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GUERRA DEI MONDI IN AFRICA

Post n°171 pubblicato il 05 Maggio 2011 da guerrinob

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Guerra dei mondi in Africa
 
Pepe Escobar 
Al Jazeera
 
Dalle guerre per l’energia alle guerre per l’acqua, il XXI secolo sarà testimone di una feroce lotta per le risorse naturali che restano nel mondo. Lo scacchiere è globale. I rischi sono enormi. La maggior parte delle battaglie saranno invisibili. Tutte saranno cruciali.
 
L’Africa, un continente ricco di risorse, è oggetto di una complessa trama nel Nuovo Grande Gioco di Eurasia. Vi sono tre importanti avvenimenti correlati.
 
1- La maggiore età dell’Unione Africana (UA) nel decennio del 2000 
2- L’offensiva d’investimenti cinesi in Africa nello stesso decennio 
3- La creazione del Comando Militare per l’Africa del Pentagono (Africom) nel 2007.
 
Pechino è ben consapevole che il bombardamento anglo-franco-statunitense [e italiano, ndr] della Libia - a parte le sue innumerevoli implicazioni geopolitiche - mette in pericolo migliaia di milioni di dollari d’investimenti cinesi, senza parlare del rischio di una - seppur discreta - evacuazione di più di 35.000 cinesi che lavorano nel paese. E qualcos’altro - per esempio, nel caso di un eventuale rinnovo dei contratti compiuto da un governo docile filo-occidentale - può mettere in pericolo le importazioni cinesi di petrolio (3% del totale delle importazioni nel 2010). Quindi, non stupisce che il giornale China Military, edito dall’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) cinese, così come qualche settore del mondo accademico, affermino apertamente che la Cina deve abbandonare la politica di basso profilo adottata dall’epoca di Deng Xiaoping e puntare su di un esercito capace di difendere i suoi interessi strategici in tutto il mondo (i cui bilanci attivi contano su più di 1,2 bilioni di dollari). Bisognerebbe fare il confronto con un dettagliato esame della strategia di Africom, che dimostra che l’energia costituisce la proverbiale agenda segreta e la sua decisa intenzione di isolare la Cina dal Nord Africa. Una relazione intitolata: “China's New Security Strategy in Africa” (Nuova Strategia di Sicurezza della Cina in Africa) tradisce il timore del Pentagono che l’EPL decida di mandare truppe in Africa per proteggere gli interessi cinesi. Non succederà in Libia, non succederà subito in Sudan; ma più in là non vi è certezza.
 
Intromissioni
 
Il Pentagono, di fatto, si è intromesso nelle questioni africane da più di mezzo secolo. Secondo uno studio dell’anno scorso dell’US Congressional Research Service, lo ha già fatto non meno di 46 volte, prima di questa guerra civile in Libia. Fra altre imprese, il Pentagono ha partecipato a una fallita invasione in grande scala della Somalia ed ha appoggiato l’infame regime del Ruanda che ha compiuto il genocidio. Il governo di Bill Clinton si è immischiato in Liberia, Gabon, Congo e Sierra Leone, ha bombardato il Sudan e ha inviato consiglieri in Etiopia per aiutare alcuni satelliti di dubbia reputazione a ottenere una parte della Somalia (di fatto, la Somalia è in guerra da 20 anni).
 
La National Security Strategy (Strategia di Sicurezza Nazionale - NSS), concepita dal governo di Bush, è esplicita: “L’Africa é una priorità strategica nella lotta contro il terrorismo”.
 
Senza dubbio, l’interminabile “guerra contro il terrore” è uno spettacolo marginale nel vasto programma di militarizzazione che favorisce i regimi satelliti, la creazione di basi militari e di cooperazione” secondo la neolingua del Pentagono. Africom ha dei rapporti bilaterali di collaborazione militare con 53 paesi africani, per non parlare degli oscuri programmi multilaterali con West African Standby Force e Africa Partnership Station. Le navi da guerra statunitensi visitano tutti i giorni i paesi africani tranne quelli che circondano il Mediterraneo.
 
Eccezioni: Costa d’Avorio, Sudan, Eritrea e Libia. La Costa d’Avorio ora è già controllata: così come la parte meridionale del Sudan. La Libia può essere la prossima. Gli unici a restar ancora fuori da Africom saranno Eritrea e Zimbabwe.
 
