favole e scorpioni

DUE FANTASMI DAL TOCCO UMANO


Il giorno in cui uscii dal mio corpo non trovai nessuno ad aspettarmi fuori.Presi a girare per le strade del paese invisibile e impalpabile tra le piazze e le viuzze.In una ruga mi fermai ad ascoltare un vecchio con la fisarmonica che a più riprese provava ad intonare "Cielito Lindo". Aveva i denti gialli e le unghie nere e sulla sua tracolla c'era scritto "Dolores". In effetti a guardarlo bene di dolori nella vita doveva averne avuti parecchi. Io ne avevo quel giorno. Non che potessi provare dolori fisici io, ma ero senza corpo non senza cuore, e una specie di nervosa nostalgia, come una fitta, mi trapassava da parte a parte.Ero un fantasma ed ero sottile certo, ma se una lama taglia tutto quello che sei, provi dolore anche se sei poco.Il vecchio continuava a cantare, ma per la gente era invisibile quanto me, ed il suo cappello sul marciapiede rimaneva desolatamente vuoto. Non ero diventato fantasma d'improvviso. Una serie di sventure pian piano avevano staccato il pensiero dal corpo, me da me stesso.All'inizio ci fu un danno all'udito. Ero diventato sordo, sordo alle mie richieste, alle mie esigenze. Parlavo con me stesso, ma non mi ascoltavo più.Venne fuori poi una sorta d'immobilità. Una parte di me si fermò completamente. Per quanto cercassi di portarmela dietro questa si sedeva e s'arrestava senza sentire ragioni. Tra l'altro era la parte offesa dalla sordità.La situazione precipitò irrimediabilmente tanto che la distanza tra me e me stesso divenne tale che mi era diventato impossibile abbracciarmi.E allora giravo senza corpo tra le vie del paese. Ero un fantasma e in nessun posto c'era chi mi aspettasse.Ora ero qui, davanti a quest'uomo invisibile che senza brio alcuno cantava la stessa canzone da chissà che giorno. Scoraggiato, la sua voce tremava sempre più, svogliato, le sue dita si muovevano pesanti su tutti quei tasti.La gente sfilava davanti a lui con estrema noncuranza, e il suo canto era simile ad un lamento.Io invece incantato ascoltavo il vecchio e avevo la sensazione che anche lui mi vedesse, che si fosse accorto che in mezzo a tanta indifferenza, uno spettatore, una presenza, una persona per lui ci fosse. Io.E allora attaccò di nuovo la prima strofa con energia e vigore e a me parve di sentire la mia pellaccia venirmi incontro  Così durante l'urlato ritornello cantanto in coro il cappello si riempì di qualche moneta e fu il momento per me di risentire il sole sulla faccia e l'aria sulla pelle.Mi venne incontro con un sorriso fatto di gengive rosse e denti gialli:"Ancora senor, ancora"                                                                                                     ( Finale Ligure, 24 agosto 2007)