etica televisiva

Calcio in TV


 Agli sgoccioli dei mondiali, con la nazionale di calcio mestamente a casa, riguardiamo quello che abbiamo visto con sguardo critico. Cosa ci resta? Sostanzialmente palinsesti strapieni di calcio, così pieni da offuscare non solo gli altri sport e tante migliaia di altre notizie. E' giusto? Ed è giusto sentir parlare con accenti drammatici di un gol subìto o di una palla che rimbalza su una linea di porta senza che l'arbitro misuri i millimetri?Certo è cosa buona il tifo, ma a tutto c'è un limite per non scadere nel grottesco: serve certo a non pensare ai nostri problemi, ma è nato prima l'uovo o la gallina? Cioè, è la TV che è gonfia di calcio perché la gente non sa pensare ad altro o la gente non sa pensare ad altro perché la TV è gonfia di calcio? E come fa l'operaio della Piaggio che viene licenziato ad entusiasmarsi e adorare chi in mezza giornata di gioco guadagna quello che lui/lei guadagna in un anno? Non sente e non si risente per la sperequazione? Tutto è addormentato nella nostra 
capacità di reclamare? Forse; e scatta la iconolatria, cioè quel fenomeno strano che ci fa sbraitare in atto di adorazione verso un televisore come se chi viene ripreso ci sentisse, fenomeno da analizzare, perché strillare è un atto di sfogo, ma non può essere l'unico atto di sfogo nella vita di un uomo, oltretutto comprensibile allo stadio dove si socializza e si comunica col rumore ma incomprensibile a casa, dove è solo segno di potere incatenato e forse frustrato. Ma questa palingenesi dello sport in TV ci richiama a come lo sport viene rappresentato quotidianamente: di norma le cose vanno meglio? Non direi: intanto si offuscano gli sport minori che sono minori solo perché non fanno guadagnare abbastanza ma che sono degnissime manifestazioni di coraggio e lealtà, senza hotel a 5 stelle, classe business negli aerei e protagonismo tra veline e pubblicità. Si offuscano gli sport dei disabili invece di metterli in palinsesto tutti i giorni per far vedere cosa davvero è l'uomo che non si arrende, e che invece sono relegati alle nicchie televisive peggio che i Sioux nelle riserve. Pensate che lo judoka che si allena tutti i giorni, cui per fare sport ad un livello alto non resta che avere la fortuna di farlo come rappresentante delle forze armate altrimenti nisba, valga di meno del calciatore strapagato che per meritare quanto guadagna dovrebbe perlomeno centrare un moscone sulla traversa della porta con un tiro da centrocampo dieci volte su dieci? E tutta questa smania di tecnologia in campo da moviole a microchip non disumanizza il calcio, togliendo anche l'indulgenza verso l'errore, e facendo diventare il calcio professionistico un fenomeno di stato (per un centimetro di fuorigioco non visto cadono governi e ministeri o crollano società quotate in borsa!), e quello dei dilettanti una rincorsa all'oro?Insomma: abbiamo perso e questo ci deve far riflettere non solo su chi sia il migliore allenatore o perché Cassano è rimasto a casa, ma su cosa ci propone la TV, se sia solo un soporifero per le coscienze, che concede spazi per incanalare e assoggettare la contestazione e l'insoddisfazione, o se invece dovrebbe dare di più. In caso contrario, non avremo perso solo il mondiale