ma lo considero il giusto tributo al mio egoismo ed alla mia vanità. Non mi stupisce, in fondo sono cresciuto educato da sani principi cristiani: hai voglia che tenti di estirparli, restano radicati come un marchio di fabbrica.Tutto quello che vorrei, col senno di poi, è rinunciare a quel dannato veglione per festeggiare quel capodanno assieme ai miei genitori.Tutto qui.Ok. Il giro è terminato, siete pregati di scendere. Grazie per averci scelto.