Ecco la bozza iniziale del progetto, tutte le parole in grassetto sono provvisorie:I raggi del sole piovevano impertinenti sul volto addormentato di Elisa, mentre il rumoreggiare caotico cittadino, si insinuava nella sua mente. Socchiuse gli occhi infastidita: una piccola ruga le incise la fronte delicata, che sormontava a sua volta, due labbra morbide atteggiate a broncio. “Tesoro è ora di alzarsi!” le sussurrò la madre con dolcezza, mentre le scostava i capelli dal viso e le poneva un bacio sulla fronte, che al tocco si distese. “Ancora un minuto mamma!” piagnucolò la giovane con voce assonnata “Lo hai detto anche cinque minuti fa” replicò la donna con un sorriso “Sono le sette e mezza” le spiegò infine e rimase in attesa. “E’ tardissimo!” urlò Elisa, balzando a sedere nel letto. Quel movimento repentino le causò una fitta lancinante alla testa, costringendola quindi, a sostare qualche minuto con la testa tra le mani e gli occhi chiusi: “Che stupida” imprecò a se stessa, udendo in sottofondo il riso argentino della madre “Ti ho acceso l’aria calda in bagno” la informò la donna di buon umore ed uscì dalla stanza. Quella mattina, non ebbe modo di godersi il caldo tepore nel bagno. Una rapida doccia ed in fretta in camera a vestirsi. Con un notevole sforzo riuscì ad infilarsi i jeans sulla pelle umida, mentre la maglietta acrilica rossa, frizionava pizzicandola ovunque. “Odio essere in ritardo” continuava a brontolare tra se, pettinando i lunghi capelli neri. Con vigore li legò in una coda alta, calcò gli occhiali sul naso e infilandosi la giacca, uscì correndo di casa. Era esausta dalla folle corsa, quindi, soddisfatta rimase ansante davanti all’enorme portone della biblioteca inspiegabilmente chiuso. Riportandosi in posizione eretta guardò perplessa l’orologio. “Non ti illudere!” le giunse nitida alle spalle, la voce familiare del vecchio Devio, il bibliotecario del paese: un uomo minuto, dai capelli bianchi e gli occhiali spessi. “non sei in anticipo” la informò, con una leggere nota canzonatoria, infilando nel contempo la chiave nella serratura “Sono io in ritardo” concluse, guardandola da sopra una spalla con un sorriso benevolo. A quel sorriso, lei gli rispose con un altro radioso “Mi sembrava strano!” ammise imbarazzata e portandosi una mano alla nuca lo seguì all’interno. “Allora dimmi, come sta la mia aiutante preferita?” le chiese l’uomo togliendosi cappotto e cappello “Bene, come sempre!” rispose lei imitandolo. “Hai già fatto colazione?” le chiese guardandola perplesso “Ovviamente no!” gli rispose allegra, come se quello fosse il solito rituale. In effetti lo era. Elisa era una studentessa universitaria. Il suo sogno? Diventare archeologa. Il sabato mattina, quando era esente dalle lezioni, faceva la volontaria in biblioteca. Con gli anni, otto circa, quel luogo era diventato per lei un tempio sacro, infatti, vi lavorava con una tale dedizione che sembrava davvero fosse tale. “Cosa vuoi stellina?” le chiese l’uomo avvicinandosi al telefono “Cappuccio e brioches” rispose, spulciando le schede con i prelievi settimanali. “Bastava che dicessi il solito” mugugnò lui “sei abitudinaria ragazza!” concluse scrollando il capo “Vero!” confermò lei facendo spallucce. “Tra dieci minuti arriva” la informò “va bene” e così dicendo sparì per alcuni minuti. “Dove eri finita?” le domandò Devio appena la rivide “Sono andata a posare i resi di ieri” spiegò con calma poi, sedendogli accanto chiese: ”Dimmi è arrivata qualche novità?” , “No stellina niente!” rispose questi dispiaciuto, conoscendola sapeva bene che non vi era libro in biblioteca, che lei non avesse già letto. Elisa sospirò