Creato da una.famiglia.normale il 21/10/2009
Un Blog domestico ma con contenuti interessanti per tutte la Famiglie
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Post n°25 pubblicato il 23 Ottobre 2009 da una.famiglia.normale
Genere:Commedia Nazionalità:Italia
Valutazione Pastorale:
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Post n°24 pubblicato il 23 Ottobre 2009 da una.famiglia.normale
Conferenza Episcopale Italiana UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA Ai Responsabili Diocesani di Pastorale Familiare
don Sergio Nicolli
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Post n°23 pubblicato il 22 Ottobre 2009 da una.famiglia.normale
Predicatore del Papa: i cristiani riscoprano la bellezza del matrimonio Intervento all'Incontro Mondiale delle Famiglie Non bisogna solo “difendere” l'idea cristiana di matrimonio e famiglia, ha osservato; l'aspetto più importante è infatti “il compito di riscoprirlo e viverlo in pienezza da parte dei cristiani, in modo da riproporlo al mondo con i fatti, più che con le parole”. Il sacerdote ha dedicato il suo intervento nella prima giornata del Congresso Teologico-Pastorale del VI Incontro Mondiale delle Famiglie a spiegare come per secoli lo stesso pensiero cristiano abbia lasciato in secondo piano, di fronte alla visione istituzionale, il significato sponsale del matrimonio, presente con forza nella Bibbia. Alla base delle attuali “inaccettabili proposte del decostruzionismo”, constata, c'è un'“istanza positiva” da accogliere, ed è la revisione della visione del matrimonio come unione e donazione tra i coniugi. “Ma questa critica va nel senso originario della Bibbia, non contro di essa!”, ha avvertito il cappuccino. “Il Concilio Vaticano II ha recepito questa istanza quando ha riconosciuto come bene ugualmente primario del matrimonio il mutuo amore e aiuto tra i coniugi”. “Anche le coppie credenti – talvolta esse più delle altre – non riescono a ritrovare quella ricchezza di significato iniziale dell'unione sessuale a causa dell'idea di concupiscenza e di peccato originale per secoli associata a quell'atto”. Secondo padre Cantalamessa, è dunque necessario riscoprire l'unione sessuale come immagine dell'amore di Dio. “Due persone che si amano – e quello dell'uomo e la donna nel matrimonio ne è il caso più forte – riproducono qualcosa di ciò che avviene nella Trinità”, ha spiegato. “In questa luce si scopre il senso profondo del messaggio dei profeti circa il matrimonio umano, che cioè esso è simbolo e riflesso di un altro amore, quello di Dio per il suo popolo”. Ciò presuppone il fatto di “rivelare il vero volto e lo scopo ultimo della creazione dell'uomo maschio e femmina: quello di uscire dal proprio isolamento ed 'egoismo', di aprirsi all'altro e, attraverso la temporanea estasi dell'unione carnale, elevarsi al desiderio dell'amore e della gioia senza fine”. Il predicatore pontificio ha segnalato in questo senso l'accoglienza “insolitamente positiva” che ha avuto in tutto il mondo l'Enciclica “Deus caritas est”, che insiste su questa visione dell'amore umano come riflesso dell'amore divino. Un'altra questione, ha aggiunto, è la “pari dignità della donna nel matrimonio. Essa, abbiamo visto, è nel cuore stesso del progetto originario di Dio e del pensiero di Cristo, ma è stata quasi sempre disattesa”. Non ribattere, ma proporre Padre Cantalamessa ha spiegato che di fronte alla situazione attuale di “contestazione apparentemente globale del progetto biblico su sessualità, matrimonio e famiglia” è necessario evitare l'errore di “passare tutto il tempo a controbattere le teorie contrarie, finendo per dare loro più importanza di quello che meritano”. La strategia non è di “scontro con il mondo”, ma di dialogo, perché “la Chiesa è in grado di trarre profitto anche dalle critiche di chi la combatte”, ha affermato. Un altro errore da evitare è “puntare tutto su leggi dello Stato per difendere i valori cristiani”. “I primi cristiani, abbiamo visto, con i loro costumi cambiarono le leggi dello Stato; non possiamo aspettarci oggi di cambiare i costumi con le leggi dello Stato”, ha ammesso. Rispetto all'attuale decostruzione della famiglia, o “gender revolution”, il sacerdote ha spiegato che ha una certa analogia con il marxismo e ha ricordato che di fronte a questo la reazione