FAJR

della primavera e delle (in)dipendenze


Io me li ricordo. Arrivavano in pullman. Sconvolti dal viaggio, con ancora nelle orecchie il rombo dei caccia-bombardieri e il suono sinistro dei cingolati, negli occhi i corpi sventrati dalle mitragliate, le case in fiamme, il fango...Io me li ricordo. In fila, con un fagottino per le pochissime cose che una fuga veloce e non programmata può consentire di portare con sè. Chi potrà mai dirti che quel che hai preso è più importante di ciò che hai lasciato?Io me li ricordo: bambini (tanti), donne, vecchi, qualche uomo giovane.Accadeva nei giorni di mezzo della primavera 1999. L'ultima primavera del "secolo breve".C'era chi organizzava escursioni notturne per andare a vedere gli F16 decollare dall'aeroporto di Gioia del Colle, partire carichi di missili intelligenti e tornare alleggeriti. Nei nostri aeroporti civili erano installate batterie di contraerea, si faticava ad organizzare incontri, convegni... non tutti i relatori avevano voglia di venire in Puglia in aereo quei giorni. A dire il vero, ricordo che qualcuno si rifiutò di venire anche in treno... la prudenza non è mai troppa, disse.Poi c'erano anche quelli come i miei ragazzi che non si tirarono indietro e allora... vai ad inventarci giochi col sale, teatrino d'ombre cinesi e partite di pallone con i bambini del centro di raccolta di Squinzano.Si faceva presto a chiamarli. Ormai per tutti valeva solo un nome: profugo del Kossovo - Kosovo - Kosova.QUI e QUI e QUI e QUI e QUI e QUI e QUI e QUI
che non sia un'altra maledetta primavera