espe dixit

TRAIN DE VIE (primo tempo)


Colui che ama esprimersi attraverso la scrittura, dovrebbe concedersi ogni tanto il lusso di un viaggio in treno, rigorosamente in seconda classe.E' un'esperienza unica, che regala splendide occasioni di osservazione e ascolto, ma soltanto se gustata saltuariamente, onde mantenersi scevri dai disdicevoli effetti secondari di quel mostro chiamato abitudine, che tutti  noi conosciamo e guardiamo impotenti mentre spalma sui nostri sensi una patina protettiva che, non sapendo distinguere tra bene e male e tra bello e brutto, per non sbagliare, colora tutto di un bel grigio moquette sporca.Per affrontare con ascetico distacco l'ampia gamma di sgradevoli evenienze appostate appena oltre il terzo gradino metallico della carrozza, e trarre tutto il meglio da uno spostamento su rotaie, è dunque necessario  che la cosa avvenga piuttosto raramente.Una volta superate con coraggio ed abnegazione le ardue prove che quella simpaticona della strega Trenitalia semina in ordine sparso lungo il percorso (per chi non le conoscesse ne elenco alcune fra le mille possibili): 1- ritardo con sfottò (sempre sull'orlo dei 29 minuti, limite  oltre il quale è possibile chiedere un rimborso parziale del biglietto); 2- aria condizionata a manetta nelle prime ore del mattino, con conseguenti spasmi gastrointestinali, il cui disastroso effetto andrebbe espletato in ambiente molto intimo e molto stabile;* 3- ambiente poco intimo e molto instabile;4- aria condizionata che inizia a guastarsi intorno a mezzogiorno;5- affollamento da rinfresco gratuito;6- femmina di umano, logorroica;7- maschio di umano, petulante;8- cucciolo di umano, odioso;9- aroma inconfondibile di traspirazione irrisolta;10- corridoio a ostacoli;11- discorsi insopportabili (vedi lodi sperticate a Maria De Filippi e famiglia)12- borseggiatore;13- vecchio porco (perchè se è giovane, quasi quasi);14- assassino di donne appostato nella toilette;l'eroico viaggiatore può abbandonarsi sorridente sul suo sedile sfondato (non quello prenotato, perché QUELLO è SEMPRE occupato da qualcuno che si è seduto sulla colla, o non capisce l'italiano, o è sordo e non sa leggere gli insulti in labiale), godersi il minaccioso ondeggiare e sussultare della vettura, tenendo ben aperti occhi, orecchie, libro, e disporsi, il più comodamente possibile, in modalità "assorbimento". Ogni viaggio in treno ha la sua chicca, e la mia è giunta quando ormai disperavo, dopo sette lunghe ore delle quali ho memorizzato pochi dettagli, quasi totalmente impregnata com'ero del libro qui a fianco (che non era, ovviamente, quello che c'è adesso, ma "Me parlare bello un giorno" di David Sedaris), che chiudevo solamente  quando mi rendevo conto di ridere troppo forte, approfittandone per schiacciare brevi pisolini con un occhio chiuso e l'altro a metà, come una scrofa che sonnecchia sorvegliando comunque la rosea prole.Nella tratta finale, che dalla città mi riconsegnava a quell'angolo sperduto di campagna piemontese che mi diede i natali, prendendosi in cambio vagonate di illusioni, è avvenuto il miracolo, che sul momento ho accolto con un discreto disappunto. Ma questo ve lo racconterò un'altra volta, ora rilassatevi e ingozzatevi pure di pop corn, ma fate attenzione a non tirarne dappertutto, che qui non siamo al cinema! *l'effetto di cui sopra fa rima col dottor House, ma non ha niente a che vedere con un bastone.