La reputazione di Africom non è proprio ineccepibile. Quanto successo a Tunisi e in Egitto nella Rivolta Araba del 2011, l’ha colto di sorpresa. In fin dei conti, quei soci erano fondamentali per la vigilanza del Mediterraneo meridionale e del Mar Rosso. La Libia però aveva delle attrattive particolari: un dittatore facilmente demonizzabile, un docile regime post Gheddafi, una base militare cruciale per Africom, un bel po’ di petrolio a basso costo e di eccellente qualità e la possibilità di buttare fuori la Cina dalla Libia. Così è cominciata, sotto il governo Obama, la prima guerra africana. Le parole del suo comandante in capo il generale Carter Ham: “Abbiamo completato una missione operativa in Libia complessa e affrettata, e l’abbiamo… girata alla Nato”.
 
Il che ci porta al passo seguente. Africom dividerà tutti i suoi successi africani con la Nato. Africom e la Nato sono, di fatto, la stessa cosa: il Pentagono, come noto, è un’idra con molte teste.
 
Pechino assiste a ciò che sta capitando al Mediterraneo, trasformato in un lago della Nato (col colonialismo principalmente franco-britannico), l’Africa militarizzata e gli interessi cinesi esposti a un alto rischio.
 
Cinafrica
 
Masse di lavoratori e imprenditori cinesi lanciati alla scoperta di grandi spazi vergini vuoti; questa miscela di emozioni selvagge, dall’esotismo al rifiuto, dal razziamo all’avventura pura. Cittadini cinesi hanno superato l’incosciente collettivo dell’Africa e hanno fatto sognare gli africani, mentre la Cina, la grande potenza, dimostra di essere capace di fare miracoli lontano dalle sue coste.
 
Per l’Africa, questa sindrome di opposti è stata un grande impulso dopo la decolonizzazione degli anni 60’ e del terribile disordine che è seguito. La Cina ha pavimentato strade e riparato ferrovie, ha costruito dighe in Congo, Sudan e Etiopia; ha dotato tutta l’Africa di fibra ottica, ha inaugurato ospedali e orfanotrofi; e - proprio prima dei fatti di piazza Tahrir - era sul punto di aiutare l’Egitto a rilanciare il suo programma nucleare civile.
 
L’uomo bianco in Africa è stato, per lo più, arrogante e condiscendente; l’uomo cinese, umile, capace, efficace e discreto. La Cina presto diventerà il maggior socio commerciale dell’Africa, davanti a Francia e Regno Unito, e la sua principale fonte d’investimento straniera. Significativo è il fatto che quanto di meglio ha saputo fare l’Occidente per contrastare questo terremoto geopolitico sia stata la via militare. Il modello cinese e di commercio estero, aiuto e investimento - per non parlare del modello interno cinese d’investimenti statali su grande scala in infrastrutture - ha fatto sì che l’Africa si dimenticasse dell’Occidente, man mano che aumentava l’importanza strategica dell’Africa nell’economia mondiale. Perché un governo africano dovrebbe avere fiducia nelle modifiche strutturali del FMI e della Banca Mondiale quando la Cina non pone nessun condizione politica e rispetta la sovranità, aspetto che Pechino considera il principio più importante del diritto internazionale? Inoltre, la Cina non è ostacolata dal bagaglio storico coloniale africano. In poche parole, grandi settori dell’Africa hanno rifiutato la terapia shock offerta dall’Occidente e hanno abbracciato quella cinese. Com’era prevedibile, le elite occidentali non lo hanno gradito.
 
Pechino ora vede chiaramente che nel contesto più ampio del Nuovo Gran Gioco in Eurasia, il Pentagono si é schierato per rilanciare la Guerra Fredda, questa volta contro la Cina in tutta l’Africa, usando tutti i trucchi da manuale, dalle oscure associazioni fino al caos preordinato.
 
La leadership a Pechino continua ad osservare in silenzio. Per il momento, il detto del piccolo timoniere Deng: “attraversare il fiume tastando le pietre”, é ancora valido.
 
Il Pentagono dovrebbe aprire gli occhi. Il meglio che Pechino ha da offrire è aiutare l’Africa a compiere il suo destino. Agli occhi degli stessi africani, questa offerta supera qualunque missile da crociera.
 

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