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Il malato immaginario

Post n°269 pubblicato il 28 Maggio 2020 da screamssj84

 

Il poveretto passò la notte in un clima di terrore: non immaginava minimamente cosa potesse accadergli l’indomani. La notte era tumultuosa ed agitata come le precedenti, forse anche di più. Tutta quell’ansia inutile aveva lasciato un segno indelebile sul poveretto. Ascoltava alcune voci, miste all’abbaiare dei cani là fuori. “Sarà un poliziesco”, borbottò tra sé e sé nella sua mente ascoltando la televisione che era accesa al piano inferiore,” Domani conoscerò la triste verità sul mio male, temo di finire tra gli infettivi e poi successivamente essere bollato d’infamia” pensò mentre posava il pettine che era sul letto con lui, quasi fosse un compagno di pena. Quindi si alzò, prese il pettine, aprì il cassetto del comodino, lo ripose all’interno e diede un forte colpo per chiuderlo. Mentre riponeva il pettine partì un forte colpo di tosse, quasi come i polmoni volessero spezzarsi in più parti. I polmoni gli davano una forte preoccupazione, gli altri intorno a lui credevano che egli avesse un attacco isterico, dovuto al clima che si respirava intorno al poveretto. Fuori nei mesi precedenti c’era stato il caos e molte persone morivano per qualcosa di sconosciuto, quasi alieno. Il poveretto scribacchiava con una penna blu quasi finita, quasi a cercare la catarsi artistica, una sorta di confessione, una sorta di pentimento verso una divinità laica, cercando di comprendere cosa effettivamente stesse per accadere in un futuro prossimo, cioè l’indomani, la televisione al piano inferiore continuava a parlare di morte ed i cani in lontananza abbaiavano, quasi imprecavano. Arrivò un altro colpo di tosse mentre la bic consunta scorreva sul foglio incartapecorito, quasi in trance, sperando che qualcuno al di fuori di ogni logica gli comunicasse l’aruspicio, lui era testardo e già pensava alla cattiva notizia del giorno seguente.

Erano quasi l’una, lui non si addormentava prima delle sei di mattina, proprio perché temeva che la notte gli portasse la vita, il pigiama era una cappa ardente e bruciava sulla pelle come una fornace. Si lasciò andare un attimo, guardò il soffitto e subito si trovò alzato, quasi come in un movimento meccanico sistemò la carta d’identità che aveva lasciato sul mobiletto del televisore, televisore che aveva spento per evitare di avere altro panico. Gesticolò meccanicamente all’aria, ricompose la carta d’identità sul mobiletto e ricominciò a scrivere come se fosse in trance dopo essersi sdraiato sul letto. Si decise che dopo la visita si sarebbe fatto il tampone e non prima, alla faccia dei protocolli di sicurezza. Aveva paura di risultare positivo, cosa che lo avrebbe portato in una spirale di autodistruzione, dopo che hai infettato mezza casa osi farti un tampone? Sei un pirata bello mio, prepara le valigie perché gli infettivi ti aspettano.

 

 
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