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« resistenze.orgESPERIENZE SOCIALISTE IN AFRICA »

AFRICA

Post n°163 pubblicato il 27 Maggio 2010 da guerrinob

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura di F.R. del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

 
Africa, Africa
 
di Juan Gelman - Pagina 12
 
23/05/2010
 
Si stanno svolgendo grandi manovre militari che coinvolgono le forze armate statunitensi e di 22 paesi africani ed europei. Si tratta di esercitazioni per truppe da sbarco di Liberia, Ghana e Senegal, e comporta il libero accesso del Pentagono a porti e aeroporti di Kenia, Etiopia, Marocco, Namibia, Sao Tomé e Principe, Senegal, Tunisia, Uganda e Zambia, operazioni coperte in Somalia e altre nazioni. Il Comando Africa degli Stati Uniti è incaricato di gestire queste manovre col dichiarato proposito di combattere il terrorismo attraverso i suoi rapporti militari con i 53 paesi del continente nero. In realtà, questo interesse è cominciato a Washington prima dell'11 Settembre.
 
L’allora vicepresidente Dick Cheney, nel maggio 2001, ebbe una riunione segreta con consulenti e rappresentanti dei monopoli petroliferi che rese pubblica giorni dopo. Fu emesso un comunicato in cui si raccomandava al presidente di assegnare alle segreterie di Stato, dell’Energia e del Commercio il compito di "approfondire gli accordi bilaterali e multilaterali (con i paesi africani) al fine di promuovere la creazione di un ambiente recettivo per gli investimenti e le operazioni commerciali statunitensi di petrolio e gas naturale" (www.whitehouse.gov/energy, 21/05/01). In seguito, il repubblicano Ed Royce si occupò della questione in qualità di presidente del Sottocomitato per l’Africa della Camera dei Rappresentanti: "Il Sottocomitato ha esaminato l’argomento in un’udienza svoltasi nel 2000. E nell'interesse nazionale diversificare le nostre fonti di rifornimento di petrolio. L’espansione della produzione energetica africana serve a questo scopo"(www.accra-mail.com, 30/03/10). La "guerra antiterrorista" di W. Bush è venuta dopo.
 
L’Istituto di Studi politici e strategici avanzati (Iasps) - un think tank israeliano con sede a Gerusalemme e una filiale a Washington - ha svolto un ruolo da protagonista nella creazione di Africom: nel gennaio del 2001 ha convocato un simposio a Washington che raccomandava la creazione di un sottocomando statunitense per garantire la sicurezza regionale (www.iasps.org, 16/05/01), cioè la sicurezza degli investimenti petroliferi. In Angola - per esempio - la Chevron controlla il 75% della produzione dell’oro nero, e lo Iasps stima che verso il 2015 il 5% del consumo di energia fossile arriverà dall’Africa. Questo spiega alcune cose.
 
Il finanziamento di Africom dai 50 milioni di dollari del 2007 è passato ai 310 nel 2010, e solo per le spese ordinarie. L’aiuto militare ai paesi africani è un altro aspetto: "Africom sta investendo migliaia di milioni di dollari in addestramento e armi. Si calcola che questi investimenti nel 2010 non saranno inferiori ai 20.000 milioni e beneficerà gli eserciti di molti regimi repressivi africani" (www.accra-mail.com, 30/03/10). In questo consiste "l’invasione tranquilla" degli USA, come diceva un giornale nigeriano (www.vanguardngr.com, 30/09/02). Una "tranquillità" inquietante; nonostante abbia condannato il Sudan per il genocidio del Darfur, Washington ha portato clandestinamente il capo dello spionaggio sudanese, il maggiore generale Abdallah Gost, alla CIA per consulenze sugli interessi militari statunitensi nel Corno d’Africa (//articles.latimes.com, 29/04/05). Questo è successo mentre il generale era ricercato dalla Corte Penale Internazionale per delitti contro l’umanità. La lotta di Pentagono e Casa Bianca per la libertà e la democrazia nel mondo, in realtà, ha degli aspetti molto peculiari.
 
Il continente nero oggi produce più di 4 milioni di barili di petrolio al giorno, tanto quanto Iran, Venezuela e Messico messi insieme. In dieci anni l’incremento della produzione è stata del 36%, contro il 16% nel resto del mondo. Sudan, Nigeria, Angola, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale, Ciad e altri paesi possiedono circa il 10% delle riserve mondiali di greggio, e per gli Stati Uniti offrono due vantaggi: eccezion fatta per la Nigeria, nessuno di quei paesi fa parte dell’Opec e la crisi che soffrono è esente dalle complicazioni di un Medio Oriente inconquistabile.
 
L’Etiopia ha invaso la Somalia nel 2006 a causa della spinta crescente dell’estremismo musulmano somalo. Africom ha fornito l’appoggio logistico, il denaro, la supervisione e l’addestramento alle truppe etiopi per un’operazione destinata a garantire il futuro sfruttamento delle riserve petrolifere somale, che sono considerate ingenti. Non ci sono stati soldati statunitensi nel campo di battaglia, ma non ce n’era bisogno: era una guerra a spese del Pentagono.
 
Forze dell’Uganda, della Repubblica Democratica del Congo e del Sudan nel 2008 hanno attaccato una base dei ribelli dell’Esercito della Resistenza del Signore in un parco nazionale congolese:17 consulenti di Africom hanno partecipato alla pianificazione dell’operazione e rifornito le truppe ugandesi di cellulari e di benzina per un milione di dollari (www.nytimes.com, 07/02/09). E’ chiaro che questa presunta operazione antisovversiva è servita a liberare il terreno dei giacimenti petroliferi.
 
C’è ancora petrolio e gas naturale nei paesi africani: il Congo accumula l’80% delle riserve mondiali di cobalto, elemento chiave per l’industria elettronica. Africom s’incarica di far sì che non manchi nulla alle aziende occidentali del settore.
 

 
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