Le origini del fiordaliso sono antichissime, alcuni fossili di questo fiore risalgono al neolitico. E’ soprannominato “erba degli incantesimi”.
Una leggenda racconta che la dea Flora, avendo ritrovato morto in un campo pieno di fiordalisi il corpo dell’amato Cyanus, volle chiamare quei fiori proprio con il suo nome. Il nome scientifico è, infatti, Centaurea cyanus. Centaurea deriva dal nome del centauro Chirone che, ferito al piede da una freccia avvelenata, si curò con il succo del fiore.
In Oriente, gli innamorati lo regalano all’amata nella speranza di ottenere la felicità da lei.
Nel linguaggio dei fiori significa felicità e leggerezza.
Messaggi di Novembre 2007
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Post n°33 pubblicato il 22 Novembre 2007 da lakonikos
Se avviciniamo notevolmente due nuclei atomici si verificherà una fusione, cioè ci troveremo un solo nucleo che avrà una massa un po’ minore dei due nuclei precedenti. Allo stesso modo se scindiamo un nucleo in due (fissione), la somma delle masse dei due nuclei sarà lievemente inferiore alla massa del nucleo originario. In entrambi i casi questo fenomeno viene detto difetto di massa. Possiamo usare questo fenomeno del difetto di massa, mutuandone il significato nei comportamenti sociali? Proviamoci.
Se trasferissimo ai comportamenti umani la teoria sul difetto di massa, potremmo dire che l’unione tra due gruppi di persone, partiti, gruppi etnici, e, perché no, tra un uomo e una donna, libererebbe una quantità di energia decisamente “più pulita” di quella rilasciata da una divisione. Entrambe le componenti rimarrebbero però un po’ più piccole, ne verrebbero ridimensionate. A vantaggio di immissione di una grande quantità di energia nella società. |
Post n°31 pubblicato il 20 Novembre 2007 da Fajr
Una sconfitta non è mai tale fino a quando non la si accetta Jean Monnet Quest'anno ricorre il centenario della pubblicazione di uno dei libri più popolari scritti per giovani, ”I ragazzi della via Pàl”, di Ferenc Molnar. La città di Budapest gli dedica una grande mostra – «Evviva il Grund» – allestita nel Museo Petofi della capitale. La vita del romanziere e le vicende del suo più celebre libro vengono ripercorse mediante pannelli e oggetti, in esposizione dall’11 ottobre 2007 fino al 31 agosto 2008.www.pim.hu 20 novembre - Giornata inetrnazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. È anche questo e questo e questo e questo. |
Post n°30 pubblicato il 19 Novembre 2007 da Fajr
La bocca verace resta ferma per sempre, la lingua bugiarda per un istante solo. (Prov. 12,19) Harald WEINRICH LA LINGUA BUGIARDA Possono le parole nascondere i pensieri? Il Mulino, 2007 Possono le parole nascondere i pensieri? E' da questo interrogativo che Weinrich parte per indagare il rapporto di adeguatezza che sempre si pone fra il linguaggio e il pensiero. La sua risposta è un'arringa contro una diffusa tradizione pessimistica e in difesa della "verità della lingua", in difesa dell'innocenza delle singole parole. E via via che la sua argomentazione procede, si scopre una fitta trama di rapporti che lega questo discorso alla filosofia e alla teologia classiche, alla retorica, alla critica letteraria. Con la raffinatezza di stile e l'ironia che gli sono consuete, l'autore si muove fra Shakespeare e Goldoni, Platone e Wittgenstein, Hitler e Eichmann per approdare infine alla conclusione che no, le parole non mentono: i segni linguistici sono fatti sia per il bene che per il male, e dunque l'inganno non è nella lingua, ma sempre nell'uso che se ne fa. (dalla quarta di copertina) Ogni significato è ampio, vago, sociale, astratto. I quattro principi della semantica sono ovviamente collegati fra loro, sono solo quattro aspetti di una stessa questione. È perchè i significati delle parole sono ampi che sono vaghi. (Estensione e intensione dei significati sono inversamente proporzionali). Ma in quanto vaghi, i significati sono utilizzabili in un gruppo sociale. Tuttavia lo sono solo perchè sono astratti. Così il significato delle parole è al tempo stesso ricco e povero. Quale povertà di informazione nella parola fiore, quale ricchezza di caratteristiche in ogni singolo fiore! Ma al contrario che limitatezza nel singolo oggetto, che forza evocativa nella parola! Mallarmé lo sapeva: «Je dis: une fleur! Et, hors de l'oubli où ma voix relègue auncun contour, en tant que quelque chose d'autre que les calices sus, musicalement se lève, idée même et suave, l'absente de tous les bouquets». (Io dico: un fiore! e fuori dall'oblio ove la mia voce relega ogni contorno, in quanto qualcosa d'altro che i calici saputi, musicalmente, si leva, idea ridente o altera, l'assente da ogni mazzo). Il fiore come parola, che non si può trovare in nessun mazzo, è superiore a ogni fiore reale in quanto contiene più mistero. (...) Liberiamo la parola