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il CRUDELLO BRUT, vino di Busnago del 1850


IL “CRUDELLO BRUTTO”, FAMOSO VINO DI BUSNAGOLe terre di Busnago furono famose a metà ‘800 per le loro vigne di cui parla anche Carlo Porta in un suo celebre "brindisi", sin quando poi, una terribile malattia della vite, la Fillossera, distrusse quasi tutti i vigneti.Il nome del celebrato vino busnaghese era il “Crodello Brutto”, preferito al “Caspi Brutto” , anch’esso prodotto nelle terre tra Busnago e Roncello.Cosa avesse di speciale quel vino ce lo spiega il dottor Giovanni Raiberti che lo assaporò nel 1850 in casa di Porro Schiaffinati in S.Albino di Monza. “[..] ebbi l’occasione [..] di un vino del 1834: [..] era un vino rosso diventato quasi perfettamente bianco a forza di deporre tutta la parte colorata sul vetro. Aveva simultaneamente una delicatezza e un vigore, una grazia e una fragranza da farmelo credere un vino venuto da dio sa dove. Ebbene, era di Busnago, un modesto villaggio che non fece mai parlare di sé. [..] E come mai si era ottenuto quel nettare? Collo scegliere l’uva migliore, mondarla bene e lasciarla alquanto appassire; poi con alcune diligenze che non saprei ripetere di travasamenti a tempi opportuni [..].”Da quanto si capisce, questo “Crudello Brut” di Busnago doveva essere un vino passito simile al Porto.L’ultimo resoconto della produzione dell’uva busnaghese ce la dà il Conte Porro Schiaffinati incaricato dalla Prefettura di Milano per una relazione sull’ordinanza prefettizia datata luglio 1888 in merito alla “Vigilanza per vigneti”. Traspare dallo scritto nota di dispiacere per la diminuzione della coltivazione ad uva e dunque di quel buon vino che lo stesso Porro si faceva vanto con gli amici.Ancora nel 1889 c’è il tentativo da parte delle autorità di salvare la produzione, ma in data 01 ottobre 1889 la Prefettura di Milano proibisce di vendere viti e parti di esse onde salvaguardare la viticoltura immune da Fillosera.Negli anni subito a venire, l’agricoltura busnaghere si concentrò sulla coltura di cereali, piantumazione di gelsi per l’industria della seta e lo sfruttamento dei boschi che ancora coprivano buona parte del territorio...Il “Crodello”[1] - vino principe in Brianza. Scorrendo documenti antichi e i tanti scritti di carattere etnografico pubblicati in Brianza, dal Vimercatese al Monte di Brianza, notiamo che ricorre la denominazione di “Crodello” per indicare il primo vino, il migliore, quello che veniva spillato dal tino dopo la prima fermentazione. Nel tino, dopo la pigiatura, il mosto entrava in fermentazione tumultuosa, con le vinacce che andavano follate cioè sommerse continuamente. Alla fine sul fondo si addensavano le impurità, le fecce, mentre alla superficie si addensavano le vinacce, la parte centrale era costituita dal mosto migliore che veniva spillato attraverso un foro posto lateralmente. Nel Vimercatese a Oreno questo vino era detto Crüdé, a Biassono troviamo in un documento del 1650 1 vino Crevello rosso , a Montevecchia è il Crüel simile al Cruèl di Galbiate. Il nome non indica una qualità di vino ma il vino migliore, quello che veniva cavato dal tino, senza mischiarlo alle fecce o al torchiato, con qualsiasi uva esso fosse prodotto. Le qualità dei vitigni utilizzati erano molte e non tutte adatte al clima della Brianza. Tra le diverse pubblicazioni citiamo la “Relazione intorno all'operato della commissione ordinatrice dell'esposizione di uve” tenuta il 2 e 3 ottobre 1876 presso il Collegio Alessandro Manzoni di 2 Merate, stampata a cura del Consorzio Agrario Brianteo . Questa commissione fece le analisi sulle uve determinando il contenuto di glucosio e l'acidità, giungendo a indicare le uve migliori da impiegare in Brianza. La commissione in base ai risultati delle analisi concluse di incrementare la propagazione di alcune varietà quali la cornetta, la barbera, l'uvetta, la malvasia e la barbasina.[1] Tratto da “Il vino a Monza e in Brianza” edito dall PROVINCIA MONZA BRIANZA”