Creato da quattro.mani il 02/05/2007
Quando la fantasia non riesce più a stare dentro la mente,e corre via,imbratta i muri e riempie le righe dei diari.Quando si consumano le penne, e la voce non smette di raccontare i pezzi della storia creata per gioco..è il momento di agire!

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Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 31 Maggio 2007 da quattro.mani

Dopo aver accompagnato Adela a casa e aver parlato con Delacroix Susan si diresse verso casa. Era stanca, spaventata, e si sentiva schiacciata dal peso degli ultimi avvenimenti. Voleva almeno una risposta alle troppe domande che si affollavano nella sua mente. Delacroix le aveva detto che la vittima era un ex poliziotto del loro distretto e quando lui le aveva comunicato il nome il mondo le era crollato addosso. La modalità era la stessa degli altri omicidi e, come sempre la scientifica brancolava nel buio. Non l'aveva mai visto così scosso e preoccupato. C'era un serial killer che si divertiva a prenderli in giro, che si divertiva a massacrare poveri innocenti e che in qualche modo le stava lanciando una sfida.

Si sentiva chiusa in una gabbia dalla quale non riusciva ad uscire. Memories a piede libero, il legame che aveva con il suo passato, la scoperta della morte del padre, le chiamate anonime che aveva ricevuto nei giorni precedenti. Stava cedendo, si sentiva fragile e lei odiava sentirsi così. Mentre era assorta nei suoi pensieri sentì il cellilare vibrare nella tasca. Lo prese e lesse il messaggio. Era Manuel. Negli ultimi giorni l'aveva chiamata spesso per assicurarsi che stesse bene. Lei lo aveva rassicurato... mentendo.

-ciao piccola, so che per te è un momento difficile. Ricorda che ci sono. Ti amo. Manuel-

Si sentì terribilmente in colpa. Stava trascurando di nuovo l'uomo che l'amava con tutto il cuore. Non voleva perderlo di nuovo ma non riusciva a lasciarsi andare completamente con lui ed aveva paura di ferirlo nuovamente. Rispose al messaggio cercando di essere più dolce possibile.

-il brutto periodo passerà, ho solo bisogno di tempo. Ti prego aspettami, anch'io ti amo-

Parcheggiò l'auto dopo aver fatto il solito giro dello stabile com'era sua abitudine negli ultimi mesi. Tutto sembrava tranquillo. Scese dalla sua auto e prese dal bagagliaio tutti i documenti che aveva recuperato in ufficio su Memories e la famiglia Green. Mentre cercava di recuperare le chiavi nella borsa sbuffando per tutte le cose che aveva in mano, si accorse che il portone del palazzo non era chiuso. Lo spinse con una spalla ed entrò.

-Dai Susan non cominciare con le tue manie... l'avrà lasciato aperto qualcuno per sbaglio- disse a se stessa mentre entrava in ascensore. Eppure quel pensiero non la tranquillizzò.

Aprì la porta dell'ascensore lentamente e si sporse per guardare fuori. Dal piano inferiore arrivavano le solite rassicuranti voci. Tutto era come sempre. Sospirò e si diresse verso la porta. Mise le chiavi nella toppa fece mezzo giro e la portà si aprì.

-Strano, stamattina nella fretta devo aver dimenticato di chiudere a chiave-

Entrò e chiuse la porta con le solite tre mandate. Poi mise i fascicoli a terra e mise l'allarme. Non accese la luce. Era un piccolo rito che spesso ripeteva quando c'era luna piena e la luce filtrava attraverso le tende chiuse. Quella strana luminosità l'aiutava a rilassarsi, a concentrarsi. Ed ultimamente ne aveva proprio bisogno.

La luce della segreteria lampeggiava e Susan schiacciò il tasto per l'ascolto mentre si spogliava. Sentì delle voci confuse come se la chiamata fosse stata fatta da un telefono pubblico. Poi la solita voce risuonò nel silenzio della sua casa.

-Sei testarda come il tuo vecchio... smettila di scavare-

Guardò l'ora della registrazione. Mezz'ora prima dell'omicidio!

Pensò di chiamare subito Delacroix per dirgli finalmente di quelle chiamate ma con enorme sorpresa scoprì che non c'era linea. Mentre rimetteva la cornetta al suo posto sentì quel profumo. Era musk da uomo e la prima volta l'aveva sentito in centrale quando avevano arrestato Menories. Fu un attimo. Si sentì afferrare alle spalle qualcuno le mise una mano davanti alla bocca. Quando sentì il dolore alla schiena capì che aveva una pistola.

La paura si trasformò in terrore puro quando l'uomo le sfiorò l'orecchio con le labbra e le sussurrò una frase che conosceva fin troppo bene.

-hai paura del lupo dottoressa?-

Era Alex Memories. Susan era come paralizzata, sentì il sangue premere con forza contro le tempie e le gambe cedere. Non stava capitando a lei, non poteva essere vero. Non riusciva a pensare, non riusciva a respirare.

-Bella casa quella di Adela. Interessante vita. Esce tutti i giorni alle otto e porta i figli a scuola. Percorre sempre la stessa strada, è un'abitudinaria. Ogni giovedì alle cinque si riunisce con il direttivo della scuola... devo continuare... Susan?-

Susan si irrigidì e lui la strinse più forte. Lei lo conosceva più di ogni altro e sapeva il suo modo di agire. Era come un rito. Studiava la vita delle sue prede, ogni movimento, gli amici che frequentava, la famiglia. Poi agiva facendo leva sul terrore che queste informazioni suscitavano nelle sue vittime. Ora c'era lei al posto di quelle parole che tante volte aveva letto in quel diario.

- ora tolgo la mano e tu non urlerai. Stanotte ci divertiremo dottoressa! In fondo siamo uguali io e te... siamo legati dallo stesso passato..-

Mentre le parlava Alex tolse la mano dalla sua bocca e le sfiorò la guancia poi, fece un passo indietro.

Susan si voltò lentamente. Si sentiva male ma cercò di nasconderlo il più possibile. Riconobbe la sua pistola e le lacrime cominciarono a scendere lungo le guance. Sapeva cosa stava per accadere ma non voleva arrendersi all'evidenza. Sapeva che Alex Memories conosceva mille modi per torturare le sue prede senza lasciargli nemeno un segno. Lo guardò e per la prima volta si rese conto realmente della sua mole. Lui sembrò leggerle nel pensiero e sorrise. Poi, con violenza la scaraventò sul divano.

 
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