della Chiesa fu “l'antico metodo paolino dell'esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”, sviluppando “una propria dottrina sociale”. “Proprio la scelta del dialogo e dell'autocritica ci dà il diritto di denunciare questi progetti come 'disumani', contrari cioè non solo alla volontà di Dio, ma anche al bene dell'umanità”, ha aggiunto. “L'unica nostra speranza è che il buon senso della gente, unito al 'desiderio' dell'altro sesso, al bisogno di maternità e di paternità che Dio ha inscritto nella natura umana resistano a questi tentativi di sostituirsi a Dio, dettati più da tardivi sensi di colpa dell'uomo, che da genuino rispetto e amore per la donna”, ha concluso. Tratto da ZENIT.ORG |
Post n°22 pubblicato il 22 Ottobre 2009 da una.famiglia.normale
Matrimonio omosessuale e libertà religiosa. Possibili conseguenze per la vita della Chiesa di Padre John Flynn, LC ROMA, domenica, 26 ottobre 2008.- Il matrimonio sembra destinato a continuare ad essere al centro del dibattito negli Stati Uniti. La Corte Suprema del Connecticut ha deciso che le coppie omosessuali hanno il diritto di sposarsi, secondo quanto riportato dall’Associated Press il 10 ottobre. La sentenza fa del Connecticut il terzo Stato, dopo il Massachusetts e la California, ad aver legalizzato le unioni tra persone dello stesso sesso. In California gli elettori saranno chiamati, il 4 novembre, a votare un referendum in cui si chiede se modificare la costituzione statale per limitare il matrimonio alle unioni tra un uomo e una donna, rovesciando così la recente sentenza della Corte Suprema. Nel Connecticut, i vescovi cattolici, in una dichiarazione del 10 ottobre scorso, hanno espresso il loro sconcerto per l’imposizione del matrimonio omosessuale mediante decisione giudiziaria. “Sembra che la nostra Corte Suprema statale abbia dimenticato che le leggi le approva il legislatore e che gli organi giudiziari sono chiamati solo ad interpretarle”, si osserva nella dichiarazione. I presuli hanno anche sollevato la preoccupazione per una decisione che potrebbe portare ad una violazione della libertà religiosa. Proprio questa preoccupazione è oggetto di un libro pubblicato recentemente sul tema del matrimonio omosessuale. Marc D. Stern, direttore esecutivo assistente dell’American Jewish Congress, nel suo contributo sottolinea che le istituzioni religiose hanno il compito di “diffondere la fede” sia ai propri fedeli, sia agli altri. “Si potrà quidi continuare a parlare liberamente contro il matrimonio omosessuale?”, si chiede. Stern osserva che già esistono in Canada denunce presentate alle Commissioni provinciali e federali per i diritti umani, che hanno portato alla condanna di ministri e altre personalità che avevano pubblicamente criticato l’omosessualità. Sebbene i diritti della libertà di espressione sono più forti negli Stati Uniti rispetto all’Europa o ad altri Paesi, secondo Stern esiste comunque la preoccupazione che la normativa contro la vessazione sessuale possa essere facilmente estesa ed applicata anche contro chi esprime la propria contrarietà al matrimonio omosessuale. Le istituzioni cattoliche Agenzie di consulenza matrimoniale, cliniche di psicologia e altri servizi simili offerti da alcune Chiese potrebbero facilmente trovarsi in difficoltà per ottenere la licenza dallo Stato qualora prendessero posizione contro il matrimonio omosessuale, avverte Stern. Inoltre, molte agenzie religiose ricevono finanziamenti pubblici, cosa che le potrebbe mettere in difficoltà se si dovessero opporre al matrimonio omosessuale. Stern conclude il suo contributo affermando che chi si oppone al matrimonio omosessuale sarà sicuramente svantaggiato qualora questo venisse legalizzato e sarà difficile non incorrere in conseguenze giudiziarie se l’attuale quadro di riferimento non cambia. Jonathan Turley, professore presso la George Washington University, sostiene che la giurisprudenza della Corte Suprema, in materia di pratiche religiose discriminatorie “è oggi irrimediabilmente contraddittoria e confusa”. La Corte ha permesso, per esempio, alle autorità pubbliche di negare l’esenzione fiscale ad alcuni gruppi come sanzione per le loro pratiche religiose ritenute discriminatorie. D’altra parte, ad altri gruppi è stato riconosciuto il diritto alla libertà di espressione e di