POLITICA InviaStampaFirenze: lo strappo di Mussi, l'arringa di Veltroni, il saluto di Prodi,la determinazione di D'Alema. La Quercia verso lo scioglimento e il Pd Gli addii, le emozioni, le grandi promesseI ds partono per l'avventura "democratica" Angius pone le condizioni per restare. Il ministro degli Esteri: "Non sarò il presidente"Il discorso sul futuro del sindaco di Roma. Il premier: "Altri continueranno"di MARCO BRACCONI <img alt="Gli addii, le emozioni, le grandi promesseI ds partono per l'avventura " />" src="http://digiland.libero.it/blog/cge_10217283_43570.jpg" width="280" /> L'abbraccio D'Alema-Prodi FIRENZE - Lo strappo di Mussi, le condizioni di Angius, l'appassionata arringa di Veltroni, il saluto di Prodi, la determinazione di D'Alema. Al congresso dei ds ieri è stato il giorno della commozione per i compagni che se ne vanno, del tributo a chi il Partito democratico ha voluto con tutte le sue forze, della consacrazione in fieri di un nuovo leader per il futuro. Il giorno dei big, degli abbracci e delle trattative sul domani e il dopodomani. Alle assise della Quercia il dibattito tocca insomma la carne viva di un partito che sta per consegnarsi ad una nuova avventura, con fatica, tra dubbi e dolorosi addii, ma anche con convinzione. Un dibattito dove la politica si intreccia con le storie personali, e la battaglia delle idee diventa più serrata. Da Firenze, le notizie politiche sono almeno quattro. Due di queste (Angius che resta e Mussi che lascia) sono una conferma; un'altra, il trionfo con tanto di standing ovation per Walter Veltroni, era nell'aria, anche se non con queste forza d'impatto; l'ultima, la decisione di D'Alema di non farsi rieleggere presidente, era una ipotesi concreta divenuta, per bocca dello stesso ministro degli Esteri, realtà. Nel complesso, una buona giornata per chi temeva gli effetti negativi politici e mediatici dell'ennesimo strappo a sinistra. Anche se l'addio del Correntone qualche strascico polemico lo ha lasciato già dal pomeriggio. L'addio. Oltre mezz'ora di discorso per dire che lui no, non si rassegna. Fabio Mussi lascia il partito in cui ha militato per una vita, e lo fa con amarezza e sobrietà. Del resto erano questi i patti con Fassino, niente colpi di teatro, anche se nel discorso del leader dell'ormai ex Correntone la critica al Pd è stata perfino spietata: "Un partito che non entrerà mai nel Pse, dai contorni vaghi e dall'approdo ancora più indefinito". Quando il ministro ha attaccato sulla laicità dello stato, in aperta polemica con la Margherita, ha raccolto applausi fragorosi. Meno, quando la sua critica si è appuntata sul Pd in quanto tale, un progetto cui l'assise diessina sta dimostrando di credere. Alla fine, il ministro mette al riparo il governo ("Teniamolo fuori dalla discussione") e lancia l'idea di una costituente che raccolga forze laiche e socialiste a sinistra del Partito democratico. Dopo l'abbraccio con Fassino e qualche lacrima, resta la domanda: Quanti lo seguiranno? Le condizioni di Angius. Altrettanto duro, ma nella prospettiva di chi ha deciso di restare anche nella fase costituente del Pd ("Poi, vedremo") è l'intervento di Gavino Angius. Anche il senatore della Quercia, primo firmatario della terza mozione, raccoglie una ovazione sul tema della laicità ("Le gerarchie della Chiesa violano la Costituzione") e applausi in molte altre occasioni. Il suo è un discorso appassionato, che manifesta la delusione per la relazione di Fassino ma lascia una porta aperta ponendo una condizione al gruppo dirigente della maggioranza: si cambi il modo con cui raggiungere l'obiettivo del nuovo partito, si riscriva il manifesto del Pd e lo si apra ai contributi di altre forze riformiste, dall'Italia dei Valori ai Verdi allo Sdi. Si vedrà oggi, nella replica di Fassino, se e come questa richiesta sarà accolta. Veltroni superstar. La platea gli ha tributato una vera e propria standing ovation. Una ovazione che Veltroni ha cercato e trovato rovesciando il tavolo del "discorso" congressuale, scavalcando il dibattito su sinistra e socialismo, invitando ad occuparsi del futuro e non degli antenati politici della nuova formazione. Walter il comunicatore ha puntato dritto al cuore dei militanti con parole "post politiche", ma ha anche replicato nel merito ai dubbi sul Pd ("E' la risposta alla crisi democratica italiana") e lanciato le parole d'ordine per un governo "della Nazione". Citando Ghandi e Luther King, ma anche Mark Twain, il sindaco di Roma ha piegato tutto il suo