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Post N° 70


POLITICA InviaStampaIl leader del Correntone Ds non andrà nel Partito DemocraticoL'obiettivo: "Un movimento politico nuovo a sinistra del Pd" Mussi, lo strappo, con affetto"Noi ci fermiamo qui" Un discorso emozionato ma sobrio. L'abbraccio di VeltroniE lui: "Buona fortuna: per voi e per me auguro due successi"di MARCO BRACCONI <img alt="Mussi, lo strappo, con affetto" />" src="http://digiland.libero.it/blog/ansa_10216026_08080.jpg" width="280" /> Fassino, un gesto affettuoso per Mussi FIRENZE - La voce che trema, il groppo in gola. Davanti agli occhi trent'anni di esistenza che se ne vanno. Per Fabio Mussi è il giorno dell'addio. "La relazione della mia vita", aveva detto alla vigilia, e il giorno è arrivato. Fassino e D'Alema sono seduti alla sua sinistra, Gavino Angius dall'altra parte. Lui è sul palco. Trattenendo le lacrime. Tenendo il punto. Sognando da domani un'altra costituente, a sinistra del partito democratico. "Buona fortuna, per voi e per me auguro due successi", dirà alla fine, tra gli applausi. L'augurio finale del compagno che se ne va è in linea con il tono del suo intervento, duro fino all'intransigenza, ma senza asprezze personali o colpi di teatro. Erano questi gli accordi presi con Fassino: niente sceneggiate, che non si ricordi questo come il congresso della scissione. E così è stato. La critica al partito democratico è però spietata, nella forma e nella sostanza. Mussi affonda sulla laicità dello stato, e raccoglie applausi convinti anche dai fassiniani. Scalda ancora i cuori della platea con il ricordo di Enrico Berlinguer, evocato a proposito di una questione morale "che torna, come tema dominante, nel Paese". Ma più freddo è il popolo diessino quando l'attacco è al Pd in quanto tale, che secondo il ministro dell'Università è un progetto costruito con vaghezza, tagliando radici e senza disegnare nemmeno l'approdo. "E' diseducativo dimenticare la storia", scandisce Mussi, convinto invece che il compito sia tenere saldo il filo che lega ai valori e alla identità da cui proveniamo. "Fusione fredda o calda non so", insiste, "di certo è fusione fallita". E ancora: il partito nuovo "non è la nuova metamorfosi della sinistra, è la fine; dopo la terza via di Blair e di Giddens che ci avete proposto a Pesaro nel 2001, ora si propone una quarta: la fine di una forza autonoma di sinistra di ispirazione socialista". Nel giorno dell'addio il ministro ribadisce con forza, quasi a fugare le paure dell'uditorio, che il governo e la maggioranza devono restare fuori da questo doloroso passaggio nella sinistra. Ma non risparmia il fendente a Prodi ("Sono i partiti che fanno i governi, non viceversa") e a Fassino ("E' chiaro che non entrerete nel Pse"). La strada che il leader dell'ormai ex Correntone indica per sé e per i suoi è un'altra. "La nostra intenzione - spiega - è costituire un movimento politico autonomo, che si propone di aprire un processo nuovo, più a sinistra del Partito Democratico, non un altro piccolo partito. Un progetto volto a riunificare forze e a tenere viva la prospettiva di una forza di sinistra di ispirazione socialista". In che tempi, e soprattutto con chi, sono carte da decifrare. I socialisti riuniti, un pezzo di Rifondazione comunista, i Verdi, quelli che un tempo si chiamavano girotondi. "Scommessa difficile", sussurra uno dei suoi nei corridoi del congresso: "Difficile chiedere ai nostri di votare De Michelis, e Bertinotti fa corsa a sé. "Si vedrà nei prossimi mesi...", dicono i fuoriusciti con nelle orecchie le parole di Veltroni che non sembrano frasi di circostanza ma la precisa indicazione politica di uno dei possibili leader del futuro: "Tra poco, spero, ci reincontreremo" Ma la scissione, e la quantità di spazio politico che si apre per chi nel Pd decide di non entrare, sono i temi di domani. Ieri, l'intervento di Mussi si è snodato tra lunghe pause, momenti di commozione, ricordi: la svolta del 1989, la famiglia operaia, il sogno del socialismo che "non è cianfrusaglia ideologica". Qualcuno, in platea, ha gli occhi lucidi. Il popolo della sinistra conosce gli addii, e ne ha visti fin troppi. Mussi lo sa e non gioca con quei sentimenti. Sceglie un congedo è breve, secco come uno sparo. "Noi ci fermiamo qui". L'applauso non è tiepido, ma nemmeno fragoroso. E' un applauso triste. Fassino gli fa cenno di scendere dal suo lato, e lo abbraccia. Poi, sono fotografi, taccuini e telecamere. E' un assedio che scavalca e toglie la vista dei militanti che piangono. Sono in tanti, e non solo quelli che usciranno con lui. ( 21 aprile 2007 )  Torna su