associazione. “La questione del matrimonio omosessuale ci riporta quindi ancora una volta a questo intrinseco contrasto tra i diritti sanciti dal Primo emendamento e la politica del Governo di contrasto alle discriminazioni”, osserva Turley. Contraddizioni Oltre a poter negare l’esenzione fiscale, le Corti possono infliggere tutta una serie di sanzioni nei confronti di organizzazioni il cui operato è ritenuto discriminatorio. In California, la Corte Suprema statale ha confermato il rifiuto di concedere ai Boy Scout un punto di attracco marittimo a Berkeley, a causa dell’opposizione di questa organizzazione all’omosessualità. Charles J. Reid, Jr., professore di giurisprudenza presso la University of St Thomas, tratta del rapporto tra religione, diritto e Stato. A suo avviso, il diritto, vietando o consentendo determinati comportamenti, compie un’azione di promozione valoriale. Il Cristianesimo ha svolto un ruolo fondamentale nel diritto matrimoniale, non solo in Europa sin dal Medioevo, ma anche negli Stati Uniti, spiega Reid. Sin dal XII secolo, fino a qualche decennio fa, infatti, era accettato dalla dottrina giuridica di considerare il matrimonio come un qualcosa che si è affermato attraverso una guida divina. Nell’arco di molti secoli il matrimonio era visto come un istituto chiamato a svolgere un ruolo primario nel dare ordine alla società ed era considerato sommamente importante per il benessere sociale. Inoltre, il matrimonio era concepito non come una creazione dello Stato, ma come un istituzione che precede la nascita dello Stato. Il matrimonio ora è stato desacralizzato, osserva Reid, ma così facendo ci ritroviamo con il dilagare dei divorzi e delle nascite extramatrimoniali. Questa mutazione della concezione sul matrimonio la ritroviamo anche nell’argomentazione della sentenza della Corte Suprema del Massachusetts, con cui ha legalizzato il matrimonio omosessuale. In merito al rapporto tra matrimonio e Stato, la Corte ha scritto: “In altre parole, lo Stato crea il matrimonio civile”. Il modo in cui le leggi disciplinano il matrimonio, l’impegno e la procreazione, implica un insegnamento morale per i cittadini su aspetti essenziali della vita. L’attuale dibattito sul matrimonio fa parte del più ampio dibattito sul tipo di insegnamento da dare attraverso le leggi, conclude Reid. Nella conclusione al volume, Douglas Laycock, professore di diritto presso l’Università di Michigan, osserva che gli autori dei contributi raccolti nel libro concordano sul fatto che il matrimonio omosessuale rappresenta una minaccia alla libertà religiosa. I sostenitori del matrimonio omosessuale rivendicano non solo il riconoscimento legale e non solo la tolleranza da parte del settore privato, ma anche il riconoscimento e il sostegno attivo da parte del mondo pubblico e privato. Alcuni perseguono persino la soppressione di ogni forma pubblica di disapprovazione, aggiunge Laycock. La passata esperienza di contrasti su questioni culturali negli Stati Uniti insegna che, una volta che importanti innovazioni sono state introdotte, si apre la strada a nuove rivendicazioni dirette ad eliminare anche le ultime sacche di resistenza, osserva. Una soluzione, secondo Laycock, potrebbe essere quella di lasciare il matrimonio alle Chiese, mentre allo Stato unicamente la competenza sulle unioni civili. Ma anche questa soluzione - riconosce Laucock - non risolverebbe del tutto il problema. Piano d’azione Intanto, la Chiesa cattolica negli Stati Uniti non dà segni di cedimento sul matrimonio. Il 15 ottobre, un comunicato stampa della Conferenza episcopale USA ha annunciato un’iniziativa comune con i Cavalieri di Colombo, “per sviluppare un piano d’azione nazionale in difesa del matrimonio”. Nell’ambito di questa iniziativa è stata creata un’apposita Commissione, nominata dal cardinale Francis George, presidente della Conferenza. L’arcivescovo Joseph Kurtz di Louisville, nel Kentucky, presiederà questa Commissione. “Dobbiamo aumentare i nostri sforzi per far conoscere la bellezza straordinaria della vocazione al matrimonio”, ha spiegato l’arcivescovo Kurtz in occasione dell’annuncio della costituzione di questa Commissione. Una delle prime azioni dei vescovi sarà quella di promuovere la dichiarazione dei vescovi USA del 2003, in cui si afferma che il matrimonio è il rapporto esclusivo tra un uomo e una donna e che, come tale, costituisce l’elemento fondamentale del benessere della società. Bisognerà vedere se poi questa visione del matrimonio potrà prevale nei momenti decisionali. Tratto da ZENIT.ORG |