discorso già oltre il congresso, perché il Partito democratico "sia la risposta alle paure di un Paese che si scopre infelice" e sappia "rivoluzionare la politica", rendendola capace di avvicinarsi alla vita reale dei cittadini, ("Nel cuore della società"), di fare rete, di liberarsi delle lentezze che la colgono sempre in ritardo rispetto ai cambiamenti della società. Un discorso che ha molti è parso una promessa verso le future primarie, se non addirittura una decisa autocandidatura alla guida del nuovo soggetto politico e del Paese. Il saluto di Prodi. Giornata intensa, per il Professore. In mattinata al congresso dei Dl, poi a Firenze. Prodi ribadisce quello che già aveva annunciato a Roma: "Altri uomini e altre donne continueranno": la corsa alla successione è dunque avviata. "Debbo ora portare a termine questa legislatura - spiega il premier - che dovrà portare la nostra coalizione a vincere le prossime elezioni politiche". Il capo del governo riceve applausi, ventisette per la precisione, ma niente ovazioni, come per Veltroni e poi per D'Alema. Nel suo intervento (che inizia con un "cari amici e care amiche") un preciso e non ambiguo riferimento alle questioni eticamente sensibili ("Siamo inflessibili difensori della libertà religiosa e, allo stesso titolo, della laicità dello Stato"), e la certezza che con la nascita del Pd cambieranno in meglio i rapporti tra maggioranza e opposizione. Meno chiaro, ma la questione è tra le più spinose, il riferimento alla collocazione internazionale: "Nel Parlamento europeo sarà alleato delle forze riformiste, socialiste ed europeiste". Al termine, abbraccio con Fassino e la fiducia del premier in una unità che durerà a garanzia del successo "non di un nuovo partito, ma di un partito nuovo" D'Alema, ovazione e niente "orpelli". L'applausometro del Mandela Forum non lascia dubbi. Quando viene chiamato sul palco, prima ancora che inizi a parlare, esplode l'ovazione. E' la più forte, la più insistita del congresso, che lo ascolta difendere, con convinzione, la scelta per il nuovo soggetto politico, e replicare a Mussi e agli scettici "da sinistra": "Provo profondo dispiacere per chi se ne va, ma la svolta moderata di cui si parla non c'è, l'azione del governo è lì a dimostrarlo". Un'altra prova? Per il lìder Maximo sta nel fatto che "se qualcuno dice che stiamo abbandonando il socialismo europeo deve rendersi conto che il socialismo europeo è venuto qui". D'Alema è uno dei pochi che cita Berlusconi, e lo fa per esaltare ancora una volta la scelta che si appresta a fare il congresso: "Non è un caso che ieri qui e oggi al congresso della Margherita, abbia voluto misurarsi con la novità del Partito democratico. Questo dimostra che Berlusconi, oltre ad avere una straordinaria percezione di quello che accade sulla scena politica, ha voluto esserci nel momento in cui si presenta una sfida per tutta la politica italiana, compreso il centrodestra. L'augurio è che si incammini sulla strada della costruzione di una grande forza conservatrice che vada oltre la frammentazione della Casa delle Libertà". Infine, l'annuncio atteso sulla rinuncia alla presidenza del partito: "Fassino ha ricevuto un mandato pieno per condurci al Partito democratico e non c'è bisogno di avere un presidente del partito, è un orpello inutile". Ma la scelta del ministro degli Esteri non va interpretata come un disimpegno, al contrario. E' semmai un passo verso quella direzione collegiale dei ds nella fase costituente del Pd, che si leggerà chiaramente nella composizione del nuovo consiglio nazionale e che presto potrebbe diventare una sorta di "direttorio" ai vertici del partito. Le decisioni di oggi. A Fassino il compito di chiudere, e si capirà se e in che termini deciderà di rispondere ai dubbi e alle richieste di Gavino Angius. Ai delegati, invece, spetterà eleggere il nuovo Consiglio nazionale, che con ogni probabilità sarà snellito, presenterà un riequilibrio tra le componenti (a farne le spese dovrebbe essere l'ala fassiniana) e sarà più rappresentativo del territorio. C'è poi da stendere e approvare il dispositivo finale comune con i Dl e da approvare o no alcuni ordini del giorno (particolarmente significativi quello dei sindaci sull'allargamento del progetto alla società civile e quello sulla laicità dello Stato del futuro partito). Si parla anche di possibile interventi sullo Statuto, da adeguare alla difficile fase di transizione che per la Quercia inizia da subito dopo il congresso. ( 21 aprile 2007 ) Torna