affranta: “Peccato! Speravo in qualche novità, sono mesi che non arriva niente” , “Hai ragione!” concordò lui, che nel frattempo stava pagando il barista che era entrato con la colazione. Quando ebbero finito gli chiese: “C’è qualcosa che posso fare?” , “No stellina, niente!” , “Sicuro?” chiese speranzosa “Si” , “Qualcosina da riordinare?” riprovò ostinata “No davvero” replicò lui deciso “Sicuro, sicuro?” si azzardò a dire “ci sarà qualcosa lasciato alla deriva in questo posto?” Devio scrollò il capo “Sei l’unica persona che conosco, che si lamenta di non lavorare” affermò ridacchiando.Poco dopo, un lampo attraversò le sue iridi ghiaccio, come se fosse stato illuminato da un’idea, si alzò con un imprevedibile guizzo e si recò ad un cassetto. “Devio tutto ok?” , “Zitta” le intimò socchiudendolo, “Eccola!” esclamò sottovoce, estraendo una piccola scatoletta di metallo. Nel frattempo lei gli si era portata vicino e lo guardava interessata “Impicciona” la redarguì lui allegro. Dalla scatoletta estrasse una bellissima chiave in ottone ricamato “Vieni con me” le ordinò senza aggiungere altro. Quell’aria misteriosa la affascinava al punto, da non essersi resa conto che stavano attraversando la sala storia: una stanza circolare, con i pavimenti in parquet noce, ed alle pareti una scaffalatura dell’800 ricca di libri che seguiva il moto delle pareti. Adorava quella sala, non vi era mai stata un’ occasione in cui non fosse rimasta incantata dallo spettacolo, tranne questa volta. Fissava la schiena di Devio quando questi si fermò “Lo stanzino?” chiese lei perplessa, vedendolo inserire la bellissima chiave nella porta anonima “Ma tu… zitta mai?” la ammonì, poi la incitò ad entrare. “Lo stanzino, come lo chiami tu, in realtà è la sala dei testi antichi” le spiegò, chiudendole la porta alle spalle.
Sogniamo insieme!!!
Ecco la bozza iniziale del progetto, tutte le parole in grassetto sono provvisorie:I raggi del sole piovevano impertinenti sul volto addormentato di Elisa, mentre il rumoreggiare caotico cittadino, si insinuava nella sua mente. Socchiuse gli occhi infastidita: una piccola ruga le incise la fronte delicata, che sormontava a sua volta, due labbra morbide atteggiate a broncio. “Tesoro è ora di alzarsi!” le sussurrò la madre con dolcezza, mentre le scostava i capelli dal viso e le poneva un bacio sulla fronte, che al tocco si distese. “Ancora un minuto mamma!” piagnucolò la giovane con voce assonnata “Lo hai detto anche cinque minuti fa” replicò la donna con un sorriso “Sono le sette e mezza” le spiegò infine e rimase in attesa. “E’ tardissimo!” urlò Elisa, balzando a sedere nel letto. Quel movimento repentino le causò una fitta lancinante alla testa, costringendola quindi, a sostare qualche minuto con la testa tra le mani e gli occhi chiusi: “Che stupida” imprecò a se stessa, udendo in sottofondo il riso argentino della madre “Ti ho acceso l’aria calda in bagno” la informò la donna di buon umore ed uscì dalla stanza. Quella mattina, non ebbe modo di godersi il caldo tepore nel bagno. Una rapida doccia ed in fretta in camera a vestirsi. Con un notevole sforzo riuscì ad infilarsi i jeans sulla pelle umida, mentre la maglietta acrilica rossa, frizionava pizzicandola ovunque. “Odio essere in ritardo” continuava a brontolare tra se, pettinando i lunghi capelli neri. Con vigore li legò in una coda alta, calcò gli occhiali sul naso e infilandosi la giacca, uscì correndo di casa. Era esausta dalla folle corsa, quindi, soddisfatta rimase ansante davanti all’enorme portone della biblioteca inspiegabilmente chiuso. Riportandosi in posizione eretta guardò perplessa l’orologio. “Non ti illudere!” le