I giovani continuano a sognare il matrimonio La convivenza forse legata a condizioni di povertà ROMA, domenica, 24 settembre 2008.- Il desiderio di sposare l'uomo o la donna dei nostri sogni continua ad essere ancora molto forte, nonostante il crescente numero di coppie conviventi sembri dimostrare il contrario. Elementi a sostegno di questa tesi sono contenuti in un libro pubblicato di recente dall'Institute for the Study of Civil Society di Londra. Il volume "Second Thoughts on the Family", di Anastasia de Waal, riporta i dati risultanti di un sondaggio appositamente commissionato, oltre a interviste con 27 "opinion makers". Il sondaggio rivela che circa il 70% dei giovani vorrebbe sposarsi. Questo dato, come evidenzia il testo, si contrappone alla posizione sostenuta da entrambi i principali partiti politici, laburisti e conservatori. I partiti elaborano le loro linee politiche sull'assunto che se la gente non vive più in famiglie sposate è semplicemente perché sceglie di non farlo. E questa scelta, prosegue de Waal, viene interpretata da alcuni come un segno positivo di diversità, da altri come un declino dei valori della famiglia Entrambe le interpretazioni, prosegue il libro, non colgono il punto fondamentale. Esiste infatti una chiara relazione fra il tasso di povertà e il tipo di struttura familiare, tanto che il matrimonio è più diffuso nelle classi media e alta. Lo studio dimostra che oggi il vero spartiacque relativo alla famiglia è di natura economica, poiché i tassi di convivenza e di divorzio sono molto più alti nelle famiglie a basso reddito. Mentre il mondo socio-economico più elevato avanza spiegazioni di tipo intellettuale per giustificare la frammentazione della famiglia, pertanto, la grande diffusione della convivenza e delle famiglie monogenitoriali avviene soprattutto ai livelli economici più bassi. Nel frattempo, le nuove tendenze intellettuali delle classi media e alta non considerano più la famiglia con due genitori incompatibile con le istanze femministe o di eguaglianza. Molte femministe dichiarate sono sposate, sottolinea de Waal, e lo sono anche i loro figli. Purtroppo, prosegue l'autrice, sostenere pubblicamente il matrimonio continua ad essere un atteggiamento fuori moda. La linea di demarcazione Nelle conclusioni della sua ricerca, de Waal cita i dati del Millennium Cohort Study, un sondaggio che prende in esame la situazione di famiglie nate intorno all'anno 2000. Secondo lo studio: -- tra coloro che erano genitori single al momento della nascita di un figlio, il 28% non aveva titoli di studio qualificati. Tra le coppie conviventi tale livello era del 13%, mentre tra le persone sposate solo l'8% non aveva un'istruzione qualificata. -- Per contro, il 43% delle madri che al momento della nascita di un figlio erano sposate era in possesso di titoli di studio qualificati. Tra le persone conviventi questo dato era del 24%, mentre tra i genitori single solo del 10%. -- Al momento della nascita di un figlio, il 68% dei genitori sposati vivevano in zone economicamente abbienti, mentre per le coppie conviventi questo era vero per il 56% e solo per il 35% dei genitori single. Di fronte a questo tipo di informazioni, de Waal sostiene che tutti i partiti dello spettro politico dovrebbero preoccuparsi della famiglia e del matrimonio. I fenomeni del basso tasso di matrimonio nelle aree a basso reddito e dell'alto tasso di divorzio e famiglie monogenitoriale tra le popolazioni meno abbienti sono strettamente connessi con il grado di povertà strutturale. Le cause Il rapporto tra la struttura familiare e la condizione economica è un elemento centrale anche del fenomeno della povertà infantile, che risulta molto più diffuso nelle famiglie con un solo genitore. Il Governo laburista ha adottato misure per alleviare la povertà infantile, ammette de Waal, ma è necessario affrontare anche le cause delle separazioni oltre a cercare di gestirne le conseguenze. In questo senso, politiche più efficaci potrebbero assicurare maggiore stabilità alle famiglie, con misure relative al lavoro, ai