espe dixit

TRAIN DE VIE (secondo tempo)


Stavo acquattata in un posto tranquillo di quell'ultimo treno. Ormai stanca ed appena annoiata, l'entusiasmo sbriciolato per strada, come una pollicina ostinata che non vuole dimenticare la via che porta lontano da casa, osservavo i palazzi  colorati costruiti per le Olimpiadi rimpicciolirsi lentamente, quando un'anziana coppia, corredata lei di bastone, lui di stampella, venne  a sistemarsi proprio nei sedili davanti al mio. Sembravano conoscersi, perché chiacchieravano già lungo il corridoio, ma ho capito presto che l'idillio era nato da poco, probabilmente durante l'attesa sulla banchina, causando l'esodo degli altri viaggiatori verso le successive  carrozze.La mia pace è scesa a Porta Susa, ed io avrei voluto farlo con lei, ma ho perso l'attimo, e così son rimasta in balia di quei due, che per tre quarti d'ora non hanno fatto altro che snocciolare ad alta voce malattie terrificanti, sintomi orribili, dolori atroci, in un'incalzare di domande da parte di lei, donna di curiosità inaudita, e di risposte esaustive da parte del compare, che pareva divertirsi ad alimentare l'angoscia altrui.Dev'essere vero che il mal comune fabbrica una piccola illusione di felicità, perché quell'uomo godeva veramente nell'aggiungere dettagli sempre più orrendi, facendo venire il mal di stomaco a chiunque lo ascoltasse, cioè tutti i presenti, visto il volume, esclusa la sua dirimpettaia, che chiedeva e chiedeva, mai paga.Dal primo, innocente, resoconto delle analisi del sangue, alle metastasi, il passo è stato breve, anche se claudicante. E poi via con chemioterapie, radioterapie, vomiti, gonfiori, interventi, amputazioni, emorragie, dialisi, blocchi renali e intestinali, diarree, svenimenti, piaghe purulente, pannoloni, fino ad arrivare a LA DOMANDA: "Ma, dopo tutto questo, sua moglie è morta?"."No, magari, poverina, ho dovuto metterla in un istituto..." E riattaccavano, questa volta su temi leggeri, quali case di riposo che costano troppo, badanti disoneste e...DA DAN!  figli ingrati, che non vengono neanche a trovarmi, con tutti i pannolini che gli ho cambiato, ecc, ecc. MA VUOI METTERE LA DIFFERENZA TRA LA  CACCHINA DEL TUO DOLCE PUPO E...?!? A quel punto, quando mi tratteneva dal continuare a toccarmi soltanto il timore di emettere involontariamente mugolii a dir poco imbarazzanti, e stavo iniziando a pensare che forse il destino mi stava suggerendo la meta del mio prossimo viaggio: Lourdes, sono arrivati i nostri, nella persona del controllore, che ha interrotto l'ameno dialogo facendo notare alla signora che per raggiungere la sua meta, guarda caso il mio paese, avrebbe dovuto scendere alla prossima stazione e cambiare treno, con grande risentimento dell'interessata, la quale si mostrava disperata all'idea di dover affrontare un'impresa così ardua. Ed è successo. Ancora.Incredula (e devo dire anche un po' incazzata) ho udito la mia voce, innescata da un ingranaggio diabolico, di cui mi sfugge totalmente il dominio, che mi spinge ad espiare le innumerevoli colpe accumulate in secoli e secoli di precedenti vite peccaminose (di cui, purtroppo, non ricordo nulla), proferire le seguenti parole: "Vado lì anch'io, se vuole le dò un passaggio, ho la macchina parcheggiata dietro la stazione.". Giuro di aver sentito un "Ohhh" di ammirazione (o sollievo?) provenire da qualche sedile più in là, ma ciò non è bastato a mettermi in pari con l'estenuante terzo grado a cui l'ispettore Derrick in gonnella e sguardo angelico mi ha sottoposta durante la successiva mezz'ora. Dopo aver risposto supinamente a circa 357 domande sulla mia vita privata, in un bagno di sudore dovuto solo in parte alla temperatura tropicale della mia vecchia auto sprovvista di condizionatore, raggiungevo con indicibile sollievo la sonnacchiosa cittadina in cui bivacco da 41 anni, scaricavo in piazza la cara vecchietta (fresca come una rosa), le porgevo dal finestrino il bastone di cui, evidentemente, non aveva alcun bisogno, percorrevo qualche metro, realizzavo di averle taciuto un particolare importantissimo della mia vita, mettevo fuori la testa e gridavo "38, signora, di scarpe porto il 38!"