estremalatitudine

corto 119


lei era bella, grande, alta, pannosa, piena di curve morbide nelle quali lui ogni volta si tuffava, cercando le sensibilità più segrete, più nascoste, tra le sue curve, all'interno delle sue valli.s'era conosciuti ad un corso di ballo e lui le era stato destinato perché era l'unico che più o meno le stava alla pari con l'altezza.certo all'inizio del corso lui per un po' aveva sbirciato le ragazze più snelle, meno flessuose, non fosse altro perché condurla nel ballo, all'inizio, almeno all'inizio, era stato, come dire, impegnativo. Le sue braccia la contenevano appena e le sue dita affondavano nella sua carne morbida.poi, serata dopo serata, la sua intelligenza, la sua ironia, la sua risata, la sua bellezza l'avevano ammaliato fino a quando aveva smesso di guardare le altre, era stato felice di avere lei come compagna di ballo e alla fine, dopo qualche settimana, le aveva chiesto di uscire.lei sulle prime aveva un po' resistito. poi aveva ceduto alla sua insistenza e, dopo qualche cena, qualche aperitivo e qualche cinema, ecco, si erano messi insieme.adesso quando la vedeva arrivare dal bagni, lui sdraiato nudo sul letto, lei che avanzava lenta, ancora sui tacchi, con i suoi grandi seni che si muovevano un poco a destra e un poco ora a sinistra, e i suoi fianchi, i suoi fianchi, grandi, bianchi, immacolati, come scogliere, sullo sfondo della parete scura, ecco, quando la vedeva arrivare e lei, lei gli si sdraiava di fianco e si lasciava morbidamente fare, ecco, lui, lui impazziva dal desiderio.muovere quella carne, farla tremare, trovare il punto tra le cosce, in mezzo al sedere, toccato il quale lei aveva un tremito e sospirava, e lui, lui insisteva, con la bocca, con la lingua, lì, proprio in quel punto, esattamente lì, dove la sua carne tremava alle sue carezze e lei, lei si bagnava, affondava nel desiderio, aprendosi tutta alle sue voglie, quella era la ricompensa, quello era il premio, non quelle sciacquette nervose, tutte nervi, che appena le sfiorava squittivano e si dimenavano. lei, la sua donna, lei sì che sapeva aspettare e gustare il piacere pian piano, fino a quando li travolgeva, entrambi, lui dentro di lei, spingendola fino all'estremo, fino a quando la sua carne, tutta, tutta, rispondeva in un attimo alle sue carezze e tutta, tutta era sua e del suo cazzo, che batteva su di lei, sulle sue cosce, sul suo sedere, sulle sue tette, labbra, ciglia, occhi, collo, mani e braccia, insistente e inesorabile come un metronomo lanciato di corsa dal maestro di piano.