bambini e ad aiutare i genitori nelle loro responsabilità. Lavorare in questa direzione non significa costringere alle famiglie che non funzionano a rimanere unite, spiega de Waal. Significa piuttosto sostenere le famiglie che funzionano. Lo studio dell'Institute propone una serie di misure che potrebbero aiutare le famiglie: -- ovviare alle debolezze del sistema educativo che hanno portato a più elevati tassi di inattività nell'istruzione e nel lavoro tra i giovani del Regno Unito. -- Separare le dichiarazioni dei redditi dei genitori per ridurre l'imponibile e introdurre un sistema fiscale che prenda in considerazione la condizione di dipendenza dei bambini, oltre alla disoccupazione e alla sottoccupazione dei genitori. -- Rendere più semplice e universale il sistema di assistenza relativa ai figli. -- Promuovere la mediazione tra i genitori che stanno divorziando come elemento centrale per definire le questioni pratiche ed economiche. Questo aiuterebbe non solo a migliorare la cura de bambini dopo la separazione, ma anche ad aprire ad una eventuale riconciliazione. Divisioni di classe II tema del rapporto tra le condizioni economiche e di istruzione è stato oggetto anche di un articolo dell'editorialista Miranda Devine, pubblicato sul Sydney Morning Herald del 10 aprile. In Australia, nel 1996, una donna di 30-34 anni con un titolo di studio universitario, aveva minori probabilità di avere un marito rispetto alla sua coetanea meno istruita. Nel 2006, ha osservato Devine, questo rapporto si era invertito. Commentando i risultati pubblicati nello studio "Partnerships At The 2006 Census", di Genevieve Heard, research fellow presso il Monash's Centre for Population and Urban Research, Devine ha detto: "Mentre prima il matrimonio veniva trascurato come logica conseguenza dell'indipendenza economica acquisita dalle donne più istruite, per i figli delle classi più povere è stato un disastro". La ricerca di Heard dimostra che nel 2006 tra le donne sposate tra i 30 e i 34 anni il 61% era in possesso della laurea e il 53% del diploma. Civiltà Nel frattempo, qualche mese fa è stato ripubblicato da ISI Books il classico del 1947 "Family and Civilization", del sociologo di Harvard, Carle C. Zimmerman. Nell'introduzione alla nuova edizione, Allan C. Carlson, presidente dello Howard Center for Family, Religion and Society, ha commentato che Zimmerman non era ottimista sul futuro della famiglia nella civiltà occidentale. La famiglia, secondo Zimmerman, era minacciata non solo dagli attacchi intellettuali dei fautori di un modello atomistico, ma anche dalla decadenza dovuta ai cambiamenti nei valori religiosi e morali. Carlson osserva che Zimmerman non aveva previsto il baby boom del secondo dopoguerra, ma che era stato comunque profetico nell'immaginare una grande crisi della famiglia per la fine del XX secolo. Nel suo libro, Zimmerman aveva tracciato la storia della famiglia in una panoramica che abbraccia almeno gli ultimi due millenni. Uno dei temi centrali che ricorrono nel volume è lo stretto rapporto tra lo stato di salute della famiglia e quello della stessa civiltà. Le difficoltà della famiglia che Zimmerman aveva previsto per la fine del XX secolo sarebbero state caratterizzate dalla fine del ruolo dello Stato nel mantenere e indirizzare il sistema basato sulla famiglia. Questo tipo di crisi era già avvenuto in precedenza nei periodi finali delle civiltà greca e romana, aveva osservato. La famiglia è stata recuperata con l'avvento del cristianesimo, ma a sua volta il cristianesimo oggi non gode di buona reputazione tra coloro che guidano l'attuale civiltà, scriveva Zimmerman. La comunità Il documento del Concilio Vaticano II "Gaudium et Spes" riporta parole sorprendentemente simili a quelle di Zimmerman. "Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare", afferma il documento (n. 47). "Però la dignità di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni", prosegue. La famiglia, secondo i padri conciliari, è il fondamento della società. "Tutti coloro che hanno influenza sulla società e sulle sue diverse categorie, quindi, devono collaborare efficacemente alla promozione del matrimonio e della famiglia" (n. 52). Un'esortazione che vale la pena ripetere di fronte alle continue sfide che minacciano la famiglia. Tratto da ZENIT.ORG |