giunse nitida alle spalle, la voce familiare del vecchio Devio, il bibliotecario del paese: un uomo minuto, dai capelli bianchi e gli occhiali spessi. “non sei in anticipo” la informò, con una leggere nota canzonatoria, infilando nel contempo la chiave nella serratura “Sono io in ritardo” concluse, guardandola da sopra una spalla con un sorriso benevolo. A quel sorriso, lei gli rispose con un altro radioso “Mi sembrava strano!” ammise imbarazzata e portandosi una mano alla nuca lo seguì all’interno. “Allora dimmi, come sta la mia aiutante preferita?” le chiese l’uomo togliendosi cappotto e cappello “Bene, come sempre!” rispose lei imitandolo. “Hai già fatto colazione?” le chiese guardandola perplesso “Ovviamente no!” gli rispose allegra, come se quello fosse il solito rituale. In effetti lo era. Elisa era una studentessa universitaria. Il suo sogno? Diventare archeologa. Il sabato mattina, quando era esente dalle lezioni, faceva la volontaria in biblioteca. Con gli anni, otto circa, quel luogo era diventato per lei un tempio sacro, infatti, vi lavorava con una tale dedizione che sembrava davvero fosse tale. “Cosa vuoi stellina?” le chiese l’uomo avvicinandosi al telefono “Cappuccio e brioches” rispose, spulciando le schede con i prelievi settimanali. “Bastava che dicessi il solito” mugugnò lui “sei abitudinaria ragazza!” concluse scrollando il capo “Vero!” confermò lei facendo spallucce. “Tra dieci minuti arriva” la informò “va bene” e così dicendo sparì per alcuni minuti. “Dove eri finita?” le domandò Devio appena la rivide “Sono andata a posare i resi di ieri” spiegò con calma poi, sedendogli accanto chiese: ”Dimmi è arrivata qualche novità?” , “No stellina niente!” rispose questi dispiaciuto, conoscendola sapeva bene che non vi era libro in biblioteca, che lei non avesse già letto. Elisa sospirò affranta: “Peccato! Speravo in qualche novità, sono mesi che non arriva niente” , “Hai ragione!” concordò lui, che nel frattempo stava pagando il barista che era entrato con la colazione. Quando ebbero finito gli chiese: “C’è qualcosa che posso fare?” , “No stellina, niente!” , “Sicuro?” chiese speranzosa “Si” , “Qualcosina da riordinare?” riprovò ostinata “No davvero” replicò lui deciso “Sicuro, sicuro?” si azzardò a dire “ci sarà qualcosa lasciato alla deriva in questo posto?” Devio scrollò il capo “Sei l’unica persona che conosco, che si lamenta di non lavorare” affermò ridacchiando.Poco dopo, un lampo attraversò le sue iridi ghiaccio, come se fosse stato illuminato da un’idea, si alzò con un imprevedibile guizzo e si recò ad un cassetto. “Devio tutto ok?” , “Zitta” le intimò socchiudendolo, “Eccola!” esclamò sottovoce, estraendo una piccola scatoletta di metallo. Nel frattempo lei gli si era portata vicino e lo guardava interessata “Impicciona” la redarguì lui allegro. Dalla scatoletta estrasse una bellissima chiave in ottone ricamato “Vieni con me” le ordinò senza aggiungere altro. Quell’aria misteriosa la affascinava al punto, da non essersi resa conto che stavano attraversando la sala storia: una stanza circolare, con i pavimenti in parquet noce, ed alle pareti una scaffalatura dell’800 ricca di libri che seguiva il moto delle pareti. Adorava quella sala, non vi era mai stata un’ occasione in cui non fosse rimasta incantata dallo spettacolo, tranne questa volta. Fissava la schiena di Devio quando questi si fermò “Lo stanzino?” chiese lei perplessa, vedendolo inserire la bellissima chiave nella porta anonima “Ma tu… zitta mai?” la ammonì, poi la incitò ad entrare. “Lo stanzino, come lo chiami tu, in realtà è la sala dei testi antichi” le spiegò, chiudendole la porta alle spalle.