espe dixit

end


Alla fine è arrivata.La sentivi addosso già da un po', mascherata da formicolio che ti mordeva la pelle; irrequieta, giocava sulle dita dei piedi, proprio quando non potevi toglierti le scarpe, o percorreva l'interno delle cosce dal basso verso l'alto, giusto per confondersi con l'idea di qualcos'altro di più intrigante. Certe volte addirittura saltellava dispettosa, sillabandosi su coppie di battiti del cuore.E' arrivata, alla fine, ed eri stata talmente brava a distrarti che ora puoi affermare: non me ne ero accorta fin quando non è esplosa. Fin quando non ti ha preso la pancia da dentro e l'ha devastata. Come un attacco improvviso di colite spastica, come un'indigestione del tuo piatto preferito, come un mestruo che tenevi in sospeso per giorni in cui saresti stata più tranquilla e magari non vestita di bianco.E' arrivata. Lo sapevi che sarebbe successo. Tutto arriva, prima o poi. Lo sapevi che sulla tua pelle affranta non c'era più spazio per tatuare altri puntini di sospensione ma, come al solito, non eri preparata. Ti fai sempre cogliere di sorpresa, non prendi mai l'ombrello. Non imparerai mai l'arte della prevenzione, del potenziamento degli argini. Ti lascerai travolgere incassando la testa fra le spalle anche stavolta, aggrappata intorno a te stessa.Ci siamo.  Su, che ci vuole. Disegna quella piccola parentesi che sembra un sorriso su un tempo che ha scavalcato il suo tempo.  Non è la prima volta che lo fai. Muovi le labbra e dilla, quella parola, che tocca a te. Fallo come quando una frase di un libro ti piace troppo e non ti basta lasciarla sulla carta, ma vuoi che faccia rumore.Dilla come se la stessi leggendo, come se potessi dividerne il peso con la mano che l'ha scritta, e quella mano non fosse attaccata al tuo braccio. Prendi fiato e dilla piano, è piccola e sottile, ma ti proteggerà. Dilla, lasciala volare, svelta, sottovoce, così che faccia male soltanto a te.Uno, due, tre...fine