espe dixit

SEMPLICE


La nonna preparava le prugne cotte, e noi bambini facevamo merenda così, nel fresco della vecchia cucina impregnata di un affetto così solido e forte che te lo sentivi addosso anche quando tornavi a casa tua, e mani sbrigative ti infilavano sotto la doccia, a lavare via sudore, sporco di giochi in cortile e baffi viola.Una fetta di pane in una mano, e con l'altra cucchiaiate di quella massa densa e bella dolce, asprigna al punto giusto da non diventare nauseante, riempivamo con gran piacere stomaci e anime in un solo gesto, facendo a gara a chi trovava nella tazza il maggior numero di noccioli.In un momento di languore nostalgico, son rimasta vittima del mio famigerato entusiasmo prensile. Ho raccolto tante prugnette blu e le ho messe in pentola con un dito d'acqua e un po' di zucchero, nell'intento di far gustare alla progenie, perennemente affamata, un boccone della mia migliore me.Un cucchiaino, uno solo, e le ragazze hanno sbottato, in coro: "CHE SCHIFO".Sì.Il piacere non si clona, non si presta, non si ricicla.Al  massimo si regala, o si vende, ma dev'essere nuovo.Magari fatto in serie, ma della taglia giusta.Le prugne cotte le ho mangiate tutte io, ad occhi chiusi e sorridendo a mia nonna.Ho anche vinto la gara dei noccioli, e non m'importa se offrivo uno spettacolo pietoso, e se domani  passerò la giornata sul water.