espe dixit

pomeriggio da cani


 Li osservavo giocare nel prato, e potrei giurare che ridevano.Si rincorrevano fra i ciuffi di erba secca, perché sì, anche lì, nella ridente Val d'Aosta, esistono distese erbose lasciate in mano alla natura, non costantemente innaffiate e tenute alte tre centimetri, ma solo perché son lontane dalle strade più frequentate, e dall'ingenuo e superficiale occhio del turista.Correvano e saltavano allegramente come giovanotti dagli arti grossi, anche se era evidente che entrambi avevano raggiunto da un pezzo la maturità.Il più anziano era un beagle, afflitto da una discreta pinguedine, certamente dovuta al benessere e alla sedentarietà di una vitaccia da cani d'appartamento, e portava al collo una curiosa etichetta verde, come quelle che si agganciano alle chiavi. L'altro, più snello e scattante, aveva una zazzera ribelle e lunghetta, tra il grigio e il marron, divisa in mezzo da una scriminatura che faceva somigliare la sua schiena alla testa bizzarra di un Mastro Geppetto canino. Poteva appartenere ad una razza specifica, o forse no. Conosco quattro razze di cani, una è giusto il beagle, e lui non assomigliava a nessuna delle altre tre.Si erano conosciuti poco prima, ed era bastata un'annusata reciproca al posteriore a renderli compagni di giochi di tutto un pomeriggio di libertà vigilata. Inseguivano insetti incrociati con elefanti e tuffavano il naso fra le zolle, soffiavano nuvolette di polvere e abbaiavano di piacere. Ogni tanto, per tacito accordo, andavano a rinfrescare le zampe nel ruscello, per poi tornare a scherzare alla loro maniera, calpestando con disinvoltura le coperte da pic nic sparse qua e là. Li osservavo, invidiosa, affascinata dalla spensieratezza racchiusa fra quelle orecchie dondolanti, e pensavo: "se, voltandoti indietro, tutto quel che vedi è una coda che sbatte di qua e di là, non può succederti nulla di male". Tranne che venire schiacciati da un auto, o maltrattati, o abbandonati, o usati come cavie, o legati a una catena. Va beh. La razionalità, alla fine, in me prende sempre il sopravvento. Bau.