tratto da Repubblica
POLITICA InviaStampaFirenze: lo strappo di Mussi, l'arringa di Veltroni, il saluto di Prodi,la determinazione di D'Alema. La Quercia verso lo scioglimento e il Pd Gli addii, le emozioni, le grandi promesseI ds partono per l'avventura "democratica" Angius pone le condizioni per restare. Il ministro degli Esteri: "Non sarò il presidente"Il discorso sul futuro del sindaco di Roma. Il premier: "Altri continueranno"di MARCO BRACCONI <img alt="Gli addii, le emozioni, le grandi promesseI ds partono per l'avventura " />" src="http://digiland.libero.it/blog/cge_10217283_43570.jpg" width="280" /> L'abbraccio D'Alema-Prodi FIRENZE - Lo strappo di Mussi, le condizioni di Angius, l'appassionata arringa di Veltroni, il saluto di Prodi, la determinazione di D'Alema. Al congresso dei ds ieri è stato il giorno della commozione per i compagni che se ne vanno, del tributo a chi il Partito democratico ha voluto con tutte le sue forze, della consacrazione in fieri di un nuovo leader per il futuro. Il giorno dei big, degli abbracci e delle trattative sul domani e il dopodomani. Alle assise della Quercia il dibattito tocca insomma la carne viva di un partito che sta per consegnarsi ad una nuova avventura, con fatica, tra dubbi e dolorosi addii, ma anche con convinzione. Un dibattito dove la politica si intreccia con le storie personali, e la battaglia delle idee diventa più serrata. Da Firenze, le notizie politiche sono almeno quattro. Due di queste (Angius che resta e Mussi che lascia) sono una conferma; un'altra, il trionfo con tanto di standing ovation per Walter Veltroni, era nell'aria, anche se non con queste forza d'impatto; l'ultima, la decisione di D'Alema di non farsi rieleggere presidente, era una ipotesi concreta divenuta, per bocca dello stesso ministro degli Esteri, realtà. Nel complesso, una buona giornata per chi temeva gli effetti negativi politici e mediatici dell'ennesimo strappo a sinistra. Anche se l'addio del Correntone qualche strascico polemico lo ha lasciato già dal pomeriggio. L'addio. Oltre mezz'ora di discorso per dire che lui no, non si rassegna. Fabio Mussi lascia il partito in cui ha militato per una vita, e lo fa con amarezza e sobrietà. Del resto erano questi i patti con Fassino, niente colpi di teatro, anche se nel discorso del leader dell'ormai ex Correntone la critica al Pd è stata perfino spietata: "Un partito che non entrerà mai nel Pse, dai contorni vaghi e dall'approdo ancora più indefinito". Quando il ministro ha attaccato sulla laicità dello stato, in aperta polemica con la Margherita, ha raccolto applausi fragorosi. Meno, quando la sua critica si è appuntata sul Pd in quanto tale, un progetto cui l'assise diessina sta dimostrando di credere. Alla fine, il ministro mette al riparo il governo ("Teniamolo fuori dalla discussione") e lancia l'idea di una costituente che raccolga forze laiche e socialiste a sinistra del Partito democratico. Dopo l'abbraccio con Fassino e qualche lacrima, resta la domanda: Quanti lo seguiranno? Le condizioni di Angius. Altrettanto duro, ma nella prospettiva di chi ha deciso di restare anche nella fase costituente del Pd ("Poi, vedremo") è l'intervento di Gavino Angius. Anche il senatore della Quercia, primo firmatario della terza mozione, raccoglie una ovazione sul tema della laicità ("Le gerarchie della Chiesa violano la Costituzione") e applausi in molte altre occasioni. Il suo è un discorso appassionato, che manifesta la delusione per la relazione di Fassino ma lascia una porta aperta ponendo una condizione al gruppo dirigente della maggioranza: si cambi il modo con cui raggiungere l'obiettivo del nuovo partito, si riscriva il manifesto del Pd e lo si apra ai contributi di altre forze riformiste, dall'Italia dei Valori ai Verdi allo Sdi. Si vedrà oggi, nella replica di Fassino, se e come questa richiesta sarà accolta. Veltroni superstar. La platea gli ha tributato una vera e propria standing ovation. Una ovazione che Veltroni ha cercato e trovato rovesciando il tavolo del "discorso" congressuale, scavalcando il dibattito su sinistra e socialismo, invitando ad occuparsi del futuro e non degli antenati politici della nuova formazione. Walter il comunicatore ha puntato dritto al cuore dei militanti con parole "post politiche", ma ha anche replicato nel merito ai dubbi sul Pd ("E' la risposta alla crisi democratica italiana") e lanciato le parole d'ordine per un governo "della Nazione". Citando Ghandi e Luther King, ma anche Mark Twain, il sindaco di Roma ha piegato tutto