dal suo isolamento, collochiamola nel quadro del suo contesto e con ciò in una situazione reale. È così che normalmente incontriamo le parole. (...) Le parole devono stare dunque nelle frasi, nei testi e nelle situazioni. Se si vuole capire cos'è una parola e come si comporta con il suo significato bisogna tenerne conto, altrimenti si passa da un'aporia all'alta. (...) Per i quattro principi appena citati, la semantica testuale dispone di quattro corollari, ugualmente importanti. (...) Ogni significato testuale è circoscritto, preciso, individuale e concreto. (...) La lingua si acquisisce attraverso frasi e testi. All'inizio si hanno solo significati testuali, dapprima pochi, poi, con la pratica, molti, derivati tutti dalle frasi sentite o di cui ci si ricorda. Non si hanno però solo significati testuali, ma è da questi che si ricava il significato lessicale. In questo modo si acquisisce l'altro polo semantico e viene appresa la parola. Ora la si può usare. Nel suo impiego in frasi proprie l'ipotetico significato lessicale viene poi costantemente corretto. È interessante come noi, parlanti di una lingua, mettiamo in atto tutti i giorni il gioco delle ipotesi, della sua verifica e della sua falsificazione. (...) Solo per il fatto di stare una accanto all'altra, due parole si determinano a vicenda. (...) Un testo è quindi qualcosa di più di una serie di parole e trasmette qualcosa di più di un cumulo di significati lessicali. Alla somma delle parole aggiunge la determinazione, o meglio: dalla somma dei significati lessicali toglie qualcosa - il più - e definisce così un senso. Il senso è il risultato tra il «più» dei significati lessicali e il «meno» delle determinazioni. La vecchia disputa, se sia nata prima la parola o il testo (la frase), è dunque superflua. In principio è sempre stata la parola nel testo. (dal cap. 2 - Parola e testo) VOCABOLARIETTO: Gazebo, parrucconi della politica, il partito del popolo delle libertà. "Questo è quello che la gente vuole". "Un governo che sia in armonia con i suoi cittadini, un governo che sappia governare". "Un partito non può nascere né in provetta né dalle alchimie di un pur attento marketing politico. L'Udc vuole concorrere al partito popolare in Italia che non nasce però da un atto di intelligente fantasia ma da un confronto serio e meditato; non nasce dalla pancia ma dal cervello". Dal centrosinistra arriva la reazione di Veltroni: "Forse è il riconoscimento di una sconfitta" dopo l'annunciata spallata, poi non verificatasi, nei confronti del governo. "È comunque il riconoscimento che si è conclusa una "stagione politica". "Un tempo era il centrosinistra che inseguiva modalità di comunicazione. Ora è Berlusconi che ci insegue...Noi facciamo i gazebo e li fa anche lui, noi facciamo un nuovo partito e lo annuncia anche lui". Parlando in collegamento telefonico con la trasmissione di Maurizio Crozza, su La7. >>> |
GEMELLI - O Padre Misericordioso... innalziamo i nostri cuori al cielo per ringraziarti di questa nuova meravigliosa giornata. - Senti, mi dispiace rovinarti la festa, ma ho mandato un'armata aliena a ridurre in polvere il vostro pianeta. - Co... cosa? - Sì, proprio così. L'avevo già anticipato qualche anno fa a quelli di Scientology: non vi hanno recapitato il messaggio? - A me è sempre piaciuto di più Philip K. Dick. - Ah, ma certo. Anche a me. vabbuò... ci proverò >>> |
Post n°28 pubblicato il 17 Novembre 2007 da elioliquido
Io... io non amo gli stranieri... No... perché vengono a mangiare il pane dei francesi. Non amo gli stranieri... è vero... è così... è un fatto fisico. Ed è curioso, perché di professione sono doganiere. Si deve essere amabili e gentili con gli stranieri che arrivano, ma io... non amo gli stranieri. Vengono a mangiare il pane dei francesi. E non sono mica un imbecille! Giacché son doganiere. Posso scrivere quel che voglio su delle carte. Non avrò mai torto. Ho lo scudo della legge dalla mia, giacché son doganiere. Posso querelare chicchessia, ho come già vinto la causa. Non sono mica un imbecille! Vedete, sono francese, io, sì. E sono fiero d'esser francese! Il mio nome... io mi chiamo Koulackiavstensky da parte di mia madre... e Piazano-Vanditi da parte di un amico di mio padre. Nel paese in cui abito abbiamo uno straniero. Non lo chiamiamo per nome, diciamo: «toh, ecco là lo straniero che arriva». Sua moglie arriva, e diciamo: «ecco là la straniera». Poi gli dico: «ostrega, vieni a mangiare il pane dei francesi!». Allora una volta mi ha preso in disparte... Ehi, non è che fossi io a voler parlare con lui! Uno straniero! Non voglio mescolarmi con chicchessia, perché... non sono mica un imbecille! Dato che son doganiere. Mi dice: «Comunque... sono un essere umano... come tutti gli altri esseri umani...» Ovvio! È scemo, allora, questo! «Ho un cuore, un'anima, come tutti...» Ovvio! Ma com'è