espe dixit

maria


Oggi cammino per te, Maria.Per te che hai 93 anni e il morbo di Parkinson, e sei bloccata in un letto, ma sorvoli un bosco e una collina verde, in cui gioca un gruppo di bimbi vestiti di blu. Io sono qua, accanto a te, Maria, e non li vedo. Non vedo il bosco, e neanche i bimbi, fra queste pareti impregnate di dolore, ma se me lo dici tu, ci credo.Mandi giù le tue pappine insipide, perché i denti te li han chiusi in un cassetto e non te li danno più, e intanto racconti, tra un "che buono, che brava che sei, come cucini bene" e una pausa di affannosa ricerca tra ricordi dispettosi che non si lasciano prendere, di quelle passeggiate che facevi ogni giorno, in un tempo che non sai più incasellare, del fumo che ti sale dentro e di come ti irrigidisci, ogni volta che osservi la gente camminare.Il tuo volto si rabbuia, mentre parli del tuo unico figlio. Non sai dirmi perché; forse è morto, o forse soltanto cattivo e non viene a trovarti.Quando ti chiedo da quanto sei qui, dici "stamattina presto, anzi no, devono essere quattordici anni", poi ridi, ridi forte.Rido anch'io, Maria, di questa follia disperata che ci abbraccia entrambe. Tu, immersa nella tua palude fino al collo, ed io, seduta su un tronco a galleggiarti accanto, e accarezzarti la testa, che non posso fare altro.Ma posso camminare, Maria. E anche se questa giornata è cominciata male e continuata peggio, e le mani mi tremano un po', io sorrido.Perché ho gambe rapide e cuore solido; la tristezza non mi tiene dietro, e quei venti o trenta passi che ho fatto in più del solito, li ho fatti per te.