Creato da: falcediluna il 08/07/2005
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Squadrismo a verona

Post n°291 pubblicato il 05 Maggio 2008 da falcediluna
Foto di falcediluna

verona

vergogna

ora c'è chi cucina trippa per gatti

e la serve con i guanti

 
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dichiarazioni dei redditi on line

Post n°290 pubblicato il 03 Maggio 2008 da falcediluna
Foto di falcediluna

qualcuno si è tolto qualche vecchia e nuova curiosità

 
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PRIMO MAGGIO!

Post n°289 pubblicato il 01 Maggio 2008 da falcediluna
Foto di falcediluna

senza retorica

 
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Ode al muratore

Post n°288 pubblicato il 01 Maggio 2008 da falcediluna
Foto di falcediluna

Il muratore
dispose
i mattoni.
Mescolò la calce, lavorò
con la sabbia.

Senza fretta, senza parole
fece i suoi movimenti
erigendo la scala,
livellando
il cemento.

Spalle rotonde, sopracciglia
su due occhi
severi.

Lento andava e veniva
nel suo lavoro
e dalla sua mano
la materia
cresceva.

La calce coprì i muri,
un pilastro
levò in alto
la sua nobiltà,
e il tetto
frenò la furia
del sole esasperato.

Da un punto all'altro
andava
con mani tranquille
il muratore
rimuovendo
materiali.

E alla fine
della
settimana,
i pilastri,
l'arco,
i figli
della calce, della sabbia,
della saggezza e delle mani,
inaugurarono
la semplice saldezza
e la frescura.

Oh che lezione
m'ha dato col suo lavoro
il muratore tranquillo!

Pablo Neruda

 
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Storia del grillo parlante

Post n°287 pubblicato il 29 Aprile 2008 da falcediluna
Foto di falcediluna

Vi dirò dunque, ragazzi, che mentre il povero Geppetto era condotto senza sua colpa in prigione, quel monello di Pinocchio, rimasto libero dalle grinfie del carabiniere, se la dava a gambe giú attraverso ai campi, per far piú presto a tornarsene a casa; e nella gran furia del correre saltava greppi altissimi, siepi di pruni e fossi pieni d’acqua, tale e quale come avrebbe potuto fare un capretto o un leprottino inseguito dai cacciatori.

Giunto dinanzi a casa, trovò l’uscio di strada socchiuso. Lo spinse, entrò dentro, e appena ebbe messo tanto di paletto, si gettò a sedere per terra, lasciando andare un gran sospirone di contentezza.

Ma quella contentezza durò poco, perché sentí nella stanza qualcuno che fece:

— Crí-crí-crí!

— Chi è che mi chiama? — disse Pinocchio tutto impaurito.

— Sono io! —

Pinocchio si voltò, e vide un grosso grillo che saliva lentamente su su per il muro.

— Dimmi, Grillo, e tu chi sei?

— Io sono il Grillo-parlante, e abito in questa stanza da piú di cent’anni.

— Oggi però questa stanza è mia — disse il burattino — e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.

— Io non me ne anderò di qui, — rispose il Grillo — se prima non ti avrò detto una gran verità.

— Dimmela e spicciati.  

— E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?

— Vuoi che te lo dica? — replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. — Fra i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo che veramente mi vada a genio.

— E questo mestiere sarebbe?

— Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.

— Per tua regola — disse il Grillo-parlante con la sua solita calma — tutti quelli che fanno codesto mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.

— Bada, Grillaccio del mal’augurio!... se mi monta la bizza, guai a te!...

— Povero Pinocchio! mi fai proprio compassione!...

— Perché ti faccio compassione?

— Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno. —

A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutt’infuriato e preso di sul banco un martello di legno, lo scagliò contro il Grillo-parlante.

Forse non credeva nemmeno di colpirlo; ma disgraziatamente lo colse per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crí-crí-crí, e poi rimase lí stecchito e appiccicato alla parete.

 

 

 
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