che uno possa dire cotali stupidaggini?. Alla fine, dall'alto della mia grandezza, l'ho comunque ascoltato, questo idiota. Mi dice: «ho un cuore, un'anima... conoscete forse una razza, dove una madre ama di più o di meno i suoi figli, rispetto ad un'altra razza? Siamo tutti uguali...» Non ha capito niente, cosa volete che vi dica. Eppure non sono mica un imbecille, giacché sono doganiere! «Ostrega, hai mangiato il pane dei francesi!». Allora un giorno ci ha detto: «ne ho fin sopra i capelli, di voi, del vostro francese, del vostro pane e non del vostro pane. Me ne vado!» E vattene! Ha preso sua moglie, i suoi figli, è salito su una nave, ed è andato lontano, di là dal mare. E da quel giorno, beh, non si mangia più pane. Era panettiere. Tradotto da uno sketch (Le douanier) di Fernand Raynaud (1926-1973)
A mio parere, la questione dell'immigrazione è vasta e controversa. Su molti dei suoi punti non ho opinioni definitive, su alcuni non le ho neanche embrionali. Essa causa dei problemi che non ha senso ignorare, né in una direzione (rifiuto incondizionato) né in quella opposta (accettazione incondizionata). Proprio perché la base umana è la stessa, con i suoi "pregi", i suoi "difetti", la sua tendenza a lasciarsi trascinare da slogans, eccetera. Sicuramente, comunque, anche dal punto di vista dei più arroccati, la necessità della cosiddetta "forza lavoro", di quella che proviene dall'estero, pare proprio che sia un fatto poco discutibile. La mancata offerta di una sistemazione dignitosa a tale "forza lavoro" è un modo per vederseli rivoltare contro, più avanti. Proprio una questione meramente pragmatica, senza toccare gli aspetti dell'amore, della solidarietà, della pietà. Se non ci piace e non ne vogliamo sapere, alcuni di noi devono adeguarsi a svolgere anche certe mansioni per le quali non si trova più un solo indigeno disponibile. E dato il trend delle natalità dalle nostre parti, sempre se non accettiamo la presenza di immigrati, molti di noi devono mettersi nell'ordine di idee di ridurre le proprie aspettative, sia riguardo al potere d'acquisto, sia riguardo alla pensione (come trattamento economico, ma anche proprio come periodo di riposo). Ovviamente una sistemazione dignitosa comporterà, in futuro, l'abbandono delle attività più dure, anche da parte degli immigrati. Del resto nessun italiano andato all'estero con l'intenzione di lavorare per guadagnarsi la pagnotta, ha mai aspirato a mandare i figli nella stessa miniera in cui lui stesso aveva dovuto finire. È sintomatico che, per quanto ci riguarda, la questione delle migrazioni sia esplosa in questi anni. Trent'anni fa non era così. franco
Io pulito bagno poi stilato camicia / Poi lavato vetli e stilato camicia / Poi sglassato folno e stilato camicia / Poi sbagliato tutto e messo camicia dentlo folno micloonde / Camicia in micloonde / Pelò daltlonde / La casa occidentale difficile da oldinale. / Svuotato patumiela / Cambiato copliletto / Lavato pavimenti / Del gatto pulito gli esclementi / Finita calta, igienica complale anticalcale vim e cif / Pilipino lock / Pilipino loll / Una popolazione di pelfetti pulitoli di case / Pelò pelò / La settimana plossima signole io non ci salò / Ma viene mio palente / Pulisce celtamente / Così non cambia niente / E quando lui finito si scatena col lock / Pilipino lock / Pilipino loll / Non siamo un gluppo etnico di sguatteli al selvizio del bianco / Pelciò, pelciò / Scattale tlabocchetto pilipino e conttattale avvocato / Che dopo fale causa / E chiedele alletlati / Di tutti contlibuti / È ola di finilla / Con il lavolo nelo / Così lavolo meno / E guadagno di più / E poi con tutti gli eulo / Mi plendelò un aeleo / Litolno in Pilipine / E non mi vedi più / Pilipino va / Tolna in Pilipine / Ti manchelà quell'oldine speciale in cui mettevo le cose / Cosa lestelà di questi anni '80? / Soltanto una camicia già stilata dentlo un folno a micloonde / E un Pilipino lock Pilipino Lock, Elio e le Storie Tese, Cicciput, 2003 |
Quando ero più giovane e pieno del rigore che accompagna una cultura approssimativa, disprezzavo il compromesso (unione di elementi diversi o contrastanti, De Mauro). Per quel bravo ragazzo di 25 anni, la morale era in bianco e nero. Le persone erano buone o disoneste o vendute. Le idee erano giuste oppure sporche bugie. Oggi quell'epoca di certezze giovanili mi torna in mente spesso. (...) È il principio che conta, al diavolo le conseguenze! |
Nel giorno dell'approvazione al Senato della legge finanziaria 2008. |
... sciarpe e risoluzioni e appelli e triangoli. |
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È così chiamata la prima delle cinque preghiere giornaliere del musulmano praticante.
È considerata la più accetta a Dio perchè recitata al sorgere del sole mentre tutti gli altri ancora dormono.
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