FAJR

del vento lieve


Di pomeriggio, le quattro e un quarto. Sole in questa veranda, e un vento lieve che fa fremere il gelsomino. Vedi, dunque, un altro giorno è appena cominciato - quanti ne sono trascorsi da stamattina alle sette? Ora rimango ancora dieci minuti presso il gelsomino; e poi, sulla bicicletta permessaci, vado dal mio amico, che è nella mia vita da sedici mesi e che mi sembra di conoscere da mille anni - anche se a volte mi appare in una luce così nuova da farmi restare senza fiato. Com'è esotico il gelsomino: in mezzo a quel grigio e a quello scuro color di melma è così radioso e così tenero. Non capisco niente del gelsomino. Del resto non c'è bisogno. Si può benissimo credere nei miracoli in questo ventesimo secolo. E io credo in Dio anche se tra breve i pidocchi mi avranno divorato in Polonia. La sofferenza non è al di sotto della dignità umana. Cioè: si può soffrire in modo degno, o indegno dell'uomo. Voglio dire: la maggior parte degli occidentali non capisce l'arte del dolore, e così vive ossessionata da mille paure. E la vita che vive la gente adesso non è più una vera vita, fatta com'è di paura, rassegnazione, amarezza, odio, disperazione. (...) ma se una vita simile viene tolta, viene tolto poi molto? Si deve accettare la morte, anche quella più atroce, come parte della vita. E non viviamo ogni giorno una vita intera, e ha molta importanza se viviamo qualche giorno in più, o in meno? (...) Si deve anche avere la forza di soffrire da soli, e di non pesare sugli altri con le proprie paure e coi propri fardelli. Lo dobbiamo ancora imparare e ci si dovrebbe reciprocamente educare a ciò, se possibile con la dolcezza e altrimenti con la severità. (...) La vita e la morte, il dolore e la gioia, le vesciche ai piedi estenuati dal camminare e il gelsomino dietro la casa, le persecuzioni, le innumerevoli atrocità, tutto, tutto è in me come un unico, potente insieme, e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio - così, per me stessa, senza riuscire ancora a spiegarlo agli altri. Mi piacerebbe vivere abbastanza a lungo per poterlo fare, e se questo non mi sarà concesso, bene, allora qualcun altro lo farà al posto mio, continuerà la mia vita dov'essa è rimasta interrotta. Ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all'ultimo respiro: allora il mio successore non dovrà più ricominciare tutto da capo, e con tanta fatica. Non è anche questa un'azione per i posteri? (...) Una volta mi sentivo in dovere di concepire molti pensieri geniali al giorno, ora mi sento non di rado come una terra incolta su cui non cresce assolutamente niente, ma su cui si stende un cielo alto e tranquillo. Meglio così: in questo momento non mi fiderei di troppi pensieri brillanti, a volte preferisco lasciar riposare la testa, e attendere.Etty HillesumDiario (1941-1943)Adelphi>>>