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Post N° 71

Post n°71 pubblicato il 21 Aprile 2007 da marilydl
 

POLITICA

Il sindaco di Roma descrive la sua idea del partito che nascerà
"Dovremo essere vicini alle case e ai cuori della gente reale" Veltroni si prende il futuro
"I sogni oltre questa politica"
L'approdo internazionale? "Un grande Partito democratico e socialista mondiale"
di MARCO BRACCONI
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Walter Veltroni

FIRENZE - Non proprio oltre la politica, ma oltre "questa" politica. Walter Veltroni arriva al congresso diesse e si prende il futuro. Il futuro di una politica nuova, più veloce nelle scelte, più vicina "alle case, ai cuori, ai sogni delle persone reali". Si prende il futuro di un Partito democratico che "non ha bisogno di Pantheon ma di sogni e passioni", antiche e nuove. E si prende il suo proprio futuro, tanto il discorso pronunciato a braccio dal palco del Mandela forum di Firenze è sembrato ai più una vera e propria autocandidatura.

Lo dice all'esordio, il sindaco di Roma, che non ha intenzione di addentrarsi in dispute terminologiche, o nelle pastoie del dibattito interno. Nazione, Italia, Politica, Passione: sin dalle prime battute sembra di risentire la eco delle lezioni sulla "bella politica che va tenendo in giro per la penisola. "Il partito democratico è la risposta possibile alla crisi democratica italiana", dice, ricordando a tutti che lui ci crede da dieci anni. Dai tempi dell'Ulivo, del pullman, del primo governo Prodi. E ci crede ancora, perfino di più. Ma a un patto. Che non sia "un'operazione di stati maggiori, ma agisca nel cuore della società italiana". Insomma, un partito "che sta dove sta la vita dei cittadini".

I sondaggi non lo spaventano ("C'è fluidità nell'elettorato, come non c'è mai stata prima"), non quanto invece è preoccupato dello scollamento provocato da una politica incapace di decidere nei tempi giusti, "assieme alla società che cambia, e non sempre in ritardo". Le discussioni sugli eredi non lo entusiasmano, nemmeno un po'. "Lasciamolo stare, il Pantheon. Ognuno si porti il suo, personale e sentimentale, nella nuova avventura". Punto. La platea si esalta, come un corpo dolente a cui un dottore ha tolto una spina nel cuore.

Da questo momento è un crescendo. E Walter il comunicatore, Walter il sindaco, Walter il leader ormai tutto "post" Novecento, si dedica ad un'altra spina, una che al popolo diessino fa male più del ricordo degli antenati. E' la parola che non c'è, quella che Mussi avrebbe voluto per ritirare il suo addio, quella che Angius insisterà per salvare in extremis; quella che tanti militanti già pronunciano sottovoce, a metà strada tra il rimorso e la nostalgia. "Sono di sinistra se, di fronte alla solitudine di un'anziana malata, mi accorgo che anche la mia vita perde qualcosa; sono di sinistra se le rinunce di una famiglia di quattro persone rendono la mia più povera; sono di sinistra se vedo un bambino che muore di fame, e in quel momento è mio figlio, mio fratello piccolo". E via così, come una filastrocca, come una manifesto, per arrivare a dire che "non sono le parole che ci definiscono, ma le cose che facciamo e i valori in cui crediamo".

Così Veltroni rovescia il tavolo, e sposta la discussione già oltre il congresso, oltre il dibattito sul socialismo ("Erano forse socialisti Ghandi e Martin Luther King?"), oltre le grane organizzative. Nelle sue parole, come farebbe un romanziere o un regista, mescola sapientemente politica e sentimento, dando una chance di soluzione ai dubbi del popolo diessino e al tempo stesso identificando la missione del Pd in una "grande rivoluzione democratica". Quella di guidare un Paese sulla strada del ritorno alla politica, dove "si sconfigge la paura e si ritrova la felicità di credere nelle leggi e nelle proprie istituzioni".

Ma attenzione. Nell'insistenza del sindaco di Roma sui bisogni e le speranze del paese reale, sulle passioni individuali che devono concorrere alla nuova scommessa ("Venite, e cambiateci, cambiamoci assieme"), in quel suo scansare tutto quello che di politichese c'è nelle assise diessina, non c'è nulla di impolitico. Tra le righe, Walter il comunicatore indica la sua strada per la collocazione internazionale ("Una internazionale mondiale democratica e socialista"), per la riforma elettorale ("Guai a recedere dal bipolarismo"), e ancora su immigrazione, redistribuzione, ricerca e welfare. Un abbozzo di programma, forse di più, per le teste e per i cuori. Un discorso che solleva la platea, fa partire una standing ovation interminabile e proietta le sorti sue e del Pd in un futuro non troppo lontano. Alla fine del quale, conclude Veltroni con Mark Twain, "nessuno possa dire di sentirsi deluso non solo per ciò che ha fatto, ma anche per ciò che non ha fatto".

( 21 aprile 2007 )

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