espe dixit

HOLIDAYS


Far niente. Mica facile, quando uno è abituato a correre correre correre. Ci vorrebbero almeno tre settimane, come diceva mia suocera, che lei sì, era saggia.Una settimana per abituarsi a non aver nulla da fare, una per godersi le ferie, e una per rassegnarsi a tornare.Ma io mi ostino a fare vacanze brevi, disseminate qua e là nel corso dell'anno, per avere l'illusione di farne di più (e infatti sono certa che in ufficio tutti pensino che ho più ferie degli altri), e così mi ritrovo a dover imparare a gestire in tempi brevissimi questo tremendo disagio del far niente.E' come quando, nel neolitico, finivi di dare gli esami  e di colpo ti sentivi rovesciare addosso un secchio pieno di nulla. Un nulla caldo, appiccicoso e lento.Fortuna che ci sono i libri. La Gimenez-Bartlett è simpatica e arguta, però delle avventure dell'ispettore Petra Delicado, dopo tre giorni, ne avevo le scatole piene, così stamane le ho dato un ultimo morso affrettato per poter chiudere definitivamente la sovracopertina piena di sabbia fine fine e dedicarmi, finalmente, a Bukowski.A pagina 18 mi ero già ribaltata dal lettino e l'intruglio infernale di crema solare-sudore-lacrime mi aveva ridotto gli occhi a due palle rosse, incapaci di proseguire. Stanca di ripetere l'odiosa litania "No, grazie, non compro niente", e dopo aver sonnecchiato un po' (che la notte la passo a caccia di zanzare-elefante) cercavo invano refrigerio in mare, tiepido come un consommé scadente.Di scrivere un post intelligente, non se ne parla. Il cervello è forse l'unica parte di me ad essersi dato con gioia ai giochi da spiaggia. Nel tiro alla fune con la volontà ci ha dato dentro con inusitato vigore, ed ora lei se ne sta lì, la vedo, con la faccia sporca di sabbia e le mani scorticate, incapace di alzarsi.