il suo discorso già oltre il congresso, perché il Partito democratico "sia la risposta alle paure di un Paese che si scopre infelice" e sappia "rivoluzionare la politica", rendendola capace di avvicinarsi alla vita reale dei cittadini, ("Nel cuore della società"), di fare rete, di liberarsi delle lentezze che la colgono sempre in ritardo rispetto ai cambiamenti della società. Un discorso che ha molti è parso una promessa verso le future primarie, se non addirittura una decisa autocandidatura alla guida del nuovo soggetto politico e del Paese. Il saluto di Prodi. Giornata intensa, per il Professore. In mattinata al congresso dei Dl, poi a Firenze. Prodi ribadisce quello che già aveva annunciato a Roma: "Altri uomini e altre donne continueranno": la corsa alla successione è dunque avviata. "Debbo ora portare a termine questa legislatura - spiega il premier - che dovrà portare la nostra coalizione a vincere le prossime elezioni politiche". Il capo del governo riceve applausi, ventisette per la precisione, ma niente ovazioni, come per Veltroni e poi per D'Alema. Nel suo intervento (che inizia con un "cari amici e care amiche") un preciso e non ambiguo riferimento alle questioni eticamente sensibili ("Siamo inflessibili difensori della libertà religiosa e, allo stesso titolo, della laicità dello Stato"), e la certezza che con la nascita del Pd cambieranno in meglio i rapporti tra maggioranza e opposizione. Meno chiaro, ma la questione è tra le più spinose, il riferimento alla collocazione internazionale: "Nel Parlamento europeo sarà alleato delle forze riformiste, socialiste ed europeiste". Al termine, abbraccio con Fassino e la fiducia del premier in una unità che durerà a garanzia del successo "non di un nuovo partito, ma di un partito nuovo" D'Alema, ovazione e niente "orpelli". L'applausometro del Mandela Forum non lascia dubbi. Quando viene chiamato sul palco, prima ancora che inizi a parlare, esplode l'ovazione. E' la più forte, la più insistita del congresso, che lo ascolta difendere, con convinzione, la scelta per il nuovo soggetto politico, e replicare a Mussi e agli scettici "da sinistra": "Provo profondo dispiacere per chi se ne va, ma la svolta moderata di cui si parla non c'è, l'azione del governo è lì a dimostrarlo". Un'altra prova? Per il lìder Maximo sta nel fatto che "se qualcuno dice che stiamo abbandonando il socialismo europeo deve rendersi conto che il socialismo europeo è venuto qui". D'Alema è uno dei pochi che cita Berlusconi, e lo fa per esaltare ancora una volta la scelta che si appresta a fare il congresso: "Non è un caso che ieri qui e oggi al congresso della Margherita, abbia voluto misurarsi con la novità del Partito democratico. Questo dimostra che Berlusconi, oltre ad avere una straordinaria percezione di quello che accade sulla scena politica, ha voluto esserci nel momento in cui si presenta una sfida per tutta la politica italiana, compreso il centrodestra. L'augurio è che si incammini sulla strada della costruzione di una grande forza conservatrice che vada oltre la frammentazione della Casa delle Libertà". Infine, l'annuncio atteso sulla rinuncia alla presidenza del partito: "Fassino ha ricevuto un mandato pieno per condurci al Partito democratico e non c'è bisogno di avere un presidente del partito, è un orpello inutile". Ma la scelta del ministro degli Esteri non va interpretata come un disimpegno, al contrario. E' semmai un passo verso quella direzione collegiale dei ds nella fase costituente del Pd, che si leggerà chiaramente nella composizione del nuovo consiglio nazionale e che presto potrebbe diventare una sorta di "direttorio" ai vertici del partito. Le decisioni di oggi. A Fassino il compito di chiudere, e si capirà se e in che termini deciderà di rispondere ai dubbi e alle richieste di Gavino Angius. Ai delegati, invece, spetterà eleggere il nuovo Consiglio nazionale, che con ogni probabilità sarà snellito, presenterà un riequilibrio tra le componenti (a farne le spese dovrebbe essere l'ala fassiniana) e sarà più rappresentativo del territorio. C'è poi da stendere e approvare il dispositivo finale comune con i Dl e da approvare o no alcuni ordini del giorno (particolarmente significativi quello dei sindaci sull'allargamento del progetto alla società civile e quello sulla laicità dello Stato del futuro partito). Si parla anche di possibile interventi sullo Statuto, da adeguare alla difficile fase di transizione che per la Quercia inizia da subito dopo il congresso. ( 21 aprile 2007 ) Torna