un vecchio estraneo

un pò di parole scritte quà e là

 

GRAZIE PER QUESTE PAROLE

Così di notte, quando tutto era silenzio nella strada,
io scavalcavo la finestra e camminavo con le scarpe in mano,
e m'infilavo nella luce fioca della sua bottega,
per sentire la voce di quel piccolo uomo.

Così di notte in quella stanza dove mi dimenticavo il tempo,
io stavo ad ascoltarlo di nascosto mentre lui leggeva
parole di romanzi e versi come cose da toccare
e al frusciare di pagine mi sentivo volare...
e le parole come musica di seta
mi prendevano per mano,
e mi portavano lontano dove il cuore
non si sente più lontano:
dentro le immagini, nei libri e nella pelle
di chi aveva già vissuto cose tanto uguali a me;
nella follia d'essere uomo e nelle stelle
per andare oltre il dolore più inguaribile che c'è;
e le parole si riempivano d'amore,
le sue parole diventavano d'amore,
le sue parole diventavano l'amore

Così la notte,quando gli incendiarono la casa,
e la gente rideva e diceva che era finalmente ora,
capii che c'è davvero una diversità infinita
tra imparare a vivere e imparare la vite:
guardavo il pifferaio che si portava dietro le parole
e se le trascinava nella luce bianca della luna:
non si voltò, non si voltò neanche a salutare,
se le prese su tutte, e le gettò nel mare...

e le parole del libraio da quella sera
se ne andarono per sempre,
e mi lasciarono con gli occhi di un bambino
che non può sognare più:
tutte le sere torno con le scarpe in mano
per vedere se da qualche parte le riporterai;
di giorno provo a ricordarmele, ma invano,
troppi uomini non cambiano e non cambieranno mai:
parlano tutti, ma non dicono parole,
le loro cose non diventano parole:
mi manchi tu, mi mancano le tue parole...

Ma ci son sere che scendendo verso il mare
mi sembra come di sentirti, e non ti vedo:
ma se m'illudo che sia ancora tutto vero
quasi ci credo.
Roberto Vecchioni - Il libraio di Selinunte

 

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ATTRAVERSO LE NUVOLE

Post n°47 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da estraneoinme
 

L'INCONTRO CON I SUOI OCCHI TRISTI
AVVENNE NON SO COME O QUANDO,
DI GIORNO O DI NOTTE,
CHE IMPORTANZA AVREBBE.
I GIORNI SI CONFENDEVANO L'UNO CON L'ALTRO.
VOLARE ERA DIVENTATO DIFFICILE,
LE NUVOLE ERANO NERE, SPESSE,
CARICHE DI ELETTRICITA'.
IL RISCHIO ERA DI RIMANERCI DENTRO,
DI RIMANERE NEL BUIO,
DI RICEVERE QUELLA SCARICA ELETTRICA
CHE AVREBBE PROVOCATO UNA CADUTA
A TESTA IN GIU'.
NASCEVA LA PAURA,
LA PAURA DI VOLARE,
DI VIVERE,
DI RESPIRARE.
NASCEVA LA PAURA DEL DOMANI E DEL PRESENTE.
NASCEVA LA PAURA DI NON TROVARE
IL SOLE DIETRO ALLE NUVOLE NERE, SPESSE,
CARICHE DI ELETTRICITA'.
L'INCONTRO CON I SUOI OCCHI TRISTI
AVVENNE NON SO COME O QUANDO,
DI GIORNO O DI NOTTE,
CHE IMPORTANZA AVREBBE. 
I GIORNI SI CONFENDEVANO L'UNO CON L'ALTRO.
VOLARE ERA DIVENTATO DIFFICILE,
LE NUVOLE ERANO NERE, SPESSE,
CARICHE DI ELETTRICITA'.
FU ALLORA CHE MI ACCORSI
CHE ERO NUOVAMENTE VOLATO IN ALTO,
ERO AL DI SOPRA DELLE NUVOLE.
VEDEVO IL SOLE,
VEDEVO LE NUVOLE,
NON VEDEVO LA TERRA.
NASCEVA LA PAURA DEL DOMANI E DEL PRESENTE.
NASCEVA LA PAURA DI RITORNARE SULLA TERRA
NASCOSTA DIETRO LE NUVOLE NERE, SPESSE,
CARICHE DI ELETTRICITA'.

L'INCONTRO CON I SUOI OCCHI TRISTI
AVVENNE NON SO COME O QUANDO,
DI GIORNO O DI NOTTE,
CHE IMPORTANZA AVREBBE.
I GIORNI SI CONFONDEVANO L'UNO CON L'ALTRO,
VOLARE ERA DIVENTATO FACILE,
LA REALTA' ERA UN SOGNO,
UNO SPLENDIDO SOGNO
ERA VEDERE I SUOI OCCHI
SEMPRE MENO TRISTI,
SEMPRE PIU' DOLCI.
LA REALTA' ERA UN SOGNO,
UNO SPLENDIDO SOGNO
ERA SENTIRE IL SUO RIDERE CONTAGIOSO.
LA REALTA' ERA UN SOGNO,
UNO SPLENDIDO SOGNO
ERA SAPERE CHE VOLAVAMO
SOPRA LE NUVOLE,
VICINI AL SOLE
VICINI A NOI
CONSAPEVOLI DI QUANTI
GRANDI FOSSERO LE NOSTRE 
ALI.

E.B. 



 

 
Rispondi al commento:
michela964
michela964 il 27/01/09 alle 20:10 via WEB
Grazie fratellino per le tue splendide parole e per aver ridato luce ai miei occhi. Grazie per non aver avuto paura e per non avermi fatto avere paura di volare vicino al sole. Grazie per il nostro candore. Tvbm.
 
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NON LASCIARMI ANDARE VIA

Il dolore è una vela
così incredibilmente lieve
che nemmeno lo senti,
comincia con la cadenza
dolce della neve,
ed è lì che ti perdi.
Ha la faccia di un bambino
e gli occhi di un lupo triste
che ti lecca la mano,
conosce ogni parola che non esiste
e te le insegna una per una
piano piano
Ed improvvisamente ecco che hai dimenticato
com’era bello l’amore,
e te ne vai in giro
come un vecchio cane sfiancato
che non sente più nessun odore,
torni a casa con la divisa di un soldato
che non crede più nell’onore

Non lasciarmi andare, non lasciarmi andare,
non lasciarmi andare via,

Il bambino rincorreva
la sua barca di carta,
che ci vedeva la vita,
ma il tempo non ha tempo,
l’orologio s’incarta,
la bussola è impazzita
cammini dentro una nebbia
di persone e di cose
che ti facevano sognare,
e hai voglia di andar via
senza accampare scuse
per non aver saputo amare,
quando hai finito tutte le più inutili scuse
per potere restare

Non lasciarmi andare, non lasciarmi andare,
non lasciarmi andare via,

Non ne ho la forza né la voglia di provarci
e neanche le ragioni,
altro che balle, sentimenti, tuffi al cuore
e piagnistei per scrivere canzoni;
vorrei guardare più lontano,
ma lontano adesso è un tempo
spaventosamente breve,
vorrei sparire, cancellarmi, non amarmi,
risvegliarmi che non so nemmeno dove

non lasciarmi andare, non lasciarmi andare,
non lasciarmi andare via.
R.V.

 
 

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