espe dixit

normale


Ci sono dei momenti, e mi rifiuto di credere che vadano a cadere volutamente nei primi giorni dell'anno, poiché da tanto tempo ormai ho smesso di pensare che un semplice giro di calendario possa influire in qualche modo sulla vita di una persona, in cui la mia attenzione viene catalizzata su un particolare aspetto negativo dell'individuo dentro il quale il mio essere si è installato a sbafo quarantadue anni fa. Da questa saltuaria e, devo ammettere, superficiale autoanalisi deriva spesso un modesto dispetto nei confronti della mia mediocrità, un vago rancore verso la signora vita per non avermi voluto dotare di un qualsiasi talento. "Sapessi almeno disegnare" penso "o fossi portata per la musica, saprei dove incanalare le mie energie, non sprecherei tempo a distribuire a pioggia sforzi che mi portano ad ottenere soltanto, sempre e comunque, risultati parziali".Sono recriminazioni moderate, le mie. A quest'età non hai certo voglia di impuntarti su questioni di principio nelle quali sai già di nascere perdente. Considerazioni, più che altro, aggiustamenti che aiutano a trovare una posizione più comoda sulla poltrona dalla quale intendi goderti il paesaggio della seconda parte della tua esistenza. Tornano a tradimento in mente, con mio grande stupore, data la scarsissima memoria di cui dispongo quando mi servirebbe, frasi apparentemente buttate lì nel corso degli anni da persone, che peraltro stimo molto,  che mi hanno conosciuta da piccola. "Strano, avrei detto che avresti fatto grandi cose"; "Però, con le capacità che dimostravi di avere una volta, pensavo saresti diventata una persona importante".Avresti fatto, saresti diventata...sono temi pericolosi, che a un certo punto della vita diventano ricorrenti, ingombranti, addirittura minacciosi, se uno non impara a lasciarli scivolare via, a sorriderne e a voler bene a prescindere, a quell'ammasso di conquiste, fallimenti, tentativi e rinunce rivestito di pelle umana, che incontra ogni mattina nello specchio.Embè? Sono mediocre. Riesco bene in tutto quello che faccio finchè desta in me qualche interesse, e avrei anche avuto le doti per fare qualcosa di importante, forse, se ne avessi avuto la voglia e la costanza. Chi può affermare il contrario?Mi consolo pensando che una cosa mi accomuna, ad esempio, al grande genio Andrea Pazienza. Lui non sopportava di sentirsi dire "buon lavoro", perché soltanto l'idea che ciò che stava facendo potesse essere un'attività lavorativa gli faceva passare la voglia di far sbocciare meraviglie da un tratto di matita.Anche io sono fatta così. E nella mia modesta esperienza di vita, ho scelto di non trasformare in lavoro una delle cose che più amavo fare (una di queste è dormire, ma diventava difficile applicarla ad un'attività professionale), per non arrivare ad odiarla, per provare sempre e comunque piacere, anche sofferto, ma comunque piacere, nell'accostarmi ad essa.Io sono la espe, che non ha genio e nemmeno  talenti particolari, sa arrangiarsi in tutto ed è specializzata in niente, e le ali se le è tagliuzzate da sola, un po' qua e un po' là, per non poter volare troppo lontano.Del resto, se il genio ha sovente il brutto vizio di trascinare con sé una zavorra oncologica, non è